Responsabilità

Il fumatore è l'unico responsabile dei danni da lui sofferti a causa del fumo

Per i giudici della Corte di appello di Roma un uso smisurato giornaliero di sigarette esclude l'applicazione dell'articolo 2043 del codice civile

di Andrea Alberto Moramarco

Uno smisurato consumo giornaliero di sigarette è sufficiente ad escludere ogni responsabilità, sia ex articolo 2043 cod. civ. che ex articolo 2050 cod. civ., per i danni alla salute del fumatore. La scelta libera e consapevole di fumare esclude, infatti, il nesso di causalità tra la condotta lesiva e l'evento dannoso. Questo è quanto afferma la Corte d'appello di Roma nella sentenza n. 3376/2021.

Il caso all'esame dei giudici di Roma
Protagonista della vicenda è un fumatore, consumatore sin dalla giovane età di almeno 20 sigarette al giorno, il quale dal 1994 al 2000, con l'ingresso nel mercato delle sigarette c.d. light, aveva modificato le proprie abitudini passando a consumarne 30 in una giornata, convinto che il nuovo prodotto fosse meno pericoloso e nocivo della sigaretta classica. Dopo un tumore ai polmoni diagnosticato nel 2006, quale effetto del fumo di combustione delle sigarette, il fumatore decideva di citare in giudizio l'Agenzia delle dogane e dei monopoli di Stato chiedendo il risarcimento del danno da lui patito, ritenendo la malattia causata dall'incremento nel consumo di sigarette giornaliere fumate, a sua volta causato dal messaggio pubblicitario ingannevole apposto sui pacchetti di sigarette.

Il verdetto di primo grado
Il Tribunale accoglieva la domanda risarcitoria ritenendo valida la tesi del fumatore. In particolare, il giudice di primo grado condivideva le conclusioni relative alla «decodificazione data dai consumatori alla dicitura light apposta sulle confezioni di sigarette, riferibili soprattutto ai campioni di consumatori abituali di prodotti manifatturieri composti da tabacco e dagli utilizzatori di sigarette c. d. leggere». In sostanza, la sentenza di primo grado affermava l'esistenza di un collegamento causale tra la patologia tumorale diagnosticata ed il consumo delle sigarette light «che si era accresciuto nel tempo dopo la conversione a tale tipologia di prodotto manifatturiero del tabacco in ragione della carenza di una pubblicizzazione adeguata e seriamente informativa». Ciò integrava la fattispecie di cui all'art. 2050 cod. civ., costituente fonte di responsabilità oggettiva «per il titolare dell'impresa commerciale ove non in grado di fornire la prova liberatoria di aver fatto tutto il possibile per evitare la produzione di esiti lesivi relativi alla fase successiva alla lavorazione e confezionamento e commercializzazione del particolare prodotto manifatturiero del tabacco».

La sentenza di appello
Del tutto opposta è, invece, la risposta fornita dalla Corte d'appello, che ricorda come «nell'accertamento della responsabilità civile il primo presupposto da verificare è l'esistenza del nesso eziologico tra quello che si assume essere il comportamento potenzialmente dannoso ed il danno che si assume esserne derivato». In quest'ottica, affermano i giudici, se il nesso causale non sussiste, non ha più rilevanza l'accertamento di un'eventuale colpa o di una eventuale responsabilità oggettiva. E nella fattispecie, il nesso di causalità non può ritenersi sussistente, in quanto la scelta di fumare, nonostante la «notoria nocività del fumo» è «atto di volizione libero, consapevole ed autonomo di soggetto dotato di capacità di agire».
È, pertanto, irrilevante il tema della prova liberatoria ai sensi dell'articolo 2050 cod. civ., perché manca il nesso causale tra il danno e la condotta. È del tutto irrilevante, spiega la Corte, che il consumo di sigarette si era accresciuto in occasione dell'ingresso nel mercato delle sigarette con dicitura light. D'altra parte, in Italia la circostanza che l'inalazione da fumo fosse dannosa per la salute era circostanza ben nota sin dagli anni ‘70, anche se il vizio del fumo era più accettato nella società. In sostanza, chiosa il Collegio, «il fatto che l'attore aveva costantemente fumato almeno 20 sigarette al giorno sin da giovane età deve ritenersi comportamento da solo sufficiente a determinare l'evento dannoso successivo».

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