Dieselgate, l’omologazione CE non esonera il produttore dal risarcimento
Per la Corte Ue, causa C-666/23, l’omologazione concessa alla Volkswagen non significa che l’autorità nazionale abbia confermato la valutazione del costruttore automobilistico sulla liceità dell’impianto
Un costruttore automobilistico non può far valere l’esistenza di un’omologazione CE per esimersi dalla propria responsabilità per un impianto di manipolazione illecito. Lo ha stabilito la Corte di giustizia Ue nella causa C-666/23 relativa alla Volkswagen.
Due acquirenti di veicoli diesel del costruttore automobilistico Volkswagen hanno chiesto dinanzi a un giudice tedesco un risarcimento danni alla Volkswagen per il fatto che tali veicoli erano muniti di un impianto di manipolazione asseritamente illecito. Si tratta di un software comunemente chiamato «intervallo termico» volto a ridurre il tasso di ricircolo dei gas di scarico a partire da una temperatura ambiente di 10º C. Ciò ha la conseguenza di far aumentare le emissioni di ossido di azoto. In uno dei due veicoli tale software era installato fin dall’origine, mentre nell’altro era stato installato in occasione di un aggiornamento del software del veicolo.
Tenuto conto degli argomenti sollevati dalla Volkswagen, da un lato, e della sentenza della Corte federale tedesca di giustizia del 26 giugno 2023, dall’altro, secondo la quale un costruttore automobilistico può invocare, come causa di esonero dalla sua responsabilità, l’esistenza di un errore inevitabile circa l’illiceità di un impianto di manipolazione, il giudice ha sottoposto alla Corte di giustizia diverse questioni.
In primo luogo, la Corte risponde che un costruttore automobilistico non può esimersi dalla propria responsabilità per un impianto di manipolazione illecito per il fatto che il tipo di veicolo o di impianto stesso sia stato omologato dall’autorità nazionale competente. Infatti, l’omologazione CE non significa necessariamente che l’autorità nazionale competente abbia confermato la valutazione del costruttore automobilistico circa l’asserita liceità dell’impianto.
In secondo luogo, la Corte precisa che la responsabilità del costruttore automobilistico si applica sia nel caso in cui l’impianto di manipolazione illecito sia stato installato nella fase di produzione del veicolo sia quando è stato installato successivamente.
In terzo luogo, il diritto dell’Unione non osta, in linea di principio, a che dall’importo del risarcimento dovuto all’acquirente di un veicolo munito di un impianto di manipolazione illecito, che abbia subito un danno causato da tale impianto, sia dedotto un importo corrispondente al beneficio derivante dall’uso del veicolo. Esso non osta neppure, in linea di principio, a che tale risarcimento sia limitato a un importo corrispondente al 15% del prezzo di acquisto del veicolo.
Pertanto, spetta al giudice investito della controversia verificare se l’imputazione del beneficio e la limitazione di cui si tratta consentano di garantire un risarcimento adeguato.