Penale

Il traffico illecito di influenze mira a punire la condotta che precede la vera corruzione

La conclusione dell’accordo e anche la sola promessa di dazioni di utilità integra il reato anche se poi non si addiviene alla concreta e cosciente corruzione del pubblico ufficiale o dell’incaricato

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di Paola Rossi

Il traffico illecito di influenze è reato prodromico alla commissione di atti corruttivi, ma si consuma anche senza che scatti la concreta corruzione del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio. Ciò che rileva è l’accordo finalizzato ad alterare l’imparzialità o a orientare le scelte della pubblica amministrazione verso il fine perseguito dal committente. E si consuma con la remunerazione o con il raggiungimento di utilità o anche con la sola promessa di essi all’intermediario da parte del committente che mira alla corruzione o anche solo all’orientamento della condotta del pubblico ufficiale che può essere bersaglio pure inconsapevole dell’accordo illecito.

La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 31598/2024 - ha respinto il ricorso contro la condanna per il reato previsto dall’articolo 346 bis del Codice penale, commesso da persona che vantava di poter influenzare le scelte o le decisioni del Comune e dell’assessorato allo sport, favorendo l’andamento dell’azienda del committente. Inoltre, la condanna si fondava sull’avvenuta corresponsione di somme al mediatore e con l’assunzione della figlia di questi da parte del committente. L’”influenzatore” era stato in due periodi egli stesso assessore allo sport, quindi la sua vanteria appariva fondata e quanto ottenuto dal committente non poteva che essere la remunerazione dell’attività o dell’impegno a influenzare pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio.

Il ricorso pretendeva di affermare che la condanna avesse violato il principio del favor rei in caso di successioni di norme. Infatti, il reato è stato per così dire” aggiornato” dando rilievo non alle sole concrete capacità di influenzare la Pa ma anche a quelle meramente affermate dall’influenzatore. Ora la norma punisce la condotta di chi sfrutta o “vanta” di avere relazioni esistenti o anche solo asserite al fine di ottenere o farsi promettere denaro o utilità dal committente che così ritiene di assicurarsi il proprio vantaggio. La riforma del 2019 della norma incriminatrice introdotta nel 2012 ha di fatto aggiunto come presupposto del reato anche le sole asserite relazioni con pubblici ufficiali. Ma la Cassazione spiega che ciò è irrilevante nel caso concreto, in quanto il ricorrente - come provato nella fase di merito - non millantava relazioni con appartenenti alla pubblica amministrazione in quanto tali relazioni erano del tutti esistenti.

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