Amministrativo

Iscrizioni, messaggi, mezzi ed esposizioni non rappresentano la stessa fattispecie

Nel nuovo canone unico patrimoniale non si è fatto tesoro del dibattito e degli insegnamenti prodotti in passato per evitare di intraprendere strade tortuose e di difficile ed incerto approdo in relazione alla terminologia utilizzata, infatti iscrizioni, messaggi, mezzi ed esposizioni non rappresentano la stessa fattispecie

di Tommaso Ventre*




La disciplina del canone unico patrimoniale rappresenta sotto diversi profili una occasione mancata di riordino effettivo e di semplificazione del sistema dei tributi c.d. minori.

Eppure sarebbe bastato fare tesoro del dibattito e degli insegnamenti prodotti in passato per evitare di intraprendere strade tortuose e di difficile ed incerto approdo.

Il D.P.R. 639/1972, in vigore dal 1/1/1973 al 1/1/1994, nel definire il presupposto dell'allora nascente imposta comunale sulla pubblicità all'articolo 6 disponeva che "L'imposta sulla pubblicità si applica alle insegne, alle iscrizioni e a tutte le altre forme pubblicitarie visive o acustiche (…)".

Con il Decreto Legislativo 507/1993 il legislatore introduce la dicotomia messaggio / mezzo pubblicitario prevedendo all'articolo 5 che il presupposto dell'imposta è "La diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche" e all'articolo 7 che "L'imposta sulla pubblicità si determina in base alla superficie della minima figura piana geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario indipendentemente dal numero dei messaggi in esso contenuti".

Questa impostazione, tuttavia, pone il problema che se da una parte il messaggio è contenuto nel mezzo dall'altra il mezzo può contenere anche più messaggi.

Altro problema attiene poi alla "diffusione" del messaggio che è stata oggetto di un vasto contenzioso approdato ripetutamente in Cassazione. Numerose pronunce hanno infatti affermato che per innescare l'imposizione era sufficiente la "mera" disponibilità del mezzo pubblicitario e non tanto il suo effettivo utilizzo ovvero la sua concreta "diffusione" (Cass. Ord. N. 12783 del 23/5/2018). Oggetto del tributo è dunque "il mezzo disponibile" e non "il mezzo disponibile effettivamente utilizzato per la diffusione di messaggi pubblicitari", e, tanto meno, perciò, oggetto del tributo può essere l'attività di diffusione di tali messaggi" (Cass. Sez. trib. Sent. n. 109 del 4/1/2005 e n. 24543 02/10/2019 ).

Se infatti non fosse così l'amministrazione comunale dovrebbe accertare che ogni singolo mezzo da essa autorizzato sia stato realmente impiegato e per quanto tempo per la diffusione dei messaggi pubblicitari, non potendo certo prefigurarsi l'assoluta veridicità delle dichiarazioni presentate dal soggetto passivo del tributo e dovendo quindi accertare tutti quei casi di erronea e/o infedele dichiarazione (Cass. sez. trib. n. 1307 22/01/2007).

Nel passaggio al canone unico disciplinato dall'articolo 1 della L. 160/2019 il comma 816 introduce nell'ordinamento tributario la nuova figura dell'esposizione pubblicitaria: "A decorrere dal 2021 il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria (…)."E la disciplina qui inizia a complicarsi vuoi da un lato per l'avere previsto che laddove sullo stesso oggetto ci sia occupazione del suolo e contemporaneamente esposizione pubblicitaria è dovuta soltanto quest'ultima vuoi perché l'avere piazzato l'esposizione pubblicitaria al fianco dell'autorizzazione e della concessione sembrerebbe volere prefigurare un tertium genus che poi non viene disciplinato.

Ed infatti quando il legislatore va a definire i presupposti, con il comma 819, ne individua solo due quello dell'occupazione e quello della diffusione mediante impianti e utilizza, alla lettera b), l'espressione "la diffusione di messaggi pubblicitari", confermata anche nella definizione del principio di unicità del canone nel successivo comma 820 e nella previsione dell'indennità per "la diffusione di messaggi pubblicitari realizzati abusivamente" disciplinata dal comma 821 lett. g).

Quando si tratta però di applicare la semplificazione voluta con l'accorpamento della fattispecie inerente l'occupazione con quella inerente l'esposizione i nodi iniziano a venire al pettine e al seguente comma 822 la novella legislativa conosce una brusca virata o reviviscenza e prevede nello stesso periodo i "mezzi pubblicitari", "la pubblicità" e "l'esposizione pubblicitaria". Appare singolare poi in questa disposizione come gli enti debbano procedere alla rimozione dei mezzi pubblicitari ed allo stesso tempo all'immediata copertura della pubblicità. Delle due l'una o si deve rimuovere il mezzo abusivo o lo si deve lasciare in loco e si deve oscurare la pubblicità. Ma forse il legislatore voleva distinguere tra impianto autorizzato ed esposizione pubblicitaria abusiva non autorizzata o difforme dall'autorizzazione concessa? La norma sul punto non è di facile applicazione.

L'attenzione alla "diffusione del messaggio" ritorna nel comma 823 allorquando si individua il soggetto passivo nel titolare dell'autorizzazione ovvero, in mancanza, nel soggetto che effettua l'occupazione o la diffusione dei "messaggi pubblicitari" in maniera abusiva prevedendo altresì che per la diffusione di messaggi pubblicitari, è obbligato in solido il soggetto pubblicizzato.

Dalla