Professione e Mercato

Il puzzle dei compensi professionali agli occhi del Fisco

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di Nicola Forte

Tra le novità della manovra potrebbe esserci anche una nuova flat tax per i professionisti, O meglio l’aumento - forse fino a 100mila euro - della soglia dei compensi per rientrare, a determinati requisiti nel regime fiscale forfetario. In attesa di conoscere i dettagli e le condizioni della flat tax, il professionista può ricapitolare cosa esattamente rientri nella definizione di compenso, dal punto di vista fiscale e cosa no.

I compensi sono le entrate tipiche che caratterizzano le attività professionali, l’equivalente nel caso delle imprese sono i ricavi.

Il compenso professionale

Qualsiasi entrata collegata alla attività tipica svolta dal professionista è un «compenso». Ad esempio il pagamento per la redazione di un ricorso tributario da parte di un commercialista, o anche il pagamento a fronte di un’attività di consulenza contrattuale svolta da un avvocato.

Rientrano nella nozione di compenso anche gli oneri sostenuti dal professionista per eseguire la prestazione. Ad esempio le spese sostenute dal professionista per un collaboratore e addebitate al cliente. Questa somma è soggetta a ritenuta d’acconto se corrisposta da un sostituto di imposta (ad esempio una società).

I compensi possono essere anche corrisposti in natura. È il caso di una prestazione professionale remunerata con un quadro, anziché con una somma di denaro. Ma «le spese relative all’esecuzione di un incarico conferito sostenute direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista» (articolo 54, comma 5 del Tuir, Dpr 917/1986). Ad esempio se l’impresa che ha conferito l’incarico sostiene direttamente le spese alberghiere di trasferta del professionista, quest’onere non costituisce compenso in natura.

Inoltre, non sono compensi le entrate non collegate all’attività tipica svolta dal professionista (si veda l’articolo in basso). Si tratta, ad esempio, dei proventi realizzati con la cessione dei beni strumentali (mobili da ufficio, computer) o con la cessione della clientela.

Non sono compensi neppure le entrate realizzate con l’addebito delle spese nei confronti di un altro professionista che utilizza lo stesso studio dividendo gli spazi (e le spese) in comune. L’addebito delle spese telefoniche per la stessa linea utilizzata in comune da due professionisti deve essere considerato in diretta diminuzione dell’onere sostenuto dal professionista titolare del contratto (come indicato dalla circolare 38/E del 2010). La somma incassata non deve essere assoggettata a ritenuta, visto che non si tratta di un compenso.

Il ricavo di impresa

I ricavi sono i proventi tipici delle imprese (che in base all’articolo 2195 del Codice civile comprende la produzione di beni e servizi). Ad esempio, i proventi realizzati per l’organizzazione di corsi da una società che ha per oggetto l’esercizio di un’attività didattica sono ricavi.

Le entrate conseguenti alla vendita di beni strumentali (macchinari, computer, attrezzatura), se riguardanti operazioni di ordinaria sostituzione di questi beni per usura potrebbe dare luogo alla realizzazione di plusvalenze.

Queste componenti sono considerate ai fini fiscali e contabili «altri ricavi e proventi». La nozione di ricavo non è quindi esattamente corrispondente a quella di compenso per i professionisti. Non rientrano tra i ricavi le plusvalenze straordinarie.

Il trattamento fiscale

I compensi professionali partecipano alla formazione del reddito professionale in base al principio di cassa. Questo vuol dire che si considerano solo gli importi effettivamente incassati (e quando sono realmente incassati). Invece nell’ambito del reddito di impresa i ricavi rilevano per competenza. E non rileva il fatto che siano stati o meno incassati materialmente.

Sono previste due deroghe al principio di competenza per le imprese di minori dimensioni (articolo 66 del Tuir) e per il regime forfetario introdotto dalla legge 190/2014. In questi casi i ricavi assumono rilevanza fiscale nell’anno in cui avviene materialmente l’incasso. Nella prossima legge di Bilancio il Governo sta studiando, appunto, anche il potenziamento del regime forfetario. Oggi i professionisti possono accedervi se dichiarano compensi non superiori a 30mila euro. Per alcune tipologie di attività d’impresa si può arrivare anche fino a 50mila euro di ricavi. Sono però previsti altri requisiti quali un determinato tetto di spese per dipendenti o collaboratori e per i beni strumentali. La manovra 2019 potrebbe aumentare la soglia massima di compensi e ricavi. Il provvedimento è ancora in discussione ma si ipotizza una prima soglia fino a 65mila euro che sconterebbe un’aliquota del 15%, mentre per la parte incrementale e fino a 100mila euro, l’aliquota salirebbe al 20 per cento.

Gli esempi

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