Amministrativo

Incremento dei prezzi nelle more tra l'aggiudicazione della gara e sottoscrizione del contratto di appalto

Nota a sentenza Consiglio di Stato, sez. IV, 31 ottobre 2022, n. 9426

di Andrea De Bonis *

Non può essere accolta e può comportare la revoca dell'aggiudicazione l'istanza di revisione dei prezzi offerti in gara presentata dall'operatore economico prima della sottoscrizione del contratto di appalto

IL FATTO

Un Comune ha bandito, nel giugno 2018, una procedura aperta per l'affidamento dei servizi integrati di igiene urbana nel territorio comunale per la durata di cinque anni. Alla gara partecipavano solo due concorrenti e l'appalto veniva aggiudicato in favore della ATI prima classificata in data 30 novembre 2018. ( Consiglio di Stato, sez. IV, 31 ottobre 2022, n. 9426).

La ditta seconda classificata – gestore uscente del servizio – ha impugnato l'esito della procedura. Il contenzioso si è concluso con l'annullamento della iniziale aggiudicazione in forza della sentenza del Consiglio di Stato n.1212 del 17 febbraio 2020.

Per l'effetto, l'appalto è stato aggiudicato alla seconda classificata con determina del 4 agosto 2020 con la quale veniva indicata, per l'avvio del servizio, la data del 1° ottobre 2020 e veniva disposta, nelle more, la proroga del servizio in capo alla medesima impresa, quale gestore uscente.

Il capitolato speciale della gara vinta dalla società ricorrente ha previsto una clausola del seguente tenore: "Ai costi unitari delle singole voci dell'Offerta Economica presentata in sede di gara sarà applicato a partire dal secondo anno dalla data di sottoscrizione del verbale di consegna dell'Appalto, l'indice ISTAT dei prezzi per famiglie di operai e lavoratori con base all'anno e mese dell'avvio dei servizi. Non sono soggetti a revisione i costi unitari afferenti lo smaltimento e trattamento rifiuti a carico di I.A."

In tale contesto, con comunicazione del 14 agosto 2020 integrata da successiva comunicazione del 29 settembre 2020, l'aggiudicataria ha rappresentato all'amministrazione appaltante la necessità di provvedere ad una revisione dei prezzi offerti in gara, ai sensi dell'art. 106 del d. lgs. n.50/2016, al fine di riequilibrare l'aumento dei costi di smaltimento e la parallela diminuzione degli introiti derivanti dalla collocazione delle frazioni non differenziabili, intervenuti nel periodo intercorrente tra l'indizione della gara (giugno 2018) e la successiva aggiudicazione della stessa alla richiedente (agosto 2020). Lamentava la ditta aggiudicataria "la vera e propria esplosione registrata nel biennio 2019-2020 dei costi di smaltimento dei rifiuti", arrivata nel novembre del 2019 ad un "incremento medio di oltre il 40%" sui valori precedenti, e nel contempo "il brusco crollo degli introiti da vendita delle frazioni di rifiuti utili, prima cedibili a terzi, spesso esteri"; circostanze, a dire della ricorrente, entrambe imprevedibili alla data di formulazione dell'offerta e tali da sconvolgere il piano economico di esecuzione contrattuale, implicando a carico del gestore "una perdita secca di € 200.000,00 annui, id est € 1.000.000,00 nel quinquennio contrattuale", con conseguente indebito arricchimento dell'amministrazione comunale. Di qui l'asserita oggettiva necessità di riequilibrare le condizioni economiche del servizio alla luce di quanto previsto dall'art. 106 c.1 lett. c) d. lgs 50/2016.

Ne è seguito un articolato contraddittorio tra le parti e all'esito il Comune, in data 27 novembre 2020, ha definitivamente respinto l'istanza della richiedente, invitandola in via ultimativa alla stipula del contratto per il giorno 30 novembre 2020 (successivamente prorogato all'11 dicembre 2020), ribadendo l'avviso che, in caso contrario, avrebbe acquistato efficacia definitiva la revoca dell'aggiudicazione già disposta (in via condizionata).

In data 11 dicembre 2020 le parti hanno stipulato il contratto, ma con la contestuale riserva dell'aggiudicataria – contenuta in separata nota – di agire giudizialmente per la tutela dei propri diritti.

