Il tentato suicidio va risarcito come danno-conseguenza dell'ingiusta detenzione subita
L'indennizzo non è legittimamente limitabile ai soli danni fisici patiti a causa del tentativo di togliersi la vita
Il danno psichico che ha indotto al tentativo di suicidio una persona ristretta in carcere va tenuto in considerazione nella liquidazione dell'indennizzo per la detenzione risultata poi "ingiusta". Non può cioè il giudice limitarsi a riconoscere il ristoro solo per le conseguenze fisiche dell'estremo gesto di togliersi la vita.
La Cassazione, con la sentenza n. 3280/2022, accoglie perciò il ricorso di un iraniano, che arrestato in esecuzione di un mandato di cattura internazionale spiccato dallo Stato di appartenenza, era stato poi riconosciuto rifugiato politico da parte della Gran Bretagna con la conseguenza di venire scarcerato. Lo straniero, durante il periodo di ingiusta detenzione a causa delle fondate ragioni della richiesta di asilo nella Ue, aveva tentato il siucidio. Circostanza che va considerata come conseguente allo stato di restrizione personale e non solo come causa dei danni fisici autoinflitti cercando di togliersi la vita.
Il giudice della riparazione aveva applicato le tabelle milanesi sull'inabilità assoluta temporanea per lo stato di malattia derivato dal tentivo di suicidio. Una delimitazione illegittima del perimetro dei danni risarcibili. In quanto al centro della valutazione del risarcimento non vi è solo il danno all'indennità fisica, ma anche a quella psichica entrambe rilevanti e messe in pericolo o danneggiate dall'ingiusta detenzione subita.
La Cassazione indica l'errore commesso dal giudice chiamato a quantificare l'indennizzo per l'ingiusta carcerazione: non aver posto tale ingiustizia alla base del tentato suicidio che dimostrerebbe al contrario il già avvenuto patimento determinato dalla detenzione e dal timore di essere rispedito nel Paese di origine dove temeva le dure conseguenze di un suo rientro. Tale patimento è già danno che va calcolato nel ristorare la persona rilasciata.
L'atto autolesionistico era quindi non la causa del danno fisico subito, ma la conseguenza dell'ingiustizia subita con la conseguenza che andava riconosciuto un risarcimento per esso stesso.