Responsabilità

Immissioni, la non "tollerabilità" fa scattare il diritto al risarcimento

Per la Cassazione, sentenza n. 26715 depositata oggi, costituisce il fatto generatore del danno senza che rilevi se l'illecito sia anche penalmente rilevante

di Francesco Machina Grifeo

Scatta il risarcimento del danno a carico della società per le immissioni non tollerabili – nel caso la polvere di un opificio – anche se la quantità emessa non supera i limiti di legge. La Cassazione, sentenza n. 26715 depositata il 24 novembre, torna a ribadire il principio respingendo il ricorso di una Spa condannata a risarcire 75mila euro al proprietario del fondo confinante che aveva subito per 15 anni di immissioni considerate dannose e comunque evitabili, come poi dimostrato, attraverso il ricorso a lavori di adeguamento dello stabilimento.

La Suprema corte dunque considera correttamente motivata la decisione di primo grado e di appello tenuto conto anche "dell'accertata notevole quantità di polvere all'interno e all'esterno dell'opificio, l'inadeguatezza dei sistemi di pulizia e di aspirazione, nonché l'esistenza di nuvole di polvere dell'altezza di 3-4 metri al passaggio dei mezzi di movimentazione dei materiali, oltre che della destinazione abitativa del fondo della controparte e della vicinanza dei due fondi".

In ogni caso, ricorda la Corte, il relazione alla censura di violazione dell'articolo 844 c.c., in materia di "Immissioni", deve ribadirsi che: «I parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente, pur potendo essere considerati come criteri minimali di partenza, al fine di stabilire l'intollerabilità delle emissioni che li eccedano, non sono necessariamente vincolanti per il giudice civile che, nello stabilire la tollerabilità o meno dei relativi effetti nell'ambito privatistico, può anche discostarsene, pervenendo al giudizio di intollerabilità delle emissioni, ancorché contenute in quei limiti, sulla scorta di un prudente apprezzamento che consideri la particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica". E tale valutazione se ben motivata è incensurabile in Cassazione.

Ma i giudici, con riferimento alle doglianze aventi ad oggetto la domanda di risarcimento, precisano anche che "il superamento delle immissioni tollerabili è il fatto generatore del danno senza che rilevi in alcun modo se l'illecito sia anche penalmente rilevante o costituisca solo un comportamento antigiuridico sul piano civilistico".

Secondo l'orientamento consolidato infatti: «L'art. 844 cod. civ. impone, nei limiti della normale tollerabilità e dell'eventuale contemperamento delle esigenze della proprietà con quelle della produzione, l'obbligo di sopportazione di quelle inevitabili propagazioni attuate nell'ambito delle norme generali e speciali che ne disciplinano l'esercizio". "Viceversa - prosegue -, l'accertamento del superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all'articolo 844 cod.civ., comporta nella liquidazione del danno da immissioni, sussistente in re ipsa, l'esclusione di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell'uso, in quanto venendo in considerazione, in tale ipotesi, unicamente l'illiceità del fatto generatore del danno arrecato a terzi, si rientra nello schema dell'azione generale di risarcimento danni di cui all'articolo 2043 del codice civile e specificamente, per quanto concerne il danno alla salute, nello schema del danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell'articolo 2059 cod. civ.».

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