Intesa San Paolo, niente responsabilità per fusione con Ber Banca
Niente condanna per Intesa San Paolo in merito alla fusione con Ber Banca che aveva visto condannare un funzionario per abuso di informazioni privilegiate, omessa comunicazione di conflitto di interessi e manipolazione del mercato. I fatti chiarisce la Cassazione con la sentenza di ieri n. 39573, erano risalenti al 2006. La fusione tra le due banche era avvenuta nel 2012 e quindi i giudici della Cassazione non sono riusciti a individuare il collegamento tra due realtà completamente differenti. Si legge testualmente nella sentenza come sussista "una assoluta carenza di analisi degli accadimenti tra il 2006 e il 2012. Il vantaggio economico, in una realtà aziendale non può essere ritenuto permanete e insensibile alle vicende gestionali". Non solo. Le condizioni di assoluta difficoltà economica di Ber nel 2012 hanno imposto oneri elevatissimi a Intesa San Paolo per procedere alla fusione. Quello che la Corte di merito aveva contestato a Intesa San Paolo era la circostanza che in presenza di una multa pesante a carico di un funzionario di Ber Banca, a seguito di fusione questo onere passasse in automatico a Intesa San Paolo. Circostanza che non ha convinto i Supremi giudici che hanno evidenziato un altro punto a favore della banca Intesa San Paolo consistito nella condizione di buona fede, da valutarsi solo in ipotesi di vantaggio effettivo. A tal proposito è di tutta evidenza come l'esistenza di perdite così ingenti maturate da Ber Banca impegnasse gli investitori esclusivamente a garantire la prosecuzione dell'attività e la tutela dei risparmiatori, con atteggiamento psicologico del tutti distante dalla volontà di approfittare delle conseguenze di un illecito. E anche in tal caso la motivazione sarebbe frutto di automatismi illogici, posto che anche l'accordo di controllo era antecedente alla emersione degli illeciti da parte dei funzionari di Ber Banca così come l'accordo di fusione è avvenuto in un momento in cui il sequestro era stato revocato.
Cotte di Cassazione - Sezione I - Sentenza 26 settembre 2019 n. 39573