Civile

Il monastero di clausura non versa la Tarsu solo per le parti che non producono rifiuti

Nel caso erano annessi luoghi destinati ad abitazione e quindi soggetti a imposizione

di Giampaolo Piagnerelli

Gli edifici di culto (nel caso un monastero di clausura) non versano la Tarsu solo se è dimostrato che non producono rifiuti. In caso contrario la tassa è sempre dovuta. Lo precisa la Cassazione con ordinanza n. 38984/21.

I fatti. Venendo ai fatti la commissione tributaria regionale della Lombardia aveva negato al monastero di clausura, la sussistenza dei presupposti per l'esenzione dalla Tarsu prevista per i locali destinati al culto religioso limitatamente alla parte di essi dove si svolgono funzioni religiose (e come tali non producono rifiuti). In particolare l'articolo 4 del regolamento comunale per l'applicazione della Tarsu ha disposto che non sono soggetti alla tassa "i locali destinati al culto religioso limitatamente alla parte di essi dove si svolgono funzioni religiose con esclusione di eventuali locali annessi adibiti ad abitazione e uso diverso da quello del culto in senso stretto". Secondo la Cassazione va data, quindi, continuità all'indirizzo di legittimità secondo cui le norme regolamentari che escludono gli edifici di culto dal calcolo delle superfici per la determinazione della Tarsu lo fanno sempre perché "incapaci di produrre rifiuti" per loro natura e caratteristiche e per il particolare uso cui sono adibiti.

Conclusioni. Quindi la destinazione generica di un immobile al culto non è di per sé sufficiente a decretare l'esenzione dall'imposta se non venga comprovata anche la mancata produzione di rifiuti.

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