Civile

Investimenti finanziari validi se il contratto quadro è sottoscritto solo dal cliente

Francesco Machina Grifeo

Investimenti finanziari e speculativi validi anche se sul contratto quadro è apposta unicamente la firma dell'investitore e non anche quella dell'intermediario. La Sesta sezione civile della Cassazione, sentenza n. 21750 di oggi, torna a ribadire questo principio accogliendo il ricorso dell'"Unione di banche italiane" (nella qualità di incorporante il "Banco di Brescia San Paolo C.A.B.") contro una società in nome collettivo che aveva ottenuto dalla Corte di appello la dichiarazione di nullità di due ordini di investimento – afferenti a interest rate swap – in quanto impartiti sulla base di un contratto privo della sottoscrizione dell'istituto.

Secondo la banca ricorrente il documento prodotto in giudizio «rappresentava la formale accettazione della proposta negoziale formulata» e non come invece sostenuto dalla controparte un contratto «recante la sottoscrizione solo del cliente». Non solo, insistere sulla mancata firma significava «trasformare un presidio posto a tutela dell'informata e consapevole partecipazione degli investitori in un formalistico strumento per conseguire risultati del tutto ultronei rispetto alle previsioni ed allo scopo della norma». Infine, per l'effettiva conclusione del contratto «rilevavano comportamenti concludenti che potevano tener luogo della sottoscrizione», ferma restando la necessità di un testo negoziale scritto e considerato che la «reiterata esecuzione del contratto rappresentava una condotta che manifestava la chiara volontà di darvi esecuzione».

Un ragionamento sposato dalla Suprema corte che ricorda come, nei servizi di investimento, il principio della forma scritta del contratto quadro «è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell'investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell'intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti». «E' evidente, allora – conclude la decisione -, che per negare il perfezionamento del negozio non fosse sufficiente la presa d'atto della mancata sottoscrizione del documento contrattuale da parte dell'intermediario finanziario, essendo di contro necessario indagare se quest'ultimo avesse altrimenti univocamente espresso la propria volontà di concludere il negozio stesso».

Corte di cassazione - Sentenza 27 agosto 2019 n. 21750

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