Civile

Illegittima capitalizzazione degli interessi e adeguamento dei contratti: la Cassazione conferma la necessità di una nuova pattuizione

Commento alla sentenza della Cassazione, Sezione Prima Civile, 21 giugno 2021 n. 17634

di Antonino La Lumia*

Con la recentissima sentenza in commento , la Cassazione torna sui temi più "sentiti" del contenzioso bancario e si allinea al percorso argomentativo già proposto in altre pronunce in materia, confermando l'essenzialità di una nuova pattuizione per rendere legittima la capitalizzazione degli interessi per il periodo successivo alla delibera CICR del 9 febbraio 2000.

È un argomento di valutazione, che è stato oggetto di numerosissimi arresti giurisprudenziali nel corso degli ultimi anni: nel caso di specie, l'istituto bancario aveva lamentato la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1283 c.c., del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342 (art. 25), del D.Lgs. n. 385 del 1993 (art. 120) e dell'art. 7 della delibera CICR del 9 febbraio 2000, censurato la decisione della Corte d'appello, nella parte riguardante la legittimità della capitalizzazione trimestrale degli interessi per il periodo successivo all'adeguamento del contratto.

In particolare, la difesa della banca, dopo aver premesso che tale adeguamento fosse avvenuto in data anteriore alla dichiarazione di illegittimità costituzionale del citato art. 25, comma 3, D.Lgs. 342/99, sosteneva che tale circostanza avrebbe consentito di escludere la nullità delle clausole , che prevedessero la capitalizzazione trimestrale degli interessi, in riferimento al periodo successivo all'adozione della delibera CICR, non avendo l'adeguamento comportato un aggravamento della posizione del cliente, a favore del quale era stata introdotta la capitalizzazione degli interessi creditori.

La questione è, da sempre, una delle più dibattute, anche perché tali profili del rapporto banca/cliente sono stati oggetto di numerosi interventi normativi: non è neppure il caso di sottolineare che - anche in tale ambito - le posizioni in giudizio sono diametralmente opposte.

I piani di contestazione attengono quasi esclusivamente ai rapporti più datati, ovvero quelli iniziati prima dell'entrata in vigore della delibera CICR: infatti, le banche - dinanzi agli illeciti contestati - generalmente si limitano a una difesa molto "asciutta", sostenendo che le operazioni di capitalizzazione sarebbero perfettamente valide in quanto regolarmente pattuite e che, comunque, la legittimità degli addebiti trimestrali discenderebbe dall'adeguamento delle condizioni al contenuto della suddetta delibera CICR, con relativa pubblicazione nella G.U.R.I. o mediante indicazione negli estratti conto.

Per quanto concerne i rapporti "ante 2000", la giurisprudenza - sin dalle "storiche" pronunce della Corte di Cassazione n. 2374 e n. 3096 del 1999 - ha ritenuto nulla la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente alla banca, atteso che detta clausola integra una prassi illecita di anatocismo espressamente vietato dall'art. 1283 c.c.

Il principio è stato poi ribadito dalle Sezioni Unite della Cassazione, che hanno confermato la contrarietà a legge e la nullità delle clausole di capitalizzazione periodica degli interessi (Cass. Civ., SS.UU., 2 dicembre 2010, n. 24418; 4 novembre 2004, n. 21095).

Sul punto, si rivelano talvolta stilistiche le difese degli istituti, che - anche a fronte di una giurisprudenza ormai davvero granitica - continuano a sostenere tralaticiamente la legittimità delle operazioni di capitalizzazione, perfino nei casi (molto frequenti) in cui si riscontri una diversa periodicità per la capitalizzazione degli interessi debitori (normalmente trimestrale) e per quella degli interessi creditori (semestrale o, ancor più spesso, annuale).

Dinanzi a tali argomentazioni, la giurisprudenza ha rilevato che:
- " La difesa della banca deduce argomenti che sono stati da tempo superati, e in via definitiva, da una ormai consolidata giurisprudenza. Basti in proposito il richiamo alla nota decisione n. 21095 del 4.11.2004, delle Sezioni Unite della Suprema Corte, che, componendo poi il contrasto sorto tra le diverse Sezioni della medesima Corte, ha statuito che la clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi configura violazione del divieto di anatocismo di cui all'art. 1283 c.c.";

- " la capitalizzazione deve essere totalmente esclusa, anche su base annuale, poiché l'art. 1283 c.c. vieta l'anatocismo in via generale" (C. Appello Milano, 20 febbraio 2013; v. anche: Cass. Civ. n. 4093/2005; n. 6187/2006).

