Penale

Immobili, la vendita assistita da professionsti che non rilevano il vizio esclude la truffa

La responsabilità penale del venditore va provata dalla sussistenza di artifici e raggiri mirati a indurre in errore l’acquirente su difformità che non emergono neanche dalla piantina catastale e dalla perizia di terzi professionisti

Real Estate agent showing a contract signature with customer to making a valuation deal

di Paola Rossi

Al fine di poter contestare il reato di truffa va provata non solo la consapevolezza, ma anche il raggiro messo in atto dal venditore al fine di trarre in inganno il compratore, ad esempio, sulla circostanza che parte della superficie immobiliare oggetto della compravendita non potesse essere oggetto di trasferimento in quanto appartenente al condominio.

La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 36165/2024 - ha confermato l’assoluzione dei venditori dal reato di truffa loro ascritto in quanto non ha ritenuto compiutamente provata la loro responsabità penale in base ad alcune risultanze di fatto che escluderebbero l’elemento soggettivo del dolo. In particolare, la mancata indicazione nella piantina catastale dell’assenza di un diritto di proprietà sulla veranda venduta unitamente all’immobile è dato che non può portare ad affermare l’esistenza della truffa, anche a fronte di una condotta silente su vicende pregresse relative al bene venduto. Il dato catastale - tra l’altro - non veniva sconfermato né dal notaio né dai periti che avevano curato la compravendita.

Testualmente la Suprema Corte esclude che sia stata fornita prova del comportamento truffaldino degli imputati in quanto la vicenda contrattuale aveva visto coinvolti professionisti terzi che nulla avevano rilevato di difforme rispetto all’atto di compravendita dove includeva nella superficie del bene anche la veranda, che in realtà era stata in tempi passati oggetto di contenzioso tra il condominio e i precdenti proprietari dell’immobile. I venditori avevano in effetti messo a disposizione, dell’altro contraente e delle figure professionali che assistevano la vendita, anche il regolamento condominiale e altri atti da cui non era emersa l’assenza di un vero diritto di proprietà su tale porzione dell’immobile. Nella realtà i venditori non erano mai stati proprietari della veranda, ma non era emersa la volontà di indurre in errore il compratore attraverso la messa in opera di artifici e raggiri ai suoi danni.

Scrive infatti la Cassazione confermando l’assoluzione degli imputati che va ritenuto quantomeno dubbio che la mancata emersione della difformità della situazione giuridica della veranda rispetto a quanto indicato nell’atto, nel corso delle trattative e degli accertamenti effettuati da professionisti incaricati...possa essere frutto di azioni od omissioni integranti artifici e raggiri posti in essere dai venditori”.

In conclusione, quindi, il solo ipotizzato silenzio serbato dai venditori sulle vicende contenziose che avevano riguardato la veranda non integra il dolo della truffa.

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