Intercettazioni: in sede cautelare non serve trascrizione integrale e traduzione
La trascrizione integrale e la traduzione delle intercettazioni, con le garanzie previste per l'espletamento delle perizie, non serve in sede di valutazione per l'applicazione delle misure cautelari. La Corte di cassazione, con la sentenza 23869, respinge il ricorso contro la decisione del Tribunale di confermare la scelta del Gip che aveva applicato la misura cautelare nei confronti di un indagato per il reato di spaccio di stupefacenti.
Tra le varie obiezioni della difesa, che contestava l'esigenza della misura e suoi presupposti, c'era anche una presunta violazione dei diritti della difesa, dovuta all'assenza di una trascrizione integrale delle captazioni e alla mancata traduzione in lingua albanese delle conversazioni. Per la Cassazione però in sede cautelare quanto preteso dal ricorrente non serve. I giudici della terza sezione penale chiariscono, che l'intera trascrizione delle registrazioni e la loro traduzione, con le forme e le garanzie previste per lo svolgimento delle perizie, è necessaria solo per l'inserimento nel fascicolo per il dibattimento e per la conseguente utilizzazione come prove in sede di giudizio.
Mentre l'obbligo non c'è quando si tratta di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ai fini dell'applicazione delle misure cautelari (articolo 273 del Codice di procedura penale). La Suprema corte ricorda che il difensore ha diritto di chiedere e ottenere dal Pubblico ministero una copia dei supporti magnetici informatici delle registrazioni utilizzate per adottare il provvedimento cautelare. La prova dei fatti che sono rappresentati dalle intercettazioni non deriva, infatti, dal riassunto o dall'interpretazione che di queste si dà negli atti di polizia giudiziaria, ma dal contenuto delle registrazioni documentate nei relativi supporti.