Penale

Il ritardo nel sostituire il consigliere decaduto non basta a configurare il dolo per l'abuso d'ufficio

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di Paola Rossi

Il ritardo con cui agisce il Presidente del Consiglio regionale nel sostituire un componente decaduto dalla carica di consigliere non concretizza di per sé solo la sussistenza del dolo specifico a base del reato di abuso d'ufficio. Al contrario, per il consigliere, che permane nel suo ruolo presso il consesso regionale, è sufficiente la conoscenza dell'avvenuta decadenza per integrare il reato di usurpazione di funzioni pubbliche previsto dall'articolo 347 del Codice penale. Così la Corte di cassazione con la sentenza n. 19100/15 ha confermato la condanna in appello del consigliere “abusivo” e ha riformato senza rinvio la stessa sentenza dove condannava ex articolo 323 Cp il Presidente intempestivo nel procedere alla sostituzione.

La coscienza dell'abusività del ruolo - In base al ricorso di un'elettrice era stata acclarata dalla stessa Corte di cassazione l'incompatibilità - a causa di doppio incarico - dell'imputato a svolgere il ruolo di consigliere regionale e, di conseguenza ne veniva declarata la decadenza. Ma la statuizione contenuta nella decisione è - secondo l'attuale sentenza n. 19100 - immediatamente esecutiva «quantomeno a far tempo dalla notificazione del titolo giudiziale.». Dal momento, quindi, della concoscenza legale della decadenza il soggetto non aveva alcuna scusante nel proseguire a mantenere il ruolo svolto ormai solo in via abusiva. Neanche la lentezza del Presidente nel procedere al subentro del primo dei non eletti può essere un'esimente.

I ritardi - Nel caso specifico va detto che il ritardo fu determinato anche dal procedere del Presidente che fece richiesta di pareri sulla legittimità della decisione a un professore di diritto amministrativo e al servizio legale del Consiglio. Pareri che sfociarono nel ricosrso per conflitto di attribuzioni davanti alla Consulta in base all'argomento che la Cassazione avrebbe deciso in base a una normativa non riferibile alla Regione Sardegna. E, quindi, fino alla pronuncia costituzionale è proseguito l'illecito penale col mantenimento dell'incarico. Ma se questa vicenda del ricorso alla Consulta può essere indizio dell'assenza di dolo da parte del Presidente del consiglio lo stesso - dice oggi la cassazione - non può dirsi del consigliere decaduto e pienamente consapevole della propria incompatibilità.

Corte di Cassazione – Sezione VI penale – Sentenza 7 maggio 2015 n. 19100

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