Inammissibile il ricorso per Cassazione se manca il deposito del mandato a impugnare per l’assente
La domanda di sostituzione della pena detentiva in appello deve essere fatta coi motivi e non in sede di conclusioni
La Corte di cassazione penale assume due pronunce in tema di applicabilità, ai procedimenti pendenti alla data della sua entrata in vigore, dei nuovi regimi introdotti dalla riforma Cartabia per quanto riguarda il processo in assenza davanti alla Corte di cassazione e la richiesta di pene sostitutive in appello.
Processo in assenza
Si applica anche al giudizio di cassazione la previsione della riforma Cartabia sulle impugnazioni da parte dell’imputato condannato in assenza. In particolare l’atto di impugnazione va corredato dal mandato specifico a impugnare e dall’elezione di domicilio per la notificazione degli atti introduttivi del giudizio. La Corte di cassazione - con la sentenza n. 41309/2023 – ha difatti affermato l’applicabilità del comma 1 quater dell’articolo 581 del Codice di procedura penale al giudizio di legittimità, anche se la norma si riferisce espressamente alla notificazione dell’atto di citazione in giudizio. Citazione che sussite nel giudizio di appello, ma non in quello di cassazione.
Ma, secondo la sentenza, tale lettura ampliata al giudizio di legittimità si fonda sull’intima finalità del nuovo giudizio in assenza: mira a evitare processi in casi dubbi di consapevole conoscenza del processso da parte dell’imputato che vi si sottrae e la conseguente rescissione del giudicato da cui deriva un inutile dispendio di tempi e risorse della macchina della giustizia.
La Cassazione proclama come presupposto di ammissibilità del ricorso per cassazione il deposito dello specifico mandato difensivo a impugnare e la necessaria contestuale elezione di domicilio per l’effettuazione delle notifiche. E lo fa superando il dato testuale della norma, che appare riferirsi per tali adempimenti al solo processo in appello, visto il richiamo all’atto di citazione in giudizio.
Lo sforzo ermeneutico della sentenza e il suo approdo si fondano sulla doverosa lettura della legge delega sul punto e sulle osservazioni della Commissione Lattanzi per gli emendamenti governativi del decreto delegato. Da tale lettura emerge, ad avviso della Cassazione, la finalità unitaria per entrambe le impugnazioni di secondo e terzo grado di evitare un processo a rischio di rescissione del giudcato.
Pene sostitutive
L’applicazione ampliata delle pene sostitutive come prevista dalla riforma Cartabia è spendibile anche nel processo di appello, ma l’impugnazione deve contenere tra i motivi tale richiesta di sostituzione in caso di conferma della condanna. Non è cioè validamente introdotta la domanda di applicazione della pena sostitutiva se proposta solo all’atto delle conclusioni.
Così la Corte di cassazione – con la sentenza n. 41313/2023 – ha confermato l’applicabilità della nuova riforma sulle pene sostitutive anche ai processi ancora pendenti una volta che la condanna sia impugnata in appello. Infatti, come ammette lo stesso procuratore ricorrente, è fuor di dubbio che in nome del favor rei la disciplina sia applicabile alle impugnazioni introdotte dopo l’entrata in vigore della riforma. Ma lo stesso ricorso accolto fa rilevare che ciò non consente di evitare l’applicazione anche di tutte le norme della riforma che governano il giudizio di appello e quindi la necessità che il perimetro del giudizio di appello risulti esattamente definito dai motivi introduttivi del ricorso senza possibilità di ampliamenti successivi come nel caso della presentazione della richiesta solo all’atto delle conclusioni.