Civile

Tribunale di Venezia, no al puzzle che raffigura il disegno dell'Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci

Il Tribunale ha previsto una penale di Euro 1.500 per ogni giorno di ritardo nel rispettare l'ordinanza da parte di una nota azienda di giocattoli e giochi da tavolo tedesca

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di Vittorio Cerulli Irelli e Daniel Borgogni *

Con ordinanza cautelare del 17 novembre 2022, il Tribunale di Venezia, Seconda Sezione Civile, ha riformato una precedente decisione di rigetto per carenza di competenza e affermato disegno di Leonardo da Vinci del 1490, raffigurante il c.d. "Uomo Vitruviano", raffigurante il c.d. "Uomo Vitruviano", simbolo delle proporzioni ideali del corpo umano e conservato nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell'Accademia di Venezia, vietandone l'utilizzo su qualsiasi prodotto e qualsiasi mezzo di comunicazione, online e offline.

A supporto dell'inibitoria emessa, il Tribunale ha previsto una penale di Euro 1.500 per ogni giorno di ritardo nel rispettare l'ordinanza da parte del gruppo tedesco. Secondo quanto riportato nell'ordinanza che ha deciso il reclamo accogliendo il ricorso presentato dalle Gallerie dell'Accademia unitamente al Ministero della Cultura, la nota azienda tedesca avrebbe commercializzato puzzle da 1.000 pezzi con l'immagine dell'Uomo Vitruviano a partire dal 2009, senza autorizzazione e ignorando la diffida ricevuta nel novembre 2019 proprio da parte delle Gallerie dell'Accademia, in quanto museo responsabile della custodia – e quindi della tutela – del disegno di Leonardo (che tuttavia, per ragioni di conservazione, è di rado esposto al pubblico).

Nell'accogliere il ricorso, il Tribunale di Venezia ha applicato il c.d. Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) che prevede agli articoli 106 e seguenti che "lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali" possano decidere se concedere l'uso e la riproduzione dei beni culturali che hanno in consegna, valutando se le finalità dell'uso richiesto siano compatibili con la "destinazione culturale" dell'opera e richiedendo ove opportuno la corresponsione di un canone di concessione.

Le Gallerie avrebbero richiesto alla società produttrice dei puzzle contestati una royalty del 10%, ossia la royalty standard prevista dal regolamento interno da queste adottato in conformità con il Codice dei Beni Culturali. Nello specifico, all'articolo 108, il Codice dei Beni Culturali prevede che il canone di concessione richiesto dalle istituzioni culturali quale corrispettivo per l'uso e/o la riproduzione di un bene culturale sia determinato tenendo conto di una serie di elementi, tra cui: il carattere delle attività cui si riferiscono le concessioni, i mezzi e le modalità di esecuzione delle riproduzioni, l'uso e la destinazione delle riproduzioni, nonché i benefici economici che ne derivano al richiedente.

Non si tratta naturalmente del primo caso di questo genere in Italia.

Già in passato i tribunali italiani hanno applicato il Codice dei Beni Culturali per tutelare alcune delle opere d'arte più celebri del patrimonio culturale del nostro paese: si pensi ad esempio al David di Michelangelo, statua simbolo del rinascimento italiano e più volte oggetto di provvedimenti del Tribunale di Firenze diretti a vietare usi pubblicitari svilenti per l'immagine della statua. Questa ultima decisione del Tribunale di Venezia è tuttavia particolarmente notevole, in quanto si tratta della prima sentenza pubblica che estende la tutela offerta dal Codice dei Beni Culturali oltre i confini del territorio italiano.

Nel decidere il caso, infatti, il Tribunale di Venezia ha respinto le diverse tesi avanzate dal noto gruppo produttore di giocattoli e giochi da tavolo tedesco e affermato l'applicabilità della legge italiana, e quindi del Codice dei Beni Culturali, al complesso della fattispecie, e quindi anche alle attività avvenute all'estero, estendendo così l'applicazione di una norma che si può definire a pieno titolo un unicum nel panorama internazionale. La tutela offerta dal Codice dei Beni Culturali consente infatti alle istituzioni depositarie di controllare le forme di sfruttamento delle opere sottoposte alla loro tutela ben oltre i 70 anni dalla morte dell'autore, termine di protezione previsto dal diritto d'autore italiano e dalle principali convenzioni internazionali sul copyright.

Decisiva per la scelta di applicare un'unica legge applicabile (la legge italiana) e quindi estendere la tutela oltre i confini nazionali è stata la duplice considerazione, espressa nell'ordinanza, dell'"indubbio collegamento economico funzionale" esistente tra le società tedesche e la società italiana del gruppo, "che, pur non comportando il venir meno dell'autonomia delle singole società, dotate di personalità giuridica distinta, nella fattispecie giustifica di per sé l'estensione alle società tedesche degli obblighi" derivanti dal Codice dei Beni Culturali, e della natura "coordinata e continuata, indipendente dalle singole competenze delle società e del mercato di destinazione" della condotta tenuta dal gruppo tedesco, che ha portato il Giudice a ritenere "attribuibile a tutte le società del gruppo l'attività di sfruttamento non autorizzato dell'opera di Leonardo".

A prescindere dalla solidità delle basi giuridiche si cui si fonda tale provvedimento, è lecito immaginare che questa decisione del Tribunale di Venezia aprirà il campo anche a molte altre realtà museali per esplorare possibilità di valorizzazione anche al di fuori dei confini nazionali, che sempre meno rispecchiano l'ambito effettivo entro cui le opere iconiche che fanno parte del patrimonio culturale italiano vengono fruite. Si pensi, ad esempio, alla recente popolarità acquisita dai c.d. Non Fungible Token, la cui circolazione liquida va oltre i confini degli stati nazionali, ma anche più in generale a tutte le diverse forme di digitalizzazione di opere d'arte già presenti sul mercato e molto diffuse.

Considerando la vastità del patrimonio culturale italiano che non ricade all'interno del termine di protezione previsto dal diritto d'autore, il Codice dei Beni Culturali può giocare un ruolo determinante nella creazione di opportunità remunerative per le istituzioni culturali del paese. Anche altri strumenti, in primis le registrazioni di marchio, possono essere messi in campo per estendere l'ambito territoriale di tutela ed incrementare le possibilità di controllo sulle modalità di sfruttamento e valorizzazione economica delle opere.

Alcune realtà più virtuose già sfruttano attivamente queste possibilità nell'ambito di una strategia proattiva di creazione di valore, diversa dal tradizionale approccio passivo di attesa di risorse, sempre meno sostenibile.

Auspicabilmente, l'evoluzione tecnologica attualmente in atto fornirà ulteriori possibilità di valorizzazione, sempre che i relativi processi siano opportunamente gestiti e controllati dalle competenti istituzioni, nella consapevolezza degli strumenti a disposizione di tutti gli attori coinvolti.

*di Vittorio Cerulli Irelli Partner Studio legale Trevisan & Cuonzo e Daniel Borgogni Associate Studio legale Trevisan & Cuonzo

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