Il diritto alla prova presuntiva dei costi anche nell’accertamento analitico-induttivo
Commento a Corte di Cassazione, Sez. TRI Civile, Ordinanza 15 luglio 2025, n. 19574
L’ordinanza n. 19574/2025, emessa dalla Sezione tributaria civile della Suprema Corte di Cassazione, costituisce una tappa evolutiva di assoluto rilievo nel percorso interpretativo concernente la natura e gli effetti del metodo accertativo, attraverso la procedura accertativa c.d. analitico-induttiva, normata dagli artt. 39 e 40 del D.P.R. 600/1973. Essa affronta, con linguaggio tecnico e struttura logico-argomentativa rigorosa, l’annosa questione del riconoscimento dei costi in sede di rettifica del reddito d’impresa, qualora l’accertamento sia fondato su presunzioni ricavate da scritture extracontabili.
La pronuncia si inserisce nel solco tracciato dalla storica sentenza n. 10 del 2023 della Corte costituzionale, la quale ha imposto un riesame critico delle modalità con cui la giurisprudenza e l’amministrazione finanziaria hanno sinora interpretato la facoltà riconosciuta al contribuente, di contrastare efficacemente gli accertamenti presuntivi, specialmente in quei casi in cui la determinazione dei ricavi sia effettuata con metodologie non pienamente analitiche, ma neppure totalmente induttive.
Nel caso di specie, la società “XXX” e i suoi soci persone fisiche venivano attinti da un avviso di accertamento fiscale proveniente dall’Agenzia delle Entrate, a seguito del rinvenimento, nel corso di un’attività di verifica, di documentazione extracontabile contenente annotazioni relative ad operazioni commerciali non fatturate o ritenute irregolarmente documentate. L’amministrazione ha qualificato tali elementi come indice di ricavi occultati e ha proceduto ad una rettifica del reddito imponibile ai fini delle II.DD. e dell’IVA, adottando il metodo accertativo “analitico-induttivo”.
I contribuenti proponevano ricorso, lamentando in particolare l’assenza di un congruo riconoscimento dei costi correlati ai ricavi presunti, nonché vizi motivazionali della sentenza d’appello. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso esclusivamente nella parte concernente il quinto motivo, relativo alla mancata considerazione, anche forfettaria, dei costi di produzione.
Nel pronunciarsi sull’accoglimento parziale del ricorso, la Corte di Cassazione ha enunciato un principio di diritto di rilevante valore sistematico. Ha chiarito, infatti, che, con riferimento all’attività di accertamento mediante metodo analitico-induttivo – a seguito della sentenza n. 10 del 2023 della Corte costituzionale, l’imprenditore sottoposto a verifica fiscale ha sempre facoltà di contrapporre presunzioni a proprio favore, potendo dedurre, in via forfettaria, una percentuale di costi di produzione dai ricavi presunti dall’Amministrazione finanziaria.
Tale enunciazione si caratterizza per un apporto innovativo e sistemico, giacché consente – anche nell’ambito di un accertamento che presuppone la parziale attendibilità della contabilità – il riconoscimento presuntivo di costi correlati ai ricavi ricostruiti induttivamente, senza subordinare tale deduzione alla rigorosa esibizione di documentazione probatoria specifica e analitica.
In termini ricostruttivi, l’ordinanza si confronta con una dialettica interpretativa di lunga durata, che per lungo tempo ha visto prevalere un orientamento restrittivo: nell’ambito del metodo analitico-induttivo, in presenza di contabilità ritenuta nel complesso affidabile ma lacunosa in singoli aspetti, si riteneva che i costi potessero essere dedotti solo in presenza di elementi “certi e precisi” (art. 109, co. 5, TUIR), con onere probatorio integralmente a carico del contribuente.
A seguito della decisione della Corte costituzionale n. 10/2023 si è tuttavia prodotto un salto qualitativo nella tutela dell’adeguatezza dell’imposizione alla situazione economica individuale, in quanto il Giudice delle leggi ha posto in evidenza la necessità che l’ordinamento garantisca una parità sostanziale di trattamento tra contribuenti sottoposti a diverse tipologie di accertamento, evitando esiti paradossali. Infatti, un soggetto passivo oggetto di accertamento induttivo puro (ad esempio, per totale assenza di contabilità o per dichiarazione omessa) si veda riconoscere una deduzione forfettaria di costi, non è ragionevole che colui che ha tenuto una contabilità parzialmente attendibile subisca un trattamento probatorio più gravoso.
La Cassazione, con l’ordinanza in commento, recepisce integralmente tale orientamento e lo trasla nella prassi giudiziaria, ponendo un argine alle interpretazioni eccessivamente formalistiche dell’art. 109 TUIR, ove applicate a fattispecie presuntive.
L’impatto dell’ordinanza n. 19574/2025 è destinato ad essere significativo tanto sul piano giudiziale quanto in sede amministrativa. Essa impone infatti:
- All’Amministrazione finanziaria, di riformulare i criteri interni per la quantificazione delle pretese tributarie fondate su presunzioni extracontabili, tenendo conto dell’obbligo di considerare, anche in via forfettaria, i costi ragionevolmente correlabili ai ricavi presunti;
- Ai giudici tributari di merito, di motivare in modo più articolato le decisioni che rigettino la prova presuntivacontraria offerta dal contribuente, valorizzando il canone dell’equilibrio tra oneri probatori e presunzioni;
- Ai professionisti della difesa tributaria, di proporre sistematicamente istanze di riconoscimento presuntivo dei costi anche in sede di accertamento analitico-induttivo, fondandole su percentuali medie di settore, su studi di settore o su elementi desumibili da banche dati ufficiali (es. Unioncamere, Istat, ecc.).
In conclusione, la pronuncia in esame segna una tappa cruciale nella progressiva costituzionalizzazione del processo tributario, in cui la posizione del contribuente non è più configurata come quella di un soggetto chiamato unicamente a difendersi dalla pretesa dell’Amministrazione, ma come parte attiva e legittimata a formulare presunzioni contrarie dotate di dignità giuridica.
In una prospettiva più ampia, si può affermare che il principio enucleato dalla Corte di Cassazione:
- rafforza il principio di proporzionalità fiscale (art. 53 Cost.), evitando eccessi impositivi derivanti da una ricostruzione solo parziale del ciclo economico;
- favorisce l’affermazione di un processo tributario fondato sull’equilibrio dinamico tra le parti, sottraendolo a logiche inquisitorie e spostandolo verso un modello accusatorio temperato;
- impone una rilettura in chiave sostanziale dell’onere della prova, anche nei procedimenti fondati su metodi presuntivi, in ossequio ai principi di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione (art. 97 Cost.).
La Cassazione, in questo senso, mostra di voler restituire al diritto tributario la sua vocazione di strumento razionale di giustizia fiscale, temperando gli automatismi presuntivi con un impianto logico-formale più aderente alla complessità delle relazioni economiche contemporanee.
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*Angelo Ruggiero, commercialista ODCEC di Cassino e revisore legale, esperto scientifico di diritto ed economia dei tributi, esperto del MUR, docente alla SSM, coordinatore scientifico FSU
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