Il Diritto del Lavoro a cavallo dell'evoluzione digitale
L'evoluzione del mondo del lavoro, legata all'accelerazione impressa dall'utilizzo dell'intelligenza artificiale nella gestione del personale, è sotto gli occhi di tutti, non solo degli operatori del diritto
L'evoluzione del mondo del lavoro, legata all'accelerazione impressa dall'utilizzo dell'intelligenza artificiale nella gestione del personale, è sotto gli occhi di tutti, non solo degli operatori del diritto. Dall'avvento di internet in poi, anche nella gestione del personale, infatti, si è assistito ad un progressivo aumento dell'utilizzo delle tecnologie digitali e ci si trova oggi, sempre con maggiore frequenza, a confronto con l'algoritmo, vero e proprio datore di lavoro 4.0 che svolge una serie indefinita di funzioni: seleziona il personale, ne valuta il rendimento, ne decide il destino. E' il c.d. "digital recruiting".
Proprio sul "reclutamento", infatti, l'utilizzo dei social network – che possono essere sfruttati come veri e proprio data base di curricula – ha rappresentato solo un primo passo nell'evoluzione che ha portato oggi, per fare un esempio, ai c.d. "chatbot" ovvero degli algoritmi con cui l'utente interagisce e che effettuano veri e propri colloqui preassuntivi: immaginando un futuro molto vicino, forse non oltre i prossimi 5-10 anni, il rapporto con l'azienda potrebbe essere in molti casi pressoché zero, ed il dipendente potrebbe vivere la propria esistenza lavorativa rapportandosi unicamente con l'algoritmo che lo assume, verifica l'orario di lavoro, verifica l'effettivo svolgimento della prestazione, emette buste paga e retribuzione, licenzia o prende provvedimenti disciplinari.
In questo contesto di frenetica evoluzione, in ragione alla forza "distruttive" del digitale, l'ordinamento giuridico è andato via via aggiornandosi per consentire la corretta implementazione del digitale, da un lato, e la conservazione (leggasi, tutela) delle prerogative dei lavoratori, dall'altro lato; quindi si sono ampliate le possibilità di utilizzo delle strumentazioni informatiche (ad esempio) grazie alla revisione dell'art. 4, l. 20.5.1970, n. 300, ma allo stesso tempo si è posta la massima attenzione alla tutela e conservazione dei dati personali.
E così via dicendo.
Parte integrante di questo processo di crescita è rappresentato da tutti quegli interventi per la tutela dei sistemi informatici contro attacchi esterni, di vario tipo, che possano compromettere la stabilità dell'azienda o sottrarre dati sensibili: è la cyber security, la cui attualità è divenuta ancora più evidente in ragione della crisi in Ucraina.
A questo punto è opportuno un breve excursus su alcuni istituti giuridici coinvolti maggiormente nell'evoluzione del digitale.
LAVORO AGILE E SICUREZZA DIGITALE
Il lavoro agile ha conosciuto un vero e proprio exploit durante la fase pandemica, complice la necessità di coniugare l'esigenza del lavoro (e la continuità delle attività aziendali) con quella di mantenere il distanziamento o, molto spesso, proprio la chiusura degli uffici: chiaramente si fa riferimento alle attività impiegatizie che consentono, per loro natura, lo svolgimento della prestazione anche da altro ufficio, oppure da casa, come poi è capitato durante il 2020 ed il 2021.
Ma a prescindere dall'uso che si è fatto del lavoro agile, ciò che conta maggiormente è come l'ordinamento sia intervenuto a modificare la disciplina introdotta nel 2017 al fine di semplificare l'utilizzo di questo istituto da parte delle aziende: il 21 dicembre 2021, infatti, è stato siglato il protocollo d'intesa tra le parti sociali avente ad oggetto il contenuto degli accordi individuali per il lavoro agile, con la previsione di luogo e tempi di lavoro, diritto alla disconnessione e tutela dei dati sensibili.
A ben vedere, quindi, questa nuova fase "normalizzata" nell'uso del lavoro agire sta determinando una serie di criticità del sistema: si parta dalle storiche necessità di tutela dei lavoratori rispetto ai controlli a distanza, e si vedano anche le situazione di rischio legate alla tutela dei dati immessi nella rete, l'utilizzo di software per lavorare da remoto, le intrusioni di esterni, la violazione di database, la sottrazione di documenti e quanto altro. Si tratta di sicurezza informatica a tutti gli effetti, e questo è sufficiente riscontrarlo se si pensa ad un qualunque sistema di reti aziendali che operano in "cloud" con procedure di autenticazione, codici, chiavi di accesso, ecc., così come ai problemi legati alle connessioni wi-fi non aziendali, perché il lavoratore si connette (per esempio) da altro ufficio o comunque da luogo meno protetto; a prescindere da quelle che sono le previsioni normative, che attribuiscono comunque al datore di lavoro la quasi completa responsabilità nella predisposizione di sistemi anti intrusione, è chiaro che un'attività lavorativa che si svolga da remoto è suscettibile di essere oggetto di attacchi cyber molto più facilmente.