IL RICORSO E LA SENTENZA DEL TAR

La ricorrente principale, in primo grado, ha impugnato i provvedimenti di interesse, chiedendone l'annullamento nella parte in cui recavano il rigetto dell'istanza di adeguamento delle condizioni economiche dell'offerta; chiedeva altresì la declaratoria di nullità parziale, ovvero in subordine l'annullamento parziale, del contratto di appalto sottoscritto con riguardo alle clausole prezzo, nonché la condanna dell'amministrazione intimata a prendere posizione sulla richiesta di adeguamento del prezzo formulata e al risarcimento dei danni asseritamente sofferti dalla stessa medesima a causa dei provvedimenti e dei comportamenti dell'Amministrazione comunale.

A fondamento delle proprie deduzioni, l'aggiudicataria lamentava nel ricorso di primo grado, in punto di diritto:

I) la violazione dei principi di cui all'art. 178 del d. lgs. n. 152/2006, in quanto è fatto carico alle pubbliche amministrazioni di garantire, nel pubblico interesse, che le attività pertinenti al ciclo dei rifiuti siano sempre svolte in condizioni di "sostenibilità" e di "fattibilità tecnica ed economica";

II) la violazione dell'art. 106 comma 1 lett. c) del d. lgs. n.50/2016 (il quale prevede la possibilità che i contratti di appalto possano essere modificati nel caso in cui la necessità di modifica sia determinata da circostanze impreviste e imprevedibili) in quanto il provvedimento di diniego avrebbe erroneamente ricondotto l'istanza della ricorrente alla fattispecie di cui alla lettera a) dell'art.106 comma 1 d. lgs. 50/2016 e in quanto il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo nella parte in cui ha ritenuto che lo strumento di cui all'art. 106 comma 1 lett. c) sia utilizzabile soltanto in presenza di un contratto in corso, e non in presenza di un contratto non ancora stipulato;

III) l'accertamento e la declaratoria della nullità parziale del contratto ex artt.1325 c. 1 n. 1 e 1339 e 1419 cc. limitatamente alla clausola prezzo, in quanto asseritamente estorta dall'amministrazione attraverso il rifiuto di attivare il riequilibrio contrattuale di cui all'art. 106 d. lgs. 50/2016 e di revocare l'aggiudicazione, e quindi sottoscritta in assenza dell'elemento essenziale costituito dall'accordo delle parti di cui all'art. 1325 comma 1 n. 1 c.c.; in subordine, l'annullamento del contratto limitatamente alla clausola prezzo ex artt. 1427, 1434,1435 e 1436 cc. perché affetto da vizio della volontà, sub specie di "violenza" (psichica) esercitata dall'amministrazione sulla ricorrente attraverso il proprio comportamento e la minaccia di addivenire, in caso di rifiuto, alla revoca dell'aggiudicazione e all'escussione della garanzia fideiussoria,

Il Tar ha rigettato il ricorso in primo grado in quanto ha ritenuto che la legge di gara escludesse espressamente e legittimamente la revisione del prezzo in caso di aumento dei costi afferenti allo smaltimento ed al trasporto dei rifiuti, in tal senso vincolando sia la stazione appaltante sia gli stessi concorrenti, anche alla luce del disciplinare di gara (secondo cui il concorrente ha accettato senza condizione o riserva alcuna tutte le norme e disposizioni contenute nella documentazione gara).

Il Giudice di prime cure ha evidenziato che l'istanza di revisione del prezzo è stata formulata dall'impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto, ossia in un momento in cui, non essendo ancora in essere alcun rapporto contrattuale, non era giuridicamente ipotizzabile né ammissibile alcuna ipotesi di revisione del prezzo, che per sua natura presuppone un contratto (ad esecuzione continuata e periodica) già in corso.

