Il punto della giurisprudenza di legittimità del 2022 in materia di amministratore di sostegno
Dove possibile il giudice dovrà costruire uno strumento protettivo graduabile e modificabile tenendo conto delle necessità del beneficiario
Il problema, più vasto, della protezione dai propri limiti fisici o psichici delle persone oggi in grado di sopravvivere nonostante la vecchiaia o gravi minorazioni, ma senza nessuno che le aiuti a curare i propri interessi, è all'origine della legge 9 gennaio 2004, n. 6, che non introduce "ordini", ma "misure" di protezione lasciando chiaramente intendere come si passi da un regime pubblicistico di stampo autoritario ad uno stato sociale attento al welfare e all'assistenza, sostenuto dai servizi sociali, dalla presenza del giudice tutelare, fino al 2004 relegato ad una figura marginale, e dall'iniziativa di parte.
L'articolo 1 della legge, che dichiara di perseguire "la minore limitazione possibile della capacità di agire delle persone in tutto o in parte prive di autonomia, nell'espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente" non è solo norma programmatica, ma anche canone di interpretazione teleologica nel coordinamento tra il nuovo istituto dell'amministrazione di sostegno e quelli dell'interdizione e inabilitazione risalenti al codice civile del 1865.
Nell'apertura di una procedura di amministrazione di sostegno, il Giudice tutelare deve valutare che, rispetto all'interdizione e all'inabilitazione, l'attuazione di tale procedura sia determinata prestando attenzione alla maggiore idoneità di tale strumento ad adattarsi alle necessità di detto soggetto, ben potendo il Giudice tutelare graduare i limiti alla sfera negoziale del beneficiario dell'amministrazione di sostegno. Laddove possibile il giudice dovrà costruire uno strumento protettivo graduabile e modificabile tenendo conto delle necessità del beneficiario, considerato che "ha in sé un potenziale di morbidezza, di elasticità, duttilità sufficiente per adattarsi in maniera proporzionata, calibrata e di distinguere le difficoltà specifiche di ciascuna persona" (CENDON, La tutela civilistica dell'infermo di mente, in La riforma dell'interdizione e dell'inabilitazione, a cura di Patti, Milano, 2002, pag. 33).
Rispetto alla concezione antecedente alla riforma operata con la Legge 6/2004 fondata sull'ablazione totale o parziale della capacità di agire, è adesso subentrata la prospettiva di mantenimento della generale capacità di agire della persona, dalla quale si riservano delle aree di incapacità, ritagliate dal provvedimento di nomina dell'amministratore; in tal modo il rapporto tra capacità ed incapacità, stabilito nella normativa preesistente secondo una alternativa netta e rigida, diviene mobile.
Di seguito, si segnalano le sentenze più importanti pronunciate dalla Suprema Corte nel 2022 in tema di amministrazione di sostegno.
Amministratore di sostegno – Procedimento – Nomina dell'AdS - Oggetto dell'incarico - Modifica delle decisioni – Audizione dell'amministrato
In materia di amministrazione di sostegno, il procedimento volto all'adozione dei provvedimenti da parte del giudice tutelare a beneficio dell'amministrato non richiede l'audizione personale di quest'ultimo, prevista dall'articolo 407, secondo comma, cod. civ., soltanto ai fini della nomina dell'amministratore, né il ministero del difensore, necessario soltanto nel caso in cui il decreto che il giudice ritenga di emettere sia o meno corrispondente alla richiesta dell'interessato, incida sui diritti fondamentali della persona, attraverso la previsione di effetti, limitazioni o decadenze analoghi a quelli previsti dalle disposizioni di legge riguardanti l'interdetto o l'inabilitato, e non anche nelle ipotesi, corrispondenti al modello legale tipico, in cui il provvedimento si limiti ad individuare specificamente i singoli atti o categorie di atti, in relazione ai quali si richiede l'intervento dell'amministratore.
