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Il gestore del bar è tenuto a limitare il rumore dei clienti

È questa la conclusione a cui perviene la Cassazione nella sentenza 39344/2021

di Giulio Benedetti

Il gestore del bar non solo deve limitare il rumore della musica prodotta, ma deve anche limitare lo strepito degli avventori che, se supera i limiti di tollerabilità, non configura l’esclusione dellapunibilità per «tenuità del fatto» in base all’articolo 131 bis del Codice penale. È questa la conclusione a cui perviene la Cassazione nella sentenza 39344/2021, che ha dichiarato inammissibile il ricorso del gestore di un bar che era stato condannato per il reato dell’articolo 659 Codice penale (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone) perché, nello svolgimento della sua attività, abusava di strumenti sonori che recavano disturbo alle persone.

Il gestore era ricorso in Cassazione sostenendo che la sentenza del Tribunale l’aveva condannata non solo per l’abuso della musica ma anche per un fatto che non gli era stato contestato, cioè per il “rumore antropico” proveniente dagli avventori e perché non si attivava per impedire gli schiamazzi dei suoi clienti. Il gestore lamentava l’ingiustizia della sentenza, perché gli strumenti tecnici non distinguevano tra la musica e il rumore antropico e sosteneva che la responsabilità era da ascriversi a un preposto. In ogni caso il ricorrente sosteneva che il fatto non fosse punibile per la particolare tenuità del fatto, attesa la mancanza di nocività e di allarme sociale dell’evento.

Ma la Corte di cassazione condivideva il principio enunciato dal Tribunale per cui il ricorrente aveva l’onere di impedire gli schiamazzi che si verificavano, unitamente alla musica utilizzata dal locale per intrattenere i clienti.

Già la stessa Cassazione (sentenza 14750/2020) ha affermato che risponde del reato di disturbo e del riposo delle persone il gestore di un pubblico esercizio che non impedisca i continui schiamazzi provocati dagli avventori in sosta davanti al locale anche nelle ore notturne. Il gestore ha cioè l’obbligo giuridico di controllare, anche con l’esclusione dal localeo con il ricorso all’autorità di pubblica sicurezza, che la frequenza del locale da parte degli utenti non sfoci in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica. Tra l’altro, il giudice di legittimità sosteneva che non poteva riferirsi la responsabilità penale a un preposto, in assenza di una valida delega conferita allo stesso.

La Cassazione definiva poi infondato il motivo che riguardava la particolare tenuità del fatto, in quanto la sentenza del Tribunale, con motivazione adeguata, lo escludeva quando sussisteva una particolare estensionedegli effetti della condotta, per la sua attitudine a colpire una pluralità indeterminata di persone.

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