Il Tar ha ritenuto:

I) inammissibile l'argomento con cui è stata contestata la violazione del combinato disposto degli artt. 177 e 178 d. lgs. n. 152/2006, dal momento che tale censura avrebbe dovuto essere formulata (tempestivamente) nei confronti della previsione escludente della legge di gara anziché nei confronti dei provvedimenti di diniego impugnati;

II) infondata la pretesa della parte ricorrente di individuare la base giuridica della propria istanza sulla lettera c) dell'art. 106 comma 1 d. lgs. 50/2016, la quale disciplina un'ipotesi diversa da quella della revisione dei prezzi. Nel caso esaminato, la domanda formulata dalla parte ricorrente all'amministrazione comunale ha riguardato l'adeguamento del prezzo dell'appalto ad asseriti aumenti dei costi del servizio di smaltimento e trattamento rifiuti. L'art. 106, lett. c) del Codice dei contratti, disciplina i casi in cui, nel corso di svolgimento del rapporto contrattuale, si renda necessario, per circostanze impreviste e imprevedibili, modificare "l'oggetto del contratto" attraverso "varianti incorso d'opera", ossia "modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale". Con la conseguenza che la norma in parola non trova applicazione nel caso di adeguamento del prezzo dell'appalto in ragione dell'aumento del costo del servizio, domanda da inquadrarsi nella previsione di cui alla lettera a) dell'art. 106 comma 1, secondo cui le modifiche ai contratti di appalto devono essere previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi.

III) Ha respinto le respinte le domande di carattere civilistico proposte dalla parte ricorrente in sede di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, concernenti l'accertamento della nullità del contratto stipulato per la mancanza dell'accordo delle parti, ovvero di annullamento del medesimo perché sottoscritto sotto l'influenza di violenza psichica asseritamente esercitata dall'Amministrazione sull'impresa appaltatrice. Il Tar ha ritenuto sufficiente osservare che la piena legittimità del comportamento e degli atti adottati dall'amministrazione comunale nella vicenda in esame, alla luce di quanto sopra esposto, priva di ogni fondamento le domande in questione.

L'APPELLO

Ha interposto appello l'originaria ricorrente, gravando la sentenza di primo grado, tra le altre, per le seguenti ragioni:

- i provvedimenti impugnati sarebbero, in generale, contrari all'assetto normativo risultante dal combinato disposto degli artt. 177 e 178 d.lgs. n. 152/2006, i quali sanciscono l'obbligo delle pubbliche amministrazioni di favorire la sostenibilità e la fattibilità tecnico-economica delle prestazioni afferenti al ciclo dei rifiuti.

- la richiesta modifica del corrispettivo del contratto andrebbe correttamente inquadrata nell'ambito dell'art. 106, comma 1, lett. c). In ragione dell'istanza proposta, la fattispecie andrebbe ricondotta all'ipotesi della "lettera c)" dell'art. 106 del Codice dei contratti e, dunque, non troverebbe applicazione la clausola del disciplinare di gara che escluderebbe la revisione del corrispettivo contrattuale.

- riqualificata la domanda di parte riconducendola all'ipotesi dell'art. 106, lett. c (e non lett. a come fatto dal TAR) sussistono i presupposti per l'applicazione di questa disposizione.La società ha riproposto, infine, i motivi di ricorso già articolati in primo grado.

I PRINCIPI DI DIRITTO

Sulla giurisdizione

Sulle controversie in esame la giurisprudenza amministrativa ha affermato sussistere la giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133 lett. e) n. 2 c.p.a., che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie "relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo procedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata e periodica, nell'ipotesi di cui all'art. 115 del decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell'adeguamento prezzi ai sensi dell'articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto.

E' stato anche evidenziato (cfr. Cons. di Stato, Sez. V, 27.10.2021, n. 7217) che la fattispecie formativa del contratto pubblico si articola nella fase pubblicistica di svolgimento della procedura (nella quale la giurisdizione è di spettanza del giudice amministrativo) e nella fase prettamente esecutiva, successiva alla stipulazione del contratto, che è di competenza del giudice ordinario, senza tuttavia che sia data autonoma rilevanza al momento di passaggio tra l'uno e l'altro dei due poli intorno ai quali si dipana la dinamica dell'affidamento dei contratti pubblici.