Ai sensi dell'articolo 407, quarto comma, cod. civ., il giudice tutelare può modificare o integrare in ogni tempo, anche d'ufficio, le decisioni assunte con il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno, e può quindi intervenire anche sull'individuazione dell'oggetto dell'incarico e degli atti che l'amministratore ha il potere di compiere in nome e per conto del beneficiario, nonché di quelli che quest'ultimo può compiere solo con l'assistenza dell'amministratore, dei quali l'articolo 405, quinto comma, nn. 3 e 4, cod. civ. prescrive l'indicazione nel decreto di nomina.
Nel caso in esame, la ricorrente lamentava la violazione e la falsa applicazione degli articoli 407, 5 co., e 411, ult. comma, cod. civ. e degli articoli 24 e 111 Cost., sostenendo che, nel confermare l'imposizione di nuove limitazioni alla sua capacità, il decreto impugnato non ha considerato che il Giudice Tutelare aveva provveduto d'ufficio, eccedendo l'ambito della domanda proposta da essa ricorrente, avente ad oggetto soltanto la sostituzione dell'amministratore, senza disporre neppure la sua convocazione e senza assicurarle l'assistenza di un difensore, in violazione del diritto di difesa.
• Corte di Cassazione, Civile, Sez. I, ordinanza 1 settembre 2022, n. 25855 – Pres. Genovese, Giud. Rel. Mercolino
Amministratore di sostegno - Pubblico ufficiale – Peculato – Per appropriazione - Appropriazione di somme di denaro giacenti sui conti correnti delle persone sottoposte ad amministrazione - Reato – Configurabilità
L'amministratore di sostegno riveste la qualifica di pubblico ufficiale e perciò integra il delitto di peculato la condotta con cui si appropria delle somme di denaro giacenti sui conti correnti intestati alle persone sottoposte all'amministrazione.
Nel caso in esame, l'imputata, nominata amministratore di sostegno del suocero, nell'arco di meno di un anno, si era appropriata di non meno di 60.000,00 euro presenti su conti correnti intestati al suocero, prelevandoli con bonifici, assegni circolari, operazioni bancomat e pagamenti vari.
In un altro caso, la Cassazione ha affermato che non è configurabile il reato di peculato a carico di chi è stato nominato amministratore di sostegno in base al dato formale del mancato rispetto delle procedure previste dalla legge per l'effettuazione delle spese nell'interesse dell'amministrato, essendo necessaria ai fini della sussistenza del reato una condotta appropriativa o, comunque, una condotta che si risolva nell'uso dei fondi o di beni dell'amministrato per finalità estranee all'interesse dello stesso.
• Corte di Cassazione, Penale, Sez. VI, sentenza, 22 agosto 2022, n. 31378 - Pres. Petruzzellis, Cons. Rel. Riccio
Capacità di agire - In genere - Amministrazione di sostegno - Finalità - Dissenso della beneficiaria - Presenza di rete familiare - Protezione della persona - - Accertamento in concreto delle condizioni di menomazione e della loro incidenza - Criteri di proporzionalità e funzionalità
In tema di amministrazione di sostegno, l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge, in linea con le indicazioni contenute nell'articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità, deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario - la cui volontà contraria, ove provenga da persona lucida, non può non essere tenuta in considerazione dal giudice - sia rispetto all'incidenza della stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, verificando la possibilità, in concreto, che tali esigenze possano essere attuate anche con strumenti diversi come, ad esempio, avvalendosi, in tutto o in parte, di un sistema di deleghe o di un'adeguata rete familiare. (Nella specie, gli Ermellini hanno cassato la decisione della corte territoriale che aveva ordinato l'amministrazione di sostegno in favore di una persona riconosciuta capace di svolgere autonomamente attività lavorativa e di curare gli aspetti della vita ordinaria, senza indagare se la protezione della stessa potesse essere assicurata grazie alla funzione vicariante del marito o alla predisposizione di un sistema di deleghe idoneo a supportare la ricorrente negli aspetti più complessi della gestione non ordinaria del proprio patrimonio).
