Procura a vendere, l’azione di annullamento e risarcimento possono coesistere
Per la Cassazione, ordinanza n. 16374 depositata oggi, sono fondate su titoli distinti e autonomi, con differente regime di prescrizione
In caso di conferimento di una procura a vendere, l’azione per l’annullamento del contratto concluso dal rappresentante con sé stesso può concorrere con quella per i danni per l’infedele esecuzione del mandato. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 16374/2025, affermando che si tratta di due azioni distinte e autonome con differenti termini di prescrizione, rispettivamente di cinque e dieci anni.
Il caso era quello di due sorelle che avevano conferito al fratello e ad altre due persone la procura a vendere un fondo di cui erano tutti comproprietari per successione. I procuratori avevano poi venduto il terreno a due sorelle senza dire che si trattava delle loro mogli. Il fondo, tra l’altro, era sottoposto a sequestro in favore delle attrici. Le quali, dunque, chiedevano l’annullamento e/o la dichiarazione di nullità del contratto di vendita e il risarcimento del danno. Sia in primo che in secondo grado, tuttavia, venne dichiarata la prescrizione.
Nel ricorso in Cassazione, le sorelle hanno sostenuto che i giudici di merito non si sono pronunciati sulla domanda di risarcimento per violazione del mandato; e cioè, per avere, attraverso l’interposizione fittizia delle mogli, sostanzialmente venduto a sé stessi, oltre ad aver inserito nell’atto di vendita l’obbligo di cancellazione del sequestro conservativo non previsto nella procura, e aver omesso di rendere il conto del proprio operato e di incassare una parte del prezzo di vendita. Domanda, proseguono le ricorrenti, che non poteva considerarsi assorbita dalla pronuncia di prescrizione dell’azione di annullamento, in quanto fondata sulla violazione del rapporto di mandato tra rappresentante e rappresentato che aveva natura contrattuale, come tale soggetta alla prescrizione decennale dalla data dell’atto di vendita.
Per la II Sezione civile il ragionamento è corretto. Posto che il mandatario, si legge nella decisione, esplica attività giuridica non solo per conto, ma anche in nome del mandante e che, pertanto, al mandato si aggiunge anche la rappresentanza, è evidente come l’intera situazione venga a essere regolata sia dalle norme sul mandato (art. 1704 cod. civ. e ss.), sia da quelle concernenti la rappresentanza (art. 1387 e ss. cod. civ.), che disciplinano rispettivamente il lato interno e quello esterno del rapporto
Ciò comporta, prosegue la Corte, che “possono concorrere tanto l’annullamento del contratto concluso dal rappresentante con sé stesso ai sensi dell’art. 1395 cod. civ., quanto l’azione di danni per l’infedele esecuzione del mandato ai sensi dell’art. 1710 cod. civ., ben potendo il rappresentato rispettivamente esercitare sia l’azione di annullamento del contratto concluso con sé stesso dal mandatario con rappresentanza e senza i necessari poteri, sia l’azione scaturente da responsabilità del mandatario infedele verso il mandante”.
Così, tornando al caso di specie, vi è stata omissione di pronuncia, con riguardo alla violazione degli obblighi scaturenti dal rapporto di mandato, avendo i giudici di merito confuso l’azione di annullamento con quella risarcitoria da inadempimento contrattuale.
Per la Cassazione va dunque enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di rappresentanza, la procura, quale negozio unilaterale col quale il rappresentato investe il rappresentante del potere di compiere un atto giuridico in suo nome e in sua vece, implica necessariamente la sussistenza di un rapporto sottostante che ne giustifica il rilascio e che, in assenza di deduzioni su specifici rapporti gestori con la stessa astrattamente compatibili, può ricondursi al rapporto di mandato, distinguendosi l’una e l’altro in quanto mentre la prima esaurisce la sua funzione davanti ai terzi, il secondo involge, viceversa, il solo rapporto interno tra rappresentante e rappresentato”.
“Ne consegue - conclude l’assunto della Suprema corte - che in tale caso, essendo il complessivo rapporto regolato sia dalle norme sulla rappresentanza, sia da quelle sul mandato, che disciplinano rispettivamente il lato esterno e quello interno del rapporto, possono concorrere tanto l’annullamento del contratto concluso dal rappresentante con sé stesso ai sensi dell’art. 1395 cod. civ., quanto l’azione di danni per l’infedele esecuzione del mandato ai sensi dell’art. 1710 cod. civ., siccome azioni fondate ciascuna su titolo distinto ed autonomo e soggette a differente regime di prescrizione, che, nella prima, è quinquennale ex art. 1442 cod. civ. e, nella seconda, in quanto di natura contrattuale, necessariamente decennale»