Le numerose modifiche normative (cfr., in particolare, la complessiva disciplina di cui all'art. art. 32 del D. Lgs. n. 50 del 2016) hanno delineato, con sempre maggiore chiarezza, la presenza di uno "spazio giuridico interinale che segue l'aggiudicazione e precede il contratto", nel quale possono trovare espressione poteri pubblicistici di controllo e di eventuale autotutela, in senso lato, della stazione appaltante.

In questo spazio, pertanto, da un punto di vista sistematico vanno reputate controversie "relative a procedure di affidamento" ad evidenza pubblica ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. e), n. 1) c.p.a - perciò riservate alla giurisdizione esclusiva - anche "quelle che attengono ad atti che, pur collocandosi dopo l'aggiudicazione, riguardano comunque la procedura di affidamento, nel senso che ne determinano le sorti o incidono sull'individuazione del contraente e comunque sono originate dall'adozione o dalla caducazione di provvedimenti amministrativi" (così Cons. di Stato, sent. n. 7217/2021 cit.), quali le richieste di adeguamento dei prezzi presentate dopo l'aggiudicazione e prima della sottoscrizione del contratto (cfr. Tar Valle D'Aosta, Sez. Unica, 29.07.2022 n. 40).

Sull'art. 106 del Codice dei contratti

L'art. 106, comma 1, prevede, per quel è in rilievo, che: "[…]. I contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti:

a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili, che possono comprendere clausole di revisione dei prezzi. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate, facendo riferimento alle variazioni dei prezzi e dei costi standard, ove definiti. Esse non apportano modifiche che avrebbero l'effetto di alterare la natura generale del contratto o dell'accordo quadro. Per i contratti relativi ai lavori, le variazioni di prezzo in aumento o in diminuzione possono essere valutate, sulla base dei prezzari di cui all'articolo 23, comma 7, solo per l'eccedenza rispetto al dieci per cento rispetto al prezzo originario e comunque in misura pari alla metà. Per i contratti relativi a servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 208;

[…]

c) ove siano soddisfatte tutte le seguenti condizioni, fatto salvo quanto previsto per gli appalti nei settori ordinari dal comma 7:

1) la necessità di modifica è determinata da circostanze impreviste e imprevedibili per l'amministrazione aggiudicatrice o per l'ente aggiudicatore. In tali casi le modifiche all'oggetto del contratto assumono la denominazione di varianti in corso d'opera.

Tra le predette circostanze può rientrare anche la sopravvenienza di nuove disposizioni legislative o regolamentari o provvedimenti di autorità od enti preposti alla tutela di interessi rilevanti;

2) la modifica non altera la natura generale del contratto;".

La lettera a) del riportato articolo prende in esame e disciplina le "variazioni dei prezzi e dei costi standard"; la lettera c) fa testuale ed espresso riferimento a quelle "modifiche dell'oggetto del contratto" che si correlano alle "varianti in corso d'opera".

Le modifiche dell'oggetto del contratto, che si correlano alle varianti in corso d'opera, sono quelle modifiche che riguardano l'oggetto del contratto sul versante dei lavori da eseguire (arg. da Cons. Stato Sez. II, 28 agosto 2020, n. 5288; Sez. V, 02 agosto 2019, n. 5505; Sez. VI, 19 giugno 2017, n. 2969; ma, in linea generale, ritiene la sentenza in commento, che nulla preclude di riferire la disciplina in questione anche alle forniture da erogare o ai servizi da svolgere).

Le modifiche previste dall'art. 106, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 sono riferite ai "contratti", dal che può dedursi che il contratto debba essere stato già stipulato, perché se ne possa prospettare una sua modifica.

Sulla modifica delle condizioni contrattuali prima della stipulazione del contratto.Le previsioni della lex specialis sono auto-vincolo dell'azione amministrativa e non possono, quindi, derogarsi obliterando la par condicio tra i vari contendenti che partecipano alla gara (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 2.3.2021, n. 1788). Con la conseguenza che le previsioni imposte dalla documentazione di gara, che risultano chiare nel prevedere l'impossibilità di adeguamento dei prezzi, avvertono i partecipanti alla gara della circostanza che l'alea del contratto ricade necessariamente sugli stessi operatori.

