Informativa antimafia: il rischio di infiltrazione scatta anche per la peculiare struttura della Ndrangheta
«Ai fini della legittimità dell'informativa antimafia appare condivisibile il giudizio “più che probabile” che le decisioni imprenditoriali di una società – caratterizzata dal rapporto parentale intercorrente tra l'amministratore unico della società (genero) con un soggetto (suocero), contiguo alla consorteria locale dei Muto - siamo influenzate da logiche criminali, anche alla luce della peculiare struttura dell'organizzazione criminale denominata “Ndrangheta”, connotata da una acclarata capacità economico-imprenditoriale nei più svariati settori, ma tradizionalmente incentrata nel suo nucleo primario su rapporti familiari ( nucleo “costituito dalla ‘ndrina', rappresentato solamente dai membri di una famiglia naturale”: Cass. pen., sez. I, 17 giugno 2016, n. 55359 cd. “Inchiesta Crimine”)». È il principio espresso dal Tar Calabria con l'ordinanza cautelare 26 maggio 2017 n. 192.
A seguito di un'informativa antimafia trasmessa dal prefetto di Cosenza una società ha perso il contratto di appalto con il comune di Orsomarso, è stata cancellata dall'albo dei gestori ambientali e gli è stato revocato l'affidamento temporaneo dei servizi di igiene ambientale di un altro comune. La società è ricorsa al Tar per contestare la presunzione di appartenenza alla mafia in base al fatto che l'amministratore unico è genero di una persona vicina ai Muto. Secondo il giudice amministrativo non sussiste il fumus bonis iuri per una serie di motivi: nella società ricorrente risulta dipendente anche la figlia del presunto mafioso; i versamenti di denaro ricevuti dalla società da un ‘altra impresa facente capo alla moglie e soprattutto il fatto che la Ndrangheta ha una struttura che si basa principalmente sulla famiglia. La richiesta quindi è stata respinta.
Tar Calabria – Ordinanza 26 maggio 2017 n. 192