Lavoro

Integrazioni salariali od esonero contributivo? Un'ingannevole alternativa

In altri termini, è introdotto un regime di alternatività tra il trattamento d'integrazione salariale per il primo trimestre dell'anno 2021 e l'esonero contributivo in esame, che compete con riferimento all'unità produttiva e nel limite della contribuzione dovuta con riguardo alla stessa

di Luca Barbieri e Lorenzo Dani *


Replicando l'impianto normativo di una disposizione – trattasi dell'art. 3 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104 - introdotta a sostegno delle imprese al fine di fronteggiare la crisi sanitaria, a far tempo dal 1° gennaio 2021 è in vigore l'art. 1, c. 306 della Legge 30 dicembre 2020, n. 178, per effetto della quale al datore di lavoro che rinunci ad avvalersi per il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2021 del trattamento d'integrazione salariale (ordinaria e in deroga) o di assegno ordinario riconducibili all'emergenza epidemiologica è riconosciuto l'esonero dal versamento dei contributi previdenziali posti a proprio carico per un periodo di 8 settimane.

In altri termini, è introdotto un regime di alternatività tra il trattamento d'integrazione salariale per il primo trimestre dell'anno 2021 e l'esonero contributivo in esame, che compete con riferimento all'unità produttiva e nel limite della contribuzione dovuta con riguardo alla stessa.

L'importo massimo fruibile a titolo d'esonero contributivo è pari alla contribuzione obbligatoria che il datore avrebbe dovuto versare nell'ipotesi in cui le ore d'integrazione salariale fruite nei mesi di maggio e giugno 2020 fossero state effettivamente lavorate dai lavoratori occupati presso l'unità produttiva interessata dalla sospensione dell'attività o dalla riduzione dell'orario di lavoro.

Con riguardo a tale disposizione, che, almeno in apparenza, mira ad agevolare le imprese che in luogo di una riduzione dell'orario di lavoro o della sospensione dell'attività optino per la prosecuzione dell'ordinaria attività avvalendosi del beneficio fiscale, è però opportuno svolgere alcune considerazioni perché possa esserne valutata l'effettiva efficacia:

a) la possibilità di fruire dell'esonero contributivo è subordinata al rilascio (eventuale) di un provvedimento autorizzatorio da parte della Commissione europea, al momento non ancora adottato. Dunque, l'esercizio del diritto a fruire dell'esonero è condizionato mentre il ricorso al trattamento d'integrazione salariale nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2021 è di immediata applicazione. Pertanto, è ragionevole ritenere come di fatto non operi un genuino meccanismo di alternatività tra l'esonero contributivo e il ricorso al trattamento d'integrazione salariale con causale ‘COVID-19';

b) poiché il regime di alternatività non è attualmente operativo, dell'esonero beneficeranno - una volta che la Commissione europea avrà sciolto le proprie riserve al riguardo - i datori di lavoro che pur essendo ricorsi al trattamento d'integrazione salariale in concomitanza dei mesi di maggio e giugno dell'anno 2020, non abbiano alcuna necessità di avvalersene per il primo trimestre del 2021. È dunque legittimo chiedersi quale sia la ratio che sottende alla norma istitutiva dell'esonero contributivo in esame, dal momento che pare offrire un sostegno ad imprese che con ogni probabilità hanno già superato uno stato di difficoltà;

c) se anziché replicare pedissequamente la struttura del citato art. 3 del D.L. 14 agosto 2020 si fosse individuato un diverso periodo di riferimento sulla cui base determinare l'importo dell'esonero, le risorse finanziarie stanziate per l'applicazione del citato art. 1, c. 306 della Legge 30 dicembre 2020, n. 178 avrebbe potuto essere destinate a imprese che versano in un attuale stato di difficoltà. Per quale ragione si intende ora riconoscere un beneficio contributivo - la cui misura può essere significativa - al datore di lavoro che abbia fatto ricorso al trattamento d'integrazione salariale nei mesi di maggio e giugno 2020, escludendo il datore di lavoro che via abbia fatto ricorso solo successivamente?

Per evitare il prodursi di effetti distorsivi, non sarebbe stato sufficiente individuare un periodo di riferimento differente da quello previsto dal già richiamato art. 3 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104, individuandone uno più recente. Se al beneficio fossero state ammesse le imprese che avessero fatto ricorso al trattamento d'integrazione salariale nei mesi di novembre e dicembre 2020, l'esonero contributivo avrebbe potuto essere una forma di effettivo sostegno per le imprese che più recentemente sono state costrette a sospendere l'attività o a ridurre l'orario di lavoro. Tale accorgimento avrebbe quindi restituito alla norma maggiore equilibro ed efficacia; dell'approssimazione della tecnica di redazione delle norme che regolano l'impianto (complesso) del beneficio in argomento si trova peraltro conferma nel fatto che già in forza dell'art. 12, comma 14 del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 si è riconosciuto un esonero contributivo commisurato alle ore di ricorso ad un trattamento d'integrazione salariale emergenziale in concomitanza del mese di giugno 2020.

In un periodo di perdurante emergenza sanitaria nel corso del quale sarebbe opportuno arginare e mitigare gli effetti determinati da incertezza, rischi e variabili - anche inedite e difficilmente ponderabili -, l'ordinamento dovrebbe porre l'impresa in condizioni tali da favorire la definizione di strategie e programmi che ‘reagiscano' alla contingenza, rimuovendo - anziché acuìre - incongruenze ed inerzie.

Si confida in una rinnovata azione del legislatore, perché non si debba tornare a ragionare su una terza incolore (ed insensata) replica dell'art. 3 del D.L. 14 agosto 2020, n. 104.

*di Luca Barbieri e Lorenzo Dani ArlatiGhislandi e AG Studi e Ricerche

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