È onere del concorrente porre la diligenza richiesta ad un operatore qualificato, da ritenersi munito delle capacità per stimare la convenienza nel partecipare ad una determinata gara, al fine di formulare l'offerta. La pretesa alla rimodulazione dei corrispettivi prima della stipula del contratto (e, quindi, in una fase differente dall'esecuzione) altera il confronto tra gli operatori finendo per "premiare" il concorrente che indica il prezzo maggiormente competitivo (anche senza quella necessaria prudenza che si richiede ad un soggetto qualificato e da tempo operante nel mercato), salvo poi predicare la insostenibilità delle condizioni originarie del contratto, determinate anche in ragione delle proprie offerte (cfr. Tar Lombardia Milano, Sez. II, 10.06.2022, n.1343).

L'istanza di revisione del prezzo, formulata dall'impresa aggiudicataria prima della stipulazione del contratto, non è supportata da alcuna previsione legale in quanto effettuata in un momento in cui, non essendo ancora in essere alcun rapporto contrattuale, non è giuridicamente ipotizzabile né ammissibile alcuna ipotesi di revisione del prezzo (cfr. T.A.R. Lombardia – Brescia - sez. I - sent. 10 marzo 2022, n. 232).

Le mutate condizioni del mercato che rendano non remunerativa l'offerta possono legittimare, in presenza delle condizioni di legge, un legittimo ritiro dell'operatore dalla gara o la non accettazione della stipula ma non supportare la pretesa ad ottenere la commessa a prezzi differenti e senza riapertura di un nuovo dialogo competitivo. È stato infatti affermato che, nell'ambito delle gare pubbliche, la sopravvenuta scadenza del termine per la sottoscrizione del contratto di appalto o di concessione (termine stabilito dal bando ovvero, in mancanza di previsioni ad hoc, dall'art. 32 comma 8, del D. Lgs. n. 50/2016) determina, in capo all'aggiudicatario, la possibilità di disimpegnarsi da ogni vincolo negoziale senza incorrere in alcuna sanzione, ovvero di "confermare" anche tacitamente l'offerta stessa, accettando la stipula contrattuale; non sussiste, invece, alcun obbligo per l'Amministrazione di rivalutare l'offerta a suo tempo presentata dall'aggiudicatario mediante rinegoziazioni e/o adeguamenti di sorta, in contesti peraltro caratterizzati dal formalismo dell'evidenza pubblica e dalla conseguente cristallizzazione degli esiti della gara ormai ultimata (cfr. TAR Puglia, Sez. II, 7.3.2022 n. 379 che richiama Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 giugno 2010, n. 4019 e TAR Abruzzo, Sez. I, 31 maggio 2011, n. 299).

La giurisprudenza ha ritenuto che la "riserva" apposta dall'impresa in separato documento collegato al contratto di appalto sottoscritto costituisce, nella fase pre-negoziale in cui interviene, una proposta contrattuale con contenuti diversi e autonomi rispetto a quelli previsti nello schema di contratto allegato alla documentazione di gara. È quindi qualificabile come una nuova proposta contrattuale, di fronte alla quale l'amministrazione è legittimata all'esercizio dei poteri di revoca dell'aggiudicazione. (cfr. Tar Valle D'Aosta, Sez. Unica, 29.07.2022 n. 40).

La revoca, essendo espressione del potere di autotutela in senso lato della stazione appaltante, non è preclusa dalla circostanza che l'aggiudicazione sia divenuta definitiva, come dimostra, sul piano normativo, l'art. 32, comma 8 del D. Lgs. n. 50 del 2016 e, sul piano interpretativo, la consolidata giurisprudenza amministrativa (cfr. TAR Sardegna, Sez. II, 4.03.2022, 154).

LA DECISIONE

Il Consiglio di Stato ha rigettato l'appello ed ha ritenuto che le modifiche dell'oggetto del contratto sul versante del corrispettivo che l'appaltatore va a trarre dall'esecuzione del contratto vadano sussunte nell'ambito della fattispecie di cui alla lettera a) dell'art. 106 del Codice dei contratti pubblici, che disciplina gli aspetti economici del contratto con testuale riferimento alle "variazioni dei prezzi e dei costi standard".