Ancora un esempio, l'utilizzo dei dispositivi personali del lavoratore per lo svolgimento del lavoro agile può determinare una certa criticità del sistema, in quanto oltre a poter essere pregiudicata l'integrità delle comunicazioni tra gli interessati, anche la vulnerabilità della rete di uno dei destinatari potrebbe essere compromessa (si pensi alla possibilità di raggiungere, attraverso il dispositivo del lavoratore che ha livelli di protezione non adeguati, le reti aziendali e i dati in esse contenuti, in particolare, nel caso di banche, istituzioni pubbliche, assicurazioni o industrie).
Quindi il lavoro agile è la nuova frontiere per l'attività di tipo impiegatizio, e certamente consente di assecondare alcune esigenze di flessibilità aziendali, ma incontra una serie di problemi e questioni specifiche, ovvero di accortezze informatiche imprescindibili per tutela sia i dati del lavoratore che dell'integrità dell'impresa stessa.
LA GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO DIGITALE
Non solo lavoro agile, perché il digitale è entrato in tutti i settori della gestione del personale: dai controlli a distanza (come la delocalizzazione tramite gps) all'utilizzo di programmi sempre più perfezionati, finalizzati alla valutazione del rendimento del dipendente in termini di ore, pratiche lavorate, contatti ricevuti, ecc.
Albert Einstein amava dire che "i computer sono incredibilmente veloci, accurati e stupidi; gli uomini sono incredibilmente lenti, inaccurati e intelligenti. L'insieme dei due costituisce una forza incalcolabile" e mai quanto oggi ci rendiamo conto dell'attualità di tale affermazione. Il modo di fare impresa sta cambiando e ciò accade anche per il contributo fornito dall'implementazione tecnologica. Questo è l'insegnamento di Einstein.
Nell'impresa oramai si fa sempre più largo uso di tecnologie digitali di vario tipo tra cui prima di tutto la robotica, ma poi anche l'utilizzo di algoritmi e Intelligenza Artificiale, così come il c.d. "internet delle cose" conosciuto anche come IoT e poi la fruizione libera di Big Data per vari scopi (si pensi a quanto accaduto con la pandemia da Covid19): tutto questo ha imposto un profondo ripensamento dei processi produttivi e delle strutture organizzative aziendali, con conseguente rivisitazione anche degli schemi contrattuali e approcci giuslavoristici classici che hanno governato il mondo del lavoro negli ultimi 50-60 anni.Industria 4.0, e dunque l'ingresso del digitale nella gestione dell'impresa e dei rapporti di lavoro, oltre ad aver impresso un cambiamento nelle regole imprenditoriali ha sostanzialmente determinato un cambiamento nei rapporti tra dipendenti e datore di lavoro nonché nelle modalità tipiche di svolgimento dell'attività lavorativa; si pensi, ad esempio, che l'esistenza di tecnologie digitali e l'utilizzo massiccio di IA (come avviene per alcuni campi, come per le società di delivery) ha spostato la struttura aziendale da una visione verticalista e gerarchia ad una più di tipo orizzontale, che si esprime anche in base al grado di approvazione della clientela, e sulla quale gli operatori del diritto del lavoro si stanno interrogando dovendo essere necessario un intervento di adeguamento di tutto l'impianto normativo.
Si fa fatica a collocare un rider nella subordinazione o nell'alevo dell'autonomia, molto semplicemente perché quegli schemi si sono formati e perfezionati – anche grazie alla stratificazione della giurisprudenza – in un'epoca che ha preceduto l'esistenza stessa dell'Intelligenza Artificiale.
In questa nuova dimensione spesso virtuale, gli uomini (dipendenti) non sono più assegnatari di mansioni, bensì svolgono delle funzioni e rispondono molto più rapidamente al mercato: le c.d. task possono modificare anche il profilo professionale, che deve essere molto flessibile ed in grado di reinventarsi periodicamente anche rimanendo sempre nella stessa azienda.
QUALI PROSPETTIVE PER IL FUTURO DELLA GESTIONE DEL PERSONALE
Una tecnologia che auto apprende viene vista da molti come un buon modo per valorizzare i talenti. In primo luogo, infatti, abbatte i costi e le organizzazioni HR possono occuparsi delle attività proprie con somme molto più contenute; in secondo luogo, l'utilizzo delle tecnologie digitali consente di cogliere più rapidamente le mutazioni del mercato e le nuove capacità (chiamate skills) che si affacciano in un determinato settore, calibrando gli investimenti dell'azienda in una direzione ben precisa anche secondo criteri di valutazione dei consumatori.
Ancora, la IA può rappresentare uno strumento estremamente versatile nella formazione dei dipendenti in quanto può essere considerata una vera e propria piattaforma aperta di contenuti ove ogni lavoratore viene formato a seconda della specifica mansione che dovrà svolgere; infine, la questione trasparenza e retribuzione, che dovrebbe (il condizionale è d'obbligo) conoscere una particolare accelerazione in quanto i processi passerebbero tutti per software e diventerebbe più facile sia garantire l'equità dei trattamenti ma anche consentire una più agevole erogazione dei premi produzione, ove previsti.
*a cura dell'avv. Marco Proietti
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