Allo stesso modo, non convince la tesi bancaria, sopra richiamata, secondo la quale l'entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 e il preteso adeguamento delle condizioni di capitalizzazione con relativa pubblicazione sulla G.U.R.I. (previsto per le nuove condizioni contrattuali che "non comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate" dall'art. 7 della delibera) renderebbero legittime dette operazioni contabili.

Secondo il pacifico insegnamento della giurisprudenza, infatti, è necessaria una nuova e specifica pattuizione scritta, non essendo sufficiente una mera comunicazione unilaterale della Banca:

- "La Delibera CICR del 9 febbraio 2000, nel disciplinare la materia della capitalizzazione, oltre a prevedere la necessaria reciprocità del conteggio degli interessi debitori e creditori, ha altresì stabilito, all'art. 6, che le clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non specificamente approvate per iscritto. Nel caso di specie, la Banca appellante non ha nemmeno dedotto di aver rinegoziato con il correntista suddetta clausola, limitandosi a sostenere di avergliene dato informazione con gli estratti conto" (C. Appello Palermo, sez. III civile, 17 febbraio 2017);

- "Non è accoglibile il rilievo dell'appellante secondo il quale, a far data dal 22.04.2000, non esisterebbe più il problema di illegittimo anatocismo per avere la banca, in applicazione di quanto disposto dalla delibera CICR del 3.02.2000 in merito ai criteri e alle modalità da seguirsi per la produzione di interessi sugli interessi, adeguato il contratto alla nuova disciplina sull'anatocismo bancario e pubblicato il detto adeguamento in Gazzetta Ufficiale in data 28.06.2000" (C. Appello Ancona, 13 gennaio 2017, n. 65).

In questo senso, le modalità previste dall'art. 7 della delibera CICR, poste in essere dalle banche, sono ormai espressione di una norma secondaria di attuazione di una norma primaria dichiarata incostituzionale per eccesso di delega (art. 25, comma 3; Corte Cost. 425/2000) e, quindi, la norma secondaria di attuazione deve anch'essa considerarsi travolta da quella declaratoria di incostituzionalità.

E, se pur voglia considerarsi non caducato l'art. 7, la previsione dell'anatocismo trimestrale, prima illegittimo e non dovuto, comporta un peggioramento delle condizioni economiche del cliente con la necessità allora di una specifica approvazione dello stesso cliente, approvazione in caso di peggioramento imposta dallo stesso articolo 7 (così, ex plurimis, Trib. Pavia, 20 aprile 2016; Trib. Genova, 3 dicembre 2016; Trib. Alessandria, 21 febbraio 2015; Trib. Milano, 27 ottobre 2014; Trib. Venezia, 7 marzo 2014).

Il principio è stato affermato anche dal Tribunale di Milano:

- "le modalità previste dall'art. 7 poste in essere dalla banca sono ormai espressione di una norma secondaria di attuazione di una norma primaria dichiarata incostituzionale per eccesso di delega (art. 25, comma 3; Corte Cost. 425/2000) e che quindi la norma secondaria di attuazione deve considerarsi anch'essa travolta da quella declaratoria di incostituzionalità" di talché "con riferimento ai contratti in essere antecedentemente per aversi anatocismo bancario necessita una vera e propria nuova pattuizione scritta, non essendo sufficiente una mera comunicazione unilaterale della Banca";

- "pur se voglia considerarsi non caducato l'art. 7, la previsione dell'anatocismo trimestrale, prima illegittimo e non dovuto, comporta un peggioramento delle condizioni economiche del cliente con la necessità allora di una specifica approvazione dello stesso cliente, approvazione in caso di peggioramento imposta dallo stesso articolo 7" (Trib. Milano, 27 ottobre 2014).

Né tantomeno potrebbe ritenersi che la mancata contestazione degli estratti conto da parte del correntista possa avere l'effetto di far venire meno il suddetto vizio: si tratta, infatti, di semplici comunicazioni di provenienza unilaterale della Banca, che non hanno valore contrattuale, né possono vincolare il cliente, che non le abbia espressamente pattuite.

