Il praticante avvocato non può usare la dicitura "studio legale" nella carta intestata
Il CNF ricorda, infatti, che in tal modo si ingenera nei terzi il convincimento erroneo di potersi riferire a un soggetto abilitato ad esercitare la professione forense
E' vietato al praticante avvocato usare la dicitura "studio legale" nella propria carta intestata se non si è abilitati alla professione forense. Ciò perché si ingenera nei terzi il convincimento di potersi riferire a un soggetto abilitato inducendo pertanto in errore i clienti sui titoli del professionista. Così ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense (sentenza n. 90/2022) pronunciandosi sul ricorso di un praticante avverso la decisione del Consiglio di disciplina che gli aveva irrogato la sanzione disciplinare della radiazione.
La vicenda
Nella vicenda, l'uomo dopo aver ottenuto l'iscrizione quale praticante abilitato al patrocinio sostitutivo si scopriva essere ufficiale dell'aeronautica militare e dunque versante in condizione di incompatibilità con l'iscrizione nel relativo elenco. Non solo. Si "macchiava" anche di illeciti deontologici perché nella carta intestata ometteva di usare per esteso il titolo Praticante Avvocato, utilizzando il titolo di P. Avvocato, nonché il termine Militare riferito allo Studio Legale, senza avere conseguito la relativa specializzazione.
Il procedimento disciplinare, data la condizione di incompatibilità dell'incolpato, culminava con la sanzione disciplinare della radiazione dal Registro dei Praticanti.
La decisione veniva impugnata innanzi al CNF dal ricorrente.
Incompatibilità del militare
Il CNF premette innanzitutto come per consolidato orientamento (v., da ultimo, Consiglio nazionale forense, parere n. 1 del 3 febbraio 2021), lo status di appartenente a corpo militare, quale l'Aeronautica Militare, si ritiene incompatibile con l'iscrizione nel registro dei praticanti e con lo svolgimento della pratica forense. Ciò da un lato per la qualifica di pubblico ufficiale dell'appartenente al corpo militare che comporta sullo stesso il gravare un obbligo di denuncia che si pone "agli antipodi con i doveri di segretezza, riservatezza e fedeltà cui sono invece sottoposti, come gli avvocati, i praticanti, anche non abilitati al patrocinio sostitutivo"; dall'altro, per il vincolo di subordinazione gerarchica che caratterizza i corpi militari, indipendentemente dal grado e dalle specifiche mansioni e/o funzioni svolte, che si pone in contrasto con i principi di indipendenza, segretezza e riservatezza che devono caratterizzare anche l'attività del praticante avvocato.
Premesso questo, nondimeno, il CNF censura la decisione assunta dal CDD nella parte in cui ha ritenuto che la sussistenza della condizione di incompatibilità con l'iscrizione e la permanenza nel Registro dei Praticanti, in cui versava il ricorrente costituisse un illecito disciplinare.
Infatti, secondo la legge professionale (articolo 17 legge 247/2012), ricorda il Consiglio, "ogniqualvolta sussista una situazione di incompatibilità con la permanenza dell'iscrizione all'Albo è compito dei COA di provvedere, alla cancellazione dell'iscritto". Per cui, la sanzione disciplinare inflitta dal CDD deve ritenersi illegittima e va esclusa la responsabilità disciplinare del ricorrente, posta "l'assenza dell'elemento psicologico della suitas della condotta intesa come volontà consapevole dell'atto che si compie", giacchè nel caso di specie l'uomo aveva fatto incolpevole affidamento sulla precedente decisione del COA dichiarando di non versare in alcuna delle ipotesi di incompatibilità previste dalla legge.
Illecito usare "studio legale" nella carta intestata
Prive di pregio invece, ritiene il CNF, le doglianze difensive volte a contestare la sussistenza degli addebiti disciplinari del ricorrente.
Relativamente all'uso da parte dello stesso del titolo "P. Avvocato" nella propria carta intestata – utilizzata per inviare istanze, di carattere personale, al Comando dell'Aeronautica Militare presso cui prestava servizio – ricorda infatti il Consiglio il principio più volte espresso secondo cui "Integra illecito disciplinare la condotta del praticante avvocato che, anche nella propria corrispondenza, si limiti ad aggiungere l'inziale "p." alla parola "avvocato" trattandosi di informazione equivoca e comunque decettiva, cioè idonea a trarre in inganno o in ogni caso a fondare false aspettative, quindi non veritiera e non corretta" (v. ex multis CNF n. 41/2014).
Altrettanto illecito l'utilizzo della dicitura "Studio legale Militare" nella carta intestata.
Come già chiarito dal CNF in precedenti pronunce, "l'inserimento nella carta intestata della dicitura ‘Studio Legale' da parte del praticante avvocato costituisce atto idoneo ad ingenerare nei terzi il convincimento di potersi riferire ad un soggetto abilitato ad esercitare la professione forense, inducendo pertanto in errore i clienti sui titoli del professionista" (v., ex multis, n. 115/2007).
Quanto all'uso della specificazione "Militare" nella propria carta intestata, "l'avvocato può indicare i settori di esercizio dell'attività professionale e, nell'ambito di questi, eventuali materie di attività prevalente, ma l'affermazione di una propria specializzazione presuppone l'ottenimento del relativo diploma conseguito presso un istituto universitario". E atteso che questa specializzazione non risulta nel caso di specie, ragiona il CNF, anche l'apposizione della specificazione "Militare" a fianco alla dicitura "Studio Legale" deve ritenersi, perciò, "non veritiera ed integrante, per l'effetto, illecito disciplinare".
La decisione
Tuttavia, considerato che nell'applicare la sanzione occorre avere riguardo al complessivo comportamento dell'incolpato e la stessa non è frutto di mero calcolo matematico, ma tiene conto dei comportamenti contestati violativi dei doveri di probità, dignità e decoro, oltre che delle fattispecie tipizzate, il Consiglio ha ritenuto congrua e proporzionata una sospensione per mesi 6 dall'attività di pratica forense.