Società

Il recente indirizzo della Corte di Cassazione in materia di responsabilità dei sindaci

Nota a Corte di Cassazione, Sez. I Civile, Ordinanza 24 gennaio 2024, n. 2350

Con la recente decisione del 24 gennaio 2024 n. 2350, la Corte di Cassazione ha individuato una serie di significativi principi in materia di responsabilità dei membri del collegio sindacale.

Nella fattispecie concreta, la responsabilità del sindaco è emersa sotto la veste di eccezione ex art. 1460 c.c. a seguito della richiesta di pagamento del compenso avanzata dal professionista della società successivamente fallita.

Sotto tale prospettiva è di interesse notare che spetta al sindaco l’onere di dimostrare di aver conformato la sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto.

Tuttavia, a prescindere dalla fattispecie concreta, i principi enucleati hanno una portata generale ed esprimono un’impostazione piuttosto rigida che valorizza una lettura ampia dei doveri dei sindaci.

Anzitutto è stato osservato che la vigilanza dei sindaci non si estende alla verifica della convenienza delle scelte gestionali degli amministratori, dovendo invece riguardare la legittimità delle scelte e la correttezza dei procedimenti decisionali.

Le obbligazioni inerenti all’attività professionale dei sindaci sono di mezzo e non di risultato e la loro condotta deve essere valutata secondo la diligenza professionale qualificata ex art. 1176 comma 2 c.c.

L’attività deve essere tempestiva, effettiva , cioè non formale, ed efficace.

Fermi questi primi elementi, la Corte di Cassazione, più nello specifico, ha evidenziato ulteriori profili di sicuro interesse.

I sindaci non esauriscono l’adempimento dei propri compiti con il burocratico espletamento delle attività indicate dalla legge. Essi hanno, piuttosto, l’obbligo di adottare ogni altro atto che, in relazione alle circostanze del caso concreto, risulti utile e necessario.

Il dovere di vigilanza non è circoscritto all’operato degli amministratori, ma si estende al regolare svolgimento dell’intera gestione sociale in funzione della tutela, non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello dei creditori sociali.

Tale dovere non riguarda il solo formale controllo della documentazione messa a disposizione dagli amministratori, essendo conferito ai componenti del collegio il potere/dovere di chiedere notizie sull’andamento generale e su specifiche operazioni.

La configurabilità dell’inosservanza del dovere di vigilanza non richiede l’individuazione di specifici comportamenti in contrasto con tale dovere, essendo sufficiente che i sindaci non abbiano rilevato una macroscopica violazione.

I sindaci non si possono limitare alla richiesta di chiarimenti all’organo gestorio ma, diversamente, in modo attivo, si devono spingere a pretendere azioni correttive.

Non rileva il fatto che il collegio sindacale fosse ignaro delle operazioni gestorie compiute dagli amministratori, atteso che la colpa, oltre che nell’inattività, può essere avvisata anche in un difetto di conoscenza.

Al fine di escludere l’inadempimento dei sindaci non è sufficiente: (i) né il fatto che gli stessi siano stati tenuti all’oscuro dell’operato degli amministratori, (ii) né il fatto di avere assunto la carica dopo la realizzazione dei fatti dannosi , se i sindaci hanno mantenuto un comportamento inerte.

Allo stesso modo, le dimissioni presentate, ove non accompagnate da atti concreti volti a contrastare od impedire il protrarsi degli illeciti gestori, non escludono l’inadempimento del sindaco, posto che la diligenza richiesta impone un comportamento alternativo e le dimissioni diventano, anzi, esempio emblematico di una condotta colposa.

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*A cura dell’Avv. Antonio Martini, partner, Avv. Alessandro Botti e Ilaria Canepa, Dott.ssa Arianna Trentino – Studio legale e tributario CBA

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