Intercettazioni: niente utilizzazioni per i restanti reati dello stesso procedimento
In tema di intercettazioni, qualora il mezzo di ricerca della prova sia legittimamente autorizzato all'interno di un determinato procedimento concernente uno dei reati di cui all'articolo 266 del Cpp, i suoi esiti sono utilizzabili anche per tutti gli altri reati relativi al medesimo procedimento, purché, si tratti di reati per i quali queste avrebbero potuto essere disposte ai sensi dell'articolo 266 del Cpp. Lo ha stabilito la sezione VI penale con la sentenza 9 maggio-12 giugno 2017 n. 29151 .
Le motivazioni della Cassazione - In termini, ex pluribus, sezione II, 18 dicembre 2015, Roberti e altri. La Corte prende consapevolmente le distanze da altro orientamento secondo cui le intercettazioni disposte in relazione a un reato possono essere utilizzate, a fini di prova, in relazione a qualunque altro reato oggetto del medesimo procedimento senza i limiti di cui all'articolo 266 del Cpp (tra le altre, sezione VI, 25 novembre 2015, M. e altri).
Vale comunque ricordare che vi è invece concordia di opinione nel senso che nel caso in cui si tratti di reati oggetto di un procedimento diverso ab origine, l'utilizzazione è subordinata alla sussistenza dei parametri indicati espressamente dall'articolo 270 del Cpp, e, cioè, l'indispensabilità e l'obbligatorietà dell'arresto in flagranza (tra le altre, sezione VI, 15 novembre 2016, Cocivera).
È quest'ultima un'affermazione ampiamente condivisibile giacché esula dall'ambito di applicabilità dell'articolo 270 del Cpp, come si evince dal suo tenore letterale, l'ipotesi in cui nell'ambito del medesimo procedimento vengano disposte intercettazioni per un reato e da esse emergano gli estremi di un altro reato. Infatti, in tale evenienza si tratta di utilizzare le intercettazioni agli effetti di prova di un reato diverso da quello per il quale la captazione è stata autorizzata e non di utilizzare i contenuti delle conversazioni intercettate in un procedimento diverso da quello nel quale l'intercettazione è stata disposta (cfr., di recente, sezione VI, 15 luglio 2015, Rosatelli e altro; nonché, sezione VI, 8 giugno 2016, Proc. Rep. Trib. Roma in proc. Proietti e altro).
E ciò, del resto, tenuto conto anche dell'altro principio autorevolmente affermato in giurisprudenza in forza del quale, comunque, ai fini del divieto di utilizzazione previsto dall'articolo 270, comma 1, del Cpp, la nozione di “diverso procedimento” va ancorata a un criterio di valutazione sostanzialistico, che prescinde da elementi formali, quale il numero di iscrizione del procedimento nel registro delle notizie di reato, essendo invece decisiva, ai fini dell'individuazione dell' “identità” dei procedimenti, l'esistenza di una “connessione” sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico tra il contenuto della originaria notizia di reato, per la quale sono state disposte le intercettazioni, e i reati per i quali si procede (sezioni Unite, 26 giugno 2014, Floris e altro). In altri termini, ai fini del divieto di utilizzazione previsto dall'articolo 270, comma 1, del Cpp, occorre far riferimento a una nozione sostanziale di “diverso procedimento”, secondo cui la “diversità” va collegata al dato dell'insussistenza, tra i due fatti - reato, storicamente differenti, di un nesso ai sensi dell'articolo 12 del Cpp, o di tipo investigativo, e, quindi, all'esistenza di un collegamento meramente fattuale ed occasionale (sezione III, 5 novembre 2015, Pulvirenti e altri).
Cassazione - Sezione VI penale - Sentenza 9 maggio-12 giugno 2017 n. 29151