Incentivazione dell’utilizzo in Italia del flusso di risparmio, servono regole semplici, snelle e stabili nel tempo
Qualsivoglia situazione di incertezza, poca chiarezza regolamentare, turbolenza dei mercati finanziari o eccessivo peso fiscale dirotta in via automatica i flussi del risparmio su sistemi considerati più stabili, sicuri o fiscalmente efficienti
Per l’incentivazione dell’utilizzo in Italia del flusso di risparmio, il punto chiave è regole semplici, snelle e stabili nel tempo. Inoltre l’attività di asset management, analisi e gestione attiva deve essere condotta dall’Italia, in un contesto regolamentare lineare.
Qualsivoglia situazione di incertezza, poca chiarezza regolamentare, turbolenza dei mercati finanziari o eccessivo peso fiscale dirotta in via automatica i flussi del risparmio su sistemi considerati più stabili, sicuri o fiscalmente efficienti, o che con una attenta politica di marketing si presentino tali.
L’esperienza dei PIR in Italia è sintomatica: introdotti con la Legge 232/2016 (Legge di bilancio 2017), con l’obiettivo di incrementare l’investimento in società PMI italiane, sono stati modificati con la Legge 145/2018 (Legge di bilancio 2019).
Questo ha comportato l’imposizione di nuovi obblighi di investimento e vincoli, irrigidendone l’utilizzo e la complessità nella gestione. Il tutto ha in parte inaridito il mercato che, successivamente, nonostante ulteriori modifiche alla disciplina dei PIR col D. L. 34/2020, convertito con modificazioni dalla Legge 77/2020, e l’eliminazione dei nuovi vincoli precedentemente introdotti, non è riuscito a replicare il successo iniziale. La norma, così come introdotta in un primo momento, doveva essere lasciata tale. Regole stabili sono quelle che permangono per almeno un decennio o anche un ventennio, con l’avvicendamento di più Governi di diverso colore politico.
Il sistema bancario italiano è un ottimo canale di raccolta capillare del risparmio. Lavorando in modo più puntale, una maggior quantità di flussi potrebbe essere mantenuta/attratta in Italia. Per fare ciò, l’asset management e l’attività di gestione attiva devono essere interamente condotte e baricentrate sull’Italia. Quindi, non un enorme sistema di distribuzione di prodotti finanziari perlopiù di produzione estera, in cui l’Italia è un mero bacino di raccolta del risparmio, ma un sistema che riesca ad esprimere campioni nella gestione, che attraggano anche distribuzione dall’estero. Lo stesso vale per le imprese di assicurazioni.
Il ruolo del Governo e delle istituzioni dovrebbe essere quello di eliminare storture competitive a livello normativo, regolamentare e fiscale italiano, per rendere il prodotto italiano altamente competitivo a livello domestico, dell’UE ed internazionale. Il tema riguarda anche il trattamento fiscale in Italia di prodotti finanziari e di prodotti finanziari assicurativi nel ramo vita, potenzialmente appetibili e competitivi anche a livello europeo, con sottostante costituito da azioni di aziende produttive italiane, i cui detentori possano essere cd. “lordisti”, vale a dire non tassati né su maturato, né su realizzato.
Prodotti esteri, realizzati fuori dall’Italia, non hanno necessariamente come focus in primis il mondo produttivo italiano, e non sono in grado di intercettare realtà produttive aziendali di dimensioni contenute: una soglia dimensionale minima di una certa rilevanza per azienda, ne rappresenta l’ostacolo.
In generale, cercare di ambire a redimenti più che soddisfacenti parametrandoli ai concorrenti europei o internazionali, investendo sul tessuto produttivo italiano, deve essere l’obiettivo. Un approccio più coraggioso nel puntare anzitutto ad avere un primato a livello internazionale sugli obiettivi di rendita, retrocedendoli quindi in larga parte al detentore finale di questi prodotti, sarebbe l’approccio migliore.
Per fare ciò la gestione attiva – e quindi la fabbricazione del prodotto finanziario - deve essere polarizzata sull’Italia, con un attento focus sul suo sistema produttivo, le cui caratteristiche e peculiarità quanto alle realtà aziendali di dimensioni minori, ma con solidi numeri, ne sono l’essenza. Il processo di ricerca, analisi, sviluppo e produzione del prodotto deve muovere dall’Italia, e non viceversa in uno schema in cui l’investitore italiano è l‘ultimo tassello di una catena del valore a più livelli, che parte dagli Stati Uniti, Regno Unito, Irlanda, Svizzera o Lussemburgo, per chiudersi nella distribuzione in Italia.
L’obiettivo dovrebbe essere un regime regolamentare snello e chiaro, non ultra-articolato, che porti ad un’attività di back office per l’intermediario finanziario, banca, o assicurazione puntuale, ma snella e lineare, senza sovraccarichi di reportistica. Questo aspetto forse permetterebbe anche di superare il tema della cronica scarsità di investitori istituzionali in Italia, che tuttavia richiede un approfondimento a sé.
Avere un primato nella gestione attiva e nel rendimento, con allocazione di risorse dell’intermediario sulla gestione ed analisi di prodotti finanziari che investono sul sistema produttivo italiano dovrebbe essere una priorità. Un approccio radicale in tale senso aiuterebbe ad attrarre consistenti flussi di risparmio raccolti dal sistema bancario italiano, per concentrali anche sull’economia reale del Paese.
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*Marco Lantelme, BSVA Studio Legale Associato