Penale

Indebita percezione di erogazioni pubbliche se non viene comunicata la ragione ostativa

La Cassazione, sentenza n. 11969 depositata oggi, con riguardo ad un caso di indebita percezione di agevolazioni previdenziali per lavoratori in mobilità, ha anche chiarito che il reato deve considerarsi unitario in caso di percezioni periodiche

di Francesco Machina Grifeo

La mancata comunicazione dell’esistenza di una condizione ostativa alla riduzione dei contributi previdenziali dovuti dall’impresa per i lavoratori in mobilità fa scattare il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche, previsto dall’articolo 316-ter del Cp. Lo hanno chiarito le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 11969 depositata oggi aggiungendo che anche in caso di reiterate percezioni periodiche il reato deve considerarsi unitario, per cui la consumazione cessa con la percezione dell’ultimo contributo.

Nel caso concreto, la società ricorrente aveva beneficiato di riduzioni contributive per oltre 200 lavoratori in mobilità per un importo pari a circa 3,3 milioni di euro di risparmi, non dovuti in quanto “i rapporti di lavoro erano stati instaurati, ed erano poi proseguiti, alle dipendenze di imprese che, pur apparendo formalmente diverse, erano di fatto riconducibili l’una all’altra”. La società ricorrente aveva presentato la richiesta di agevolazione contributiva nell’ambito del P.O.R. Puglia 2000-2006 sulla base di documentazione che non chiariva il rispetto dei requisiti di legge. E proprio a causa di tale omissione, I’Inps ha ritenuto sussistenti i requisiti richiesti dalla legge, cosicché la società ricorrente, che aveva assunto la maggior parte della forza lavoro (proveniente dalla precedente s.p.a.), ha potuto fruire dei benefici previsti dalla legge 223 del ’91.

Al termine di una lunga dissertazione, la decisione è lunga 44 pagine, la Suprema corte ha dunque dato risposta affermativa alla prima questione sollevata dall’ordinanza di rimessione della VI Sezione (n. 27639/2024) e cioè se nell’ambito applicativo del reato di cui all’articolo 316-ter cod. pen. rientri l’indebito conseguimento della riduzione dei contributi previdenziali dovuti ai lavoratori in mobilità assunti dall’impresa, per effetto della mancata comunicazione, da parte di quest’ultima, dell’esistenza di una condizione ostativa prevista dalla legge.

Le S.U. hanno dunque affermato il seguente principio di diritto: “Integra il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche previsto dall’art. 316-ter cod. pen. l’indebito conseguimento del diritto alle agevolazioni previdenziali e alla riduzione dei contributi dovuti ai lavoratori collocati in mobilità per effetto della omessa comunicazione dell’esistenza della condizione ostativa prevista dall’art. 8, comma 4-bis, legge 23 luglio 1991, n. 223 (abrogato, a decorrere dal 1 gennaio 2017, dall’art. 2, comma 71, lett. b), legge 28 giugno 2012 n. 92), senza che assumano rilievo, a tal fine, le modalità di ottenimento del vantaggio economico derivante dall’inadempimento dell’obbligazione contributiva”.

La Corte ha poi chiarito che il reato è da considerarsi unitario a consumazione prolungata con la conseguenza che la relativa consumazione cessa con la percezione dell’ultimo contributo. Su questo aspetto le S.U. hanno affermato il secondo principio: “In tema di indebita percezione di erogazioni pubbliche, nell’ipotesi in cui il diritto alla riduzione dei contributi previdenziali e alle agevolazioni previste per il collocamento dei lavoratori in mobilità dall’art. 8, legge 23 luglio 1991, n. 223 (abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 2017, dall’art. 2, comma 71, lett. b), legge 28 giugno 2012 n. 92) sia stato indebitamente conseguito per effetto di una originaria condotta mendace od omissiva, il reato è unitario a consumazione prolungata quando i relativi benefici economici siano concessi o erogati in ratei periodici e in tempi diversi, con la conseguenza che la sua consumazione cessa con la percezione dell’ultimo contributo” .

Tornando al caso concreto, la decisione osserva che dalla sentenza impugnata emerge che non vi sono state condotte delittuose connotate da artifici e raggiri, “ma è stata accertata la carenza dei requisiti soggettivi previsti dalla legge per l’accesso al beneficio della riduzione dei contributi previdenziali, cui avrebbe dovuto far seguito il diniego delle richieste agevolazioni o l’eventuale revoca di quelle già concesse”. Le domande di accesso ai contributi, in particolare, “si limitavano a non indicare la circostanza dell’effettivo rispetto dei requisiti previsti”.

Correttamente, dunque, prosegue la decisione, la Corte di appello ha affermato che le agevolazioni sono state “indebitamente conseguite … a causa di una iniziale condotta omissiva di silenzio antidoveroso, correttamente ritenuta sussumibile nello schema descrittivo del reato presupposto previsto dall’art. 316-ter cit. in quanto non accompagnata da un ulteriore comportamento ingannatorio diretto ad indurre in errore il soggetto passivo”.

La condotta penalmente rilevante, sottolinea la Cassazione, deve ritenersi perfezionata “non attraverso l’indebita acquisizione dei vantaggi economici derivanti dai risparmi di spesa, ma, ancor prima, con l’indebito conseguimento del diritto di percepire una serie di agevolazioni contributive il cui godimento non era consentito dalla legge”.

L’indebita percezione delle agevolazioni contributive, sia nella forma della erogazione-concessione dei contributi, che in quella della riduzione dell’onere economico della contribuzione a carico della società, è stata determinata da un’unica, iniziale, condotta omissiva. Il momento consumativo, conclude la Suprema corte, si è così verificato “all’atto della percezione dell’ultimo sgravio contributivo (nel dicembre 2008), avuto riguardo al fatto che la relativa sequenza procedimentale prevedeva l’inoltro delle singole richieste di riduzione dei contributi attraverso la periodica e reiterata presentazione dei modelli ’DM 10’ contenenti i dati necessari per ottenere i previsti rimborsi”.

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