Nella sentenza in commento, la Suprema Corte - dopo aver evidenziato che la questione è già stata ripetutamente affrontata in passato dalla giurisprudenza - mantiene la direttrice tracciata dalle precedenti pronunce e giudica, pertanto, non condivisibile la posizione della banca ricorrente : ciò, sulla base della considerazione, logicamente e giuridicamente ineccepibile, secondo cui "nei contratti di conto corrente bancario stipulati in data anteriore all'entrata in vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000, la dichiarazione di illegittimità costituzionale del Decreto Legislativo n. 342 del 1999, articolo 25, pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 425 del 2000, pur non avendo interessato il comma 2 di tale disposizione, che costituisce il fondamento del potere esercitato dal CICR mediante l'adozione della predetta delibera, ha inciso indirettamente sulla disciplina transitoria dettata dall'articolo 7 di tale provvedimento, in quanto, avendo fatto venir meno , per il passato, la sanatoria delle clausole che prevedevano la capitalizzazione degl'interessi, ha impedito di assumerle come termine di comparazione ai fini della valutazione dell'eventuale peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, in tal modo escludendo la possibilità di provvedere all'adeguamento delle predette clausole mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, come consentito dal comma 2 dell'articolo 7, e rendendo invece necessaria una nuova pattuizione (cfr. Cass., Sez. I, 19/05/2020, n. 9140; 21/10/2019, nn. 26769 e 26779)".

La soluzione convince per la sua coerenza rispetto non soltanto alla posizione consolidata della giurisprudenza, ma anche all'evoluzione normativa, che porta necessariamente a richiedere un nuovo accordo tra le parti per la validità delle clausole di capitalizzazione.

Non a caso, la Cassazione - con un inciso particolarmente interessante - approfondisce le motivazioni, che conducono a tale soluzione interpretativa, tracciando una serie di punti:

"a) la pronuncia di incostituzionalità ha investito il solo tema della validazione delle clausole anatocistiche fino al momento in cui è divenuta operante la delibera 9 febbraio 2000, ma non ha direttamente inciso sull'attribuzione al CICR del potere di regolamentare il transito dei vecchi contratti nel nuovo regime,
b) la portata retroattiva della pronuncia d'incostituzionalità impone tuttavia di considerare nulle le clausole anatocistiche inserite in contratti conclusi prima dell'entrata in vigore della delibera CICR,
c) la circostanza che la delibera sia stata adottata anteriormente alla pronuncia d'incostituzionalità non comporta che, ai fini del giudizio di comparazione previsto dal comma 2 dell'articolo 7 della delibera, possa conferirsi rilievo all'applicazione di fatto delle predette clausole, prescindendo dall'invalidità delle stesse,
d) la comparazione non deve avere ad oggetto le condizioni contrattuali nel loro complesso, ma solo la clausola anatocistica, da valutarsi in relazione al principio della pari periodicità nel conteggio degl'interessi, stabilito dall'articolo 2, comma 2, della delibera,
e) in mancanza di una clausola valida che preveda, per almeno una delle due tipologie di interesse (attivo o passivo) una capitalizzazione da attuarsi con una data frequenza, è impossibile stabilire se il predetto criterio sia favorevole o sfavorevole per il correntista"
.

Da qui, la Suprema Corte fa discendere l'ulteriore principio, per il quale l'invio al correntista degli estratti conto recanti l'indicazione dello adeguamento alla delibera CICR, pubblicato anche sulla Gazzetta Ufficiale, non può ritenersi sufficiente ad assicurare, neppure per il periodo successivo alla entrata in vigore del provvedimento, la validità delle suddette clausole di capitalizzazione, ribadendo la necessità di una specifica convenzione scritta tra banca e cliente.

In questo senso, non può trovare applicazione l'art. 120 D.Lgs. n. 385/93 , come modificato dall'art. 25 del D.Lgs. n. 342/99, dal momento che non contiene una compiuta regolamentazione delle clausole anatocistiche, ma ne demanda la fissazione al CICR, limitandosi a prevedere il principio generale da adottare, ossia la pari periodicità nel conteggio degl'interessi debitori e creditori.

Né, infine, secondo la Cassazione, può trovare ingresso il meccanismo di sostituzione automatica previsto dall'art. 1339 c.c., neppure in relazione alla disciplina introdotta dalla delibera CICR: infatti, "l'impossibilità di procedere al giudizio comparativo richiesto dall'articolo 7, comma 2, di quest'ultima, se per un verso impediva il ricorso alle modalità semplificate contemplate da tale disposizione, per altro verso non esonerava la banca dall'obbligo, imposto dal comma 1, di provvedere all'adeguamento delle condizioni contrattuali nelle forme previste dall'articolo 6 della medesima delibera, la cui inosservanza comportava l'inefficacia della clausola anatocistica".

____


* A cura dell'Avv. Antonino La Lumia, Founding Partner di Lexalent

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©