Civile

Incidente mortale, il mancato utilizzo del casco non prova il concorso di colpa

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di Andrea Alberto Moramarco

Indossare il casco, si sa, può salvare i conducenti di veicoli a due ruote dall'esito mortale di un incidente. Non è detto, però, che il suo mancato utilizzo possa essere valutato come un comportamento colposo del motociclista nel verificarsi dell'evento letale. Questo è quanto emerge dalla sentenza 42/2015 della Corte d'appello di Taranto.

I fatti - La controversia trae origine da un sinistro che ha visto coinvolti un motociclo e un'autovettura, con il conducente di quest'ultima che, messosi alla guida dopo aver assunto sostanze alcoliche, non si era accorto di una curva andando ad impattare ad una velocità elevata con il conducente del veicolo a due ruote, che transitava sul lato opposto della strada. In seguito all'incidente, il motociclista perdeva la vita e il guidatore dell'autovettura veniva condannato per omicidio colposo in sede penale.
I familiari del ragazzo chiedevano a questo punto il risarcimento del danno in sede civile, mentre il responsabile del sinistro riteneva che nella quantificazione del danno dovesse essere presa in considerazione la circostanza del mancato utilizzo del casco da parte del motociclista. Per l'automobilista, in sostanza, l'evento letale non si sarebbe verificato se il motociclista avesse indossato il casco.

Il concorso di colpa va provato - La questione arriva all'attenzione dei giudici d'appello che confermano quanto già stabilito in primo grado: il mancato utilizzo del casco non consente di affermare che l'evento morte non si sarebbe verificato. La Corte spiega che il non aver indossato il casco non può essere di per sé considerato una concausa dell'evento-morte. I giudici ricordano che l'articolo 1227 del codice civile, che disciplina il concorso di colpa anche per la responsabilità extracontrattuale per via del richiamo dell'articolo 2056 del Cc, «distingue l'ipotesi in cui il fatto colposo del creditore o del danneggiato abbia concorso al verificarsi del danno (comma primo), da quella in cui il comportamento dei medesimi ne abbia prodotto soltanto un aggravamento senza contribuire alla sua produzione (secondo comma). Solo la situazione contemplata nel secondo comma costituisce oggetto di una eccezione in senso stretto; nel primo caso, invece, il giudice di merito deve d'ufficio verificare, sulla base delle prove acquisite, se il danneggiato abbia o no concorso a determinare il danno». Ciò detto, «costituisce onere probatorio del danneggiante dimostrare che il danno sia stato prodotto, pur se in parte, anche dal comportamento del danneggiato (art. 1227 cod. civ., primo comma) ovvero che il danno sia stato ulteriormente aggravato da quest'ultimo (art. 1227 c.c., secondo comma)».
Nel caso di specie, il responsabile del sinistro non aveva fornito nessuna prova adeguata sulla circostanza che il danno sia stato aggravato dal mancato utilizzo del casco, dovendosi, anzi, ritenere dall'elevata velocità e dalla brutalità dell'impatto che anche l'utilizzo del casco non avrebbe impedito la morte del motociclista.

Corte d'Appello di Taranto - Sezione civile - Sentenza 19 gennaio 2015 n. 42

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