• Corte di Cassazione, Civile, Sez. I, ordinanza 11 luglio 2022, n. 21887 – Pres. Genovese, Giud. Rel. Valentino
Amministrazione di sostegno - Indicazioni provenienti dall'art. 12 della convenzione delle nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità - Accertamento in concreto delle condizioni di menomazione e della loro incidenza - Adeguamento dei poteri gestori conferiti all'amministratore - Dichiarazioni del beneficiario e sua eventuale opposizione - Rilevanza
In tema di amministrazione di sostegno, le caratteristiche dell'istituto impongono, in linea con le indicazioni provenienti dall'articolo 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge sia compiuto in maniera specifica e focalizzata rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario ed anche rispetto all'incidenza di tali condizioni sulla capacità del medesimo di provvedere ai propri interessi, perimetrando i poteri gestori dell'amministratore in termini direttamente proporzionati ad entrambi i menzionati elementi, di guisa che la misura risulti specifica e funzionale agli obiettivi individuali di tutela, altrimenti implicando un'ingiustificata limitazione della capacità di agire della persona. In tale quadro, le dichiarazioni del beneficiario e la sua eventuale opposizione, soprattutto laddove la disabilità si palesi solo di tipo fisico, devono essere opportunamente considerate, così come il ricorso a possibili strumenti alternativi dallo stesso proposti, ove prospettati con sufficiente specificità e concretezza.
La volontà contraria all'attivazione della misura dell'amministrazione di sostegno, manifestata da persona pienamente lucida (come si verifica in caso di una limitazione di autonomia per un impedimento di natura fisica), non può non essere tenuta in considerazione da parte del giudice, che deve garantire l'equilibrio della decisione, tenendo conto della necessità di privilegiare il rispetto dell'autodeterminazione della persona interessata, così da discernere le fattispecie, a seconda dei casi.
• Corte di Cassazione, Civile, Sez. I, ordinanza 31 marzo 2022, n. 10483 – Pres. Genovese, Giud. Rel. Tricomi
Rappresentanza e assistenza dell'incapace legale - In genere - Amministrazione di sostegno - Promovimento di giudizi nell'interesse dell'incapace - Autorizzazione - Necessità - Prosecuzione di giudizi iniziati personalmente dall'incapace - Giudizi relativi a diritti personalissimi - Autorizzazione - Esclusione
In forza dell'articolo 374 cod. civ., richiamato dall'articolo 411, comma 1 cod. civ., l'amministratore di sostegno non necessita dell'autorizzazione del giudice tutelare al fine di coltivare le liti, ancorché inerenti a diritti personalissimi, promosse dal beneficiario della misura anteriormente alla sua sottoposizione ad essa, non ravvisandosi, diversamente che nell'ipotesi in cui si tratti di intraprendere "ex novo" un giudizio, la necessità di compiere una preventiva valutazione giudiziale in ordine all'interesse ed al rischio economico per l'amministrato. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non necessaria la richiesta di autorizzazione da parte di un amministratore di sostegno che aveva impugnato, nell'interesse della beneficiaria, la sentenza di primo grado che aveva pronunciato la separazione giudiziale dei coniugi).
L'articolo 4, comma 5, della legge 898/1970 ha accomunato la posizione del malato di mente a quella dell'infermo, già dichiarato incapace di intendere e di volere, stabilendo che anche quest'ultimo debba essere rappresentato nel procedimento da un curatore speciale – ciò tuttavia in un'ottica meramente difensiva, poiché la nomina del curatore speciale è espressamente prevista esclusivamente per il solo caso in cui l'incapace sia convenuto in giudizio. La disposizione è stata però ritenuta applicabile anche all'ipotesi in cui interessato ad ottenere il divorzio sia un soggetto interdetto. Nel 2000 la Suprema Corte aveva sottolineato che nell'ordinamento è configurabile il diritto di ciascun coniuge a chiedere ed ottenere il divorzio nei casi previsti dalla legge, e che l'interesse al divorzio può sussistere per l'interdetto indipendentemente dalla posizione assunta dall'altro coniuge. (Cass. civ., Sez. I, 21 luglio 2000, n. 9582).
