Penale

Il saluto romano è reato se integra un pericolo fascista

Lo hanno stabilito le Sezioni unite della Cassazione annullando con rinvio la sentenza impugnata

di Francesco Machina Grifeo

Le Sezioni Unite della Corte suprema di cassazione, nella udienza pubblica di oggi, hanno deciso che la condotta tenuta nel corso di una pubblica manifestazione consistente nella risposta alla “chiamata del presente” e nel c.d. “saluto romano”, rituali entrambi evocativi della gestualità propria del disciolto partito fascista, integra il delitto previsto dalla legge Scelba (articolo 5 L. 1952/645), ove, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso, sia idonea ad integrare il concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista, vietata dalla XII disposizione transitoria e finale della Costituzione. Le motivazioni verranno depositate nelle prossime settimane.

I giudici della Suprema corte inoltre hanno affermato che a determinate condizioni può configurarsi anche il delitto previsto dalle cd. legge Mancino (articolo 2 del decreto-legge 26 aprile 1983, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 1993, n. 205) che vieta il compimento di manifestazioni esteriori proprie o usuali di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Gli ermellini hanno poi stabilito che tra i due delitti non sussiste rapporto di specialità e che essi possono concorrere sia materialmente che formalmente in presenza dei presupposti di legge.

Il fatto contestato si era verificato in occasione di una manifestazione pubblica, organizzata a Milano il 29 aprile 2016, in memoria di Enrico Pedenovi, Sergio Ramelli e Carlo Borsani, nel corso della quale gli imputati rispondevano alla chiamata del “presente” eseguendo il “saluto fascista”, noto anche come “saluto romano”. Alla manifestazione partecipavano oltre mille persone. Sergio Ramelli, ricorda l’ordinanza di rinvio alle S.U., era un militante del Fronte della Gioventù, ucciso da esponenti di Avanguardia Operaia il 29 aprile 1976; Enrico Pedenovi era un avvocato e un consigliere provinciale del Movimento Sociale Italiano, assassinato da esponenti di Prima Linea il 29 aprile 1976; Carlo Borsani era un gerarca fascista della Repubblica Sociale Italiana, giustiziato dai partigiani il 29 aprile 1945.

In primo grado, il Tribunale di Milano aveva assolto i ricorrenti per l’insussistenza dell’elemento soggettivo (anche considerata l’assoluzione disposta in analogo procedimento). La pronuncia veniva integralmente riformata nel giudizio di secondo grado. La decisione impugnata, infatti, aveva ritenuto che i fatti contestati integrassero la fattispecie di reato prevista dall’articolo 2 della cd “legge Mancino”.

Le Sezioni Unite penali hanno riqualificato il fatto come violazione dell’articolo 5 della “legge Scelba“ e hanno annullato con rinvio la sentenza impugnata perché la Corte di appello verifichi se dai fatti accertati sia conseguita la sussistenza del concreto pericolo di riorganizzazione del disciolto partito fascista.

“La decisione della Cassazione - afferma l’avvocato Domenico Di Tullio, difensore di due degli otto imputati per i quali la Cassazione ha disposto un processo di appello bis per aver fatto il saluto romano durante una commemorazione - sancisce che il saluto romano non è reato a meno che ci sia il pericolo concreto di ricostituzione del partito fascista così come previsto dall’articolo 5 della legge Scelba, oppure ci siano programmi concreti e attuali di discriminazione razziale o violenza razziale così come previsto dalla legge Mancino”.

“Se mancano sia il tentativo di ricostituzione o programmi di discriminazione ovviamente non è reato - sostiene l’avvocato - La cerimonia del ’presente’ quindi si può fare solo quando è un atto commemorativo come nel caso specifico. Nel caso di Acca Larentia e nelle migliaia di commemorazione fatte in Italia negli ultimi 70 anni - conclude Di Tullio -, il saluto romano non è reato. Toccherà alla magistratura dimostrare in concreto il contrario, senza fare chiacchiere. Perché in Italia non si puniscono le opinioni”.

In una dichiarazione congiunta Sandro Ruotolo, responsabile Cultura e Memoria del Pd, e i parlamentari Andrea De Maria e Walter Verini, affermano che “la sentenza, lascia perciò aperti dubbi interpretativi”. “Per questo – proseguono - è necessario che il Parlamento approvi le proposte di legge presentate dal Pd alla Camera e al Senato, ispirate alle proposte Fiano della scorsa legislatura, che tra l’altro inseriscono specificamente l’apologia di fascismo nelle aggravanti della legge Mancino. Rimane il fatto che troppo spesso il saluto romano rappresentata l’anticamera di gesti di violenza e sopraffazione, dall’assalto alla sede della Cgil fino al grave episodio di violenza a Napoli che ha visto protagonisti quattro esponenti di Casa Pound, presenti ad Acca Larentia”.

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