Ha ritenuto infondata l'istanza dell'appellante, in quanto le modifiche previste dall'art. 106, comma 1, d.lgs. n. 50/2016 sono riferite ai "contratti", dal che può dedursi che il contratto debba essere stato già stipulato, perché se ne possa prospettare una sua modifica. Nel caso di specie, la società istante ha domandato la modifica delle pattuizioni prima di procedere alla stipulazione del contratto.

I Giudici di Palazzo Spada hanno confermato le statuizioni di primo grado con le quali sono state rigettate la domanda di declaratoria di nullità parziale e quella di annullamento parziale della clausola contrattuale relativa al corrispettivo ed hanno ribadito la legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE E SPUNTI PRATICI

La sentenza in esame consolida l'orientamento giurisprudenziale per il quale gli incrementi dei costi per l'erogazione del servizio pubblico non costituiscono sopravvenienze tali da poter innescare – prima della conclusione del contratto - la revisione dei prezzi contenuti negli atti gara e cristallizzati dall'offerta dichiarata vincitrice.

Si deve, tuttavia, dare atto dell'esistenza di opposto orientamento che reputa legittimo che la stazione appaltante apportati alcune variazioni al contratto (nel caso specifico, di concessione) prima ancora della sua stipula, al fine di dare luogo ad adeguamenti economici che vanno a coprire l'aumento del costo delle materie prime e i cali di introito, al fine di conservare l'originario equilibrio economico del contratto messo a gara. (cfr. Tar Toscana Firenze, Sez. I, 25.02.2022, n.228)

Alla luce dell'orientamento giurisprudenziale rigoroso, a cui aderisce la sentenza in esame, occorre particolare prudenza nel presentare un'istanza di revisione dei prezzi nelle more tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto, ovvero nell'accettare con riserva il contratto: tali circostanze possono condurre alla revoca dell'aggiudicazione da parte della stazione appaltante per modifica dell'offerta ovvero illegittimo rifiuto della stipula del contratto da parte dell'operatore economico, con tutte le conseguenze di legge.

In considerazione del menzionato indirizzo giurisprudenziale, le forme di tutela azionabili da parte dell'impresa che, nell'attuale contesto di caro prezzi (certamente determinato dalla pandemia e da numerosi eventi internazionali tra cui la guerra in Ucraina), si ritrovi aggiudicataria di un contratto che escluda ogni ipotesi di revisione (tenuto conto che occorre verificare se gli incrementi prezzi eccezionali - sia nella fase della gara che nell'esecuzione del contratto - possano trovare rimedio nelle clausole revisionali, previste dal D. L. 4/2022, il cui art. 29, comma 1, lett b), che ha introdotto una deroga all'applicazione dell'art. 106, comma 1, lett. a), d. lgs. 50/2016) paiono prudenzialmente essere:

1) Tutela nelle more tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto

L'impresa aggiudicataria, laddove si verifichi un aumento insostenibile dei costi nelle more tra la presentazione dell'offerta e l'aggiudicazione dell'appalto, è tutelata con la possibilità di rifiutare la sottoscrizione del contratto, una volta cessata la vincolatività della propria offerta e comunque laddove ricorrano tutte le condizioni per un recesso legittimo.

L'impresa, per non soggiacere ad un rapporto contrattuale divenuto sperequato e antieconomico, può rifiutarsi legittimamente – in presenza di tutti i presupposti - di stipulare il contratto.

2) Tutela successiva alla stipula del contratto

In presenza di una espressa esclusione negli atti di gara di ogni ipotesi di revisione del prezzo, l'impresa appaltatrice che abbia sottoscritto il contratto, nel caso in cui si verifichi un aumento dei costi del servizio in grado di azzerare o comunque di comprometterne in modo rilevante la redditività nel corso del rapporto, ovvero qualora si verifichi un aumento imprevedibile del costo del servizio in grado di alterare il sinallagma contrattuale rendendo il contratto eccessivamente oneroso per l'appaltatore, può sempre esperire il rimedio civilistico di cui all'art. 1467 c.c., chiedendo la risoluzione del contratto di appalto per eccessiva onerosità sopravvenuta.

*a cura dell' avv. Andrea de Bonis – Studio Legale de Bonis – Partner24Ore Avvocati

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