L'ordinanza 14 marzo 2022 n. 8247 richiama un'altra sentenza (Cass. civ., sez. I, sent. 6 giugno 2018, n. 14669) che ha affermato che il tutore possa, in nome e per conto dell'interdetto rappresentato, promuovere il giudizio di separazione. Il nostro ordinamento non conosce infatti un principio generale e tassativo di preclusione al compimento di atti di straordinaria amministrazione da parte del tutore.
• Corte di Cassazione, Civile, Sez. I, ordinanza 14 marzo 2022 n. 8247 – Pres. Genovese, Cons. Rel. Tricomi
Amministrazione di sostegno - Atti di straordinaria amministrazione - Individuazione - Effetti economici - Rilevanza - Conseguenze - Patto di quota lite sul compenso spettante all'avvocato
In tema di amministrazione di sostegno, l'individuazione degli atti di straordinaria amministrazione che richiedono l'autorizzazione del giudice tutelare, nel caso in cui all'amministratore siano conferiti solo poteri di ordinaria amministrazione, va compiuta tenendo conto degli effetti economici degli atti, così rientrando tra quelli di straordinaria amministrazione il patto di quota lite sul compenso spettante all'avvocato che curi l'azione risarcitoria per il sinistro stradale che abbia cagionato gravi lesioni alla persona amministrata, ove quest'ultima sia priva di altre risorse economiche e con quel risarcimento debba gestire la propria vita futura.
• Corte di Cassazione, Civile, Sez. I, Ordinanza, 7 marzo 2022, n. 7420 – Pres. Genovese, Cons. Rel. Iofrida
Amministrazione di sostegno - Approvazione del rendiconto finale - Impugnazione davanti al tribunale in sede contenziosa - Fondamento - Disciplina
La disciplina sul rendimento del conto finale, prevista per la tutela degli incapaci, si applica anche all'amministrazione di sostegno, in virtù del richiamo contenuto nell'articolo 411 cod. civ., e pertanto l'impugnazione del decreto di approvazione del menzionato conto, emesso dal giudice monocratico in funzione di giudice tutelare, deve essere decisa dal tribunale in sede contenziosa, ai sensi dell'articolo 45 disp. att. cod. civ., con sentenza appellabile (ma non ricorribile per cassazione) e non dalla Corte d'appello, ai sensi dell'articolo 720 bis c.p.c.
• Corte di Cassazione, Civile, Sez. I, Ordinanza, 8 febbraio 2022, n. 4029 – Pres. Rel. Di Marzio
Amministrazione di sostegno - Decreti del giudice tutelare - Reclamabilità esclusiva dinanzi alla corte d'appello - Natura ordinatoria o decisoria dei provvedimenti - Impugnazioni Civili - Appello
I decreti del giudice tutelare in materia di amministrazione di sostegno sono reclamabili ai sensi dell'articolo 720 bis, comma 2, c.p.c. unicamente dinanzi alla Corte d'appello, quale che sia il loro contenuto (decisorio ovvero gestorio), mentre, ai fini della ricorribilità in cassazione dei provvedimenti assunti in tale sede, la lettera della legge impone in ogni caso la verifica del carattere della decisorietà, quale connotato intrinseco dei provvedimenti suscettibili di essere sottoposti al vaglio del giudice di legittimità.
Dopo l'entrata in vigore dell'articolo 720-bis c.p.c., introdotto dall' articolo 18 della legge 9 gennaio 2004, n. 6, la giurisprudenza prevalente riteneva che la competenza a decidere sui reclami inerenti decreti a carattere decisorio spettasse alla Corte d'Appello, mentre quelli aventi ad oggetto i provvedimenti a carattere ordinatorio fossero di competenza del Tribunale in composizione collegiale.
• Corte di Cassazione, Civile, Sez. Unite, sentenza 30 luglio 2021, n. 21985 – Pres. Spirito, Cons. Rel. Criscuolo