Penale

Indebita compensazione per crediti inesistenti, il visto "leggero" non esime da responsabilità

Nota a Corte di Cassazione, Sez. III Penale, sentenza 20 gennaio 2023, n. 2351

di Paolo Comuzzi

Il tema dei crediti di imposta appare come un tema sempre molto complesso e quindi è importante evidenziare che la Corte di Cassazione, nella sentenza 20.1.2023 n. 2351 , parlando della compensazione (ovviamente indebita) di crediti inesistenti (che è fattispecie diversa rispetto a quella dei crediti non spettanti e qui siamo nel caso prevenduto dall'art. 10-quater del DLgs. 74/2000), ha precisato, tra l'altro, che:

1) ai fini del concorso nel delitto rileva anche l'apposizione del visto di conformità su dichiarazioni recanti crediti inesistenti destinati alle compensazioni; questa conclusione è stata raggiunta in quanto tale apposizione implica in ogni caso l'esecuzione dei controlli formali, anche qualora si tratti del c.d. visto leggero (art. 2 del DLgs. 164/99), che presuppone, comunque, il riscontro della corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze della documentazione e alle norme che disciplinano la deducibilità e detraibilità degli oneri, i crediti di imposta, lo scomputo delle ritenute di acconto;
2) in relazione alla circostanza aggravante di cui all'art. 13-bis co. 3 del DLgs. n. 74/2000, "l'elaborazione ... di modelli di evasione fiscale" può consistere in un'attività di svolgimento e di sviluppo, in concreto, di uno schema procedimentale di evasione fiscale, quale adesione ad un ben preciso modello comportamentale, sempre che tale attività sia svolta in modo seriale e ripetitivo, da un professionista o un intermediario finanziario o bancario, nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale, o in concorso con un soggetto dotato di una delle qualità sopra indicate (e qui la Cassazione cita anche un precedente ovvero Cass. n. 36212/2019 ).

In questa lunga decisione (sono ben 25 pagine) la Cassazione respinge le doglianze dell'imputato e quindi tratta in modo dettagliato il tema della competenza territoriale per il reato di indebita compensazione ed infine stabilisce in modo chiaro che "…In proposito, in particolare, si premette che il visto c.d. "leggero", a norma dell'art. 2 d.lgs. n. 164 del 1999, presuppone comunque il riscontro della corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze della documentazione e alle norme che disciplinano la deducibilità e detraibilità degli oneri, i crediti d'imposta, lo scomputo delle ritenute d'acconto.
Si precisa, poi, che tale controllo implica la verifica:
a) della regolare tenuta della contabilità ai fini delle imposte sui redditi e ai fini IVA;
b) della corrispondenza dei dati esposti in dichiarazione alle risultanze delle scritture contabiil e alla relativa documentazione di supporto;
c) della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alla documentazione prodotta dal contribuente nel caso del modello 730.
Si evidenzia, ancora, che, come chiarito anche dalla Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 57 del 23/12/2009 e dalla relativa Nota esplicativa del 31/01/2020, quest'ultima invocata ai fini dell'accertamento del dolo anche dalla difesa dell'imputato nel giudizio di appello, «per una corretta apposizione del visto di conformità il professionista abilitato deve verificare la sussistenza, in capo al contribuente, di una delle fattispecie idonee a generare l'eccedenza di imposta (check list): presenza di operazioni attive soggette ad aliquote più basse a quelle gravanti sugli acquisti e sulle importazioni; presenza di operazioni non imponibili; presenza di operazioni di acquisto o importazione di beni ammortizzabili; presenza di operazioni non soggette all'imposta; operazioni non imponibili effettuate da operatori agricoli» …".


La Cassazione non esita anche a fornire elementi pratici utili ai professionisti (tutti coloro che appongono visti) affermando che l'imputato aveva agito con poca diligenza ed infatti la Cassazione esplicita il punto dicendo che si deve evidenziare "… infine, con riferimento al caso specie, che: a) l'attuale ricorrente non ha regolarmente conservato alcuna copia delle scritture contabili delle società emittenti le fatture illecitamente portate in compensazione e per le quali aveva apposto il visto di conformità, ed è rimasta indimostrata la sua affermazione di aver consegnato tutta la indicata contabilità a [omissis], senza alcun verbale di consegna; b) non risulta agli atti alcuna operazione di check list come previsto dalla Circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 57 del 23/12/2009 e dalla relativa Nota esplicativa del 31/01/2020…".

La Corte poi chiarisce alcuni aspetti della circostanza aggravante ed in primis afferma che "…L'aggravante di cui all'art. 13-bis, comma 3, d.lgs. n. 74 del 2000, riguarda qualunque delitto di cui al titolo II del d.lgs. n. 74 del 2000, e quindi anche a quello di indebite compensazioni, e consiste nel fatto «commesso dal concorrente nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale svolta da un professionista o da un intermediario finanziario o bancario attraverso l'elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale». La giurisprudenza è concorde nel rilevare la necessità di un duplice presupposto, uno soggettivo, concernente la qualifica soggettiva dell'agente, e l'altro oggettivo, riguardante la tipologia della condotta contestata, nonché la necessità della serialità e ripetitività della stessa". (cfr., per tutte, Sez. 3, n. 36212 del 03/04/2019, Rv. 277831-01 e Sez. 3, n. 1999 del 14/11/2017, dep. 2018, Rv. 272713-01) …".

Con riferimento al termine elaborazione i supremi giudici rendono chiaro che il concetto secondo cui "… la nozione di «elaborazione», poi, appare definibile alla luce del linguaggio corrente. Secondo i dizionari della lingua italiana più diffusi, per «elaborazione» si intende, in particolare, «il dar forma a un determinato contenuto mediante un accurato procedimento di raccolta, di analisi e di distribuzione dei dati ad esso inerenti», mentre il termine «elaborare» indica «svolgere e sviluppare in modo conveniente o esauriente un'idea, un intuizione, oppure gli elementi raccolti intorno a un problema, a un argomento». Sembra perciò ragionevole concludere che «l'elaborazione [...] di modelli di evasione fiscale» può consistere in un'attività di svolgimento e di sviluppo, in concreto, di uno schema procedimentale di evasione fiscale, quale adesione ad un ben preciso modello comportamentale, sempre che tale attività sia svolta in modo seriale e ripetitivo, oltre che da un professionista o un intermediario finanziario o bancario nell'esercizio dell'attività di consulenza fiscale, o in concorso con un soggetto dotato di una delle qualità appena precisate …".

Nel caso di specie il professionista (abilitato all'esercizio della professione) aveva, in modo ripetuto, apposto visti su dichiarazioni di fatto false in quanto contenenti crediti inesistenti e forse pensava che la appostazione del mero visto leggero consentisse una "fuga" dalle sue responsabilità (penali e poi forse anche professionali) ma la Corte, con sentenza che si ritiene corretta, ha immediatamente bloccato il tentativo ed anzi ha affermato l'esistenza dell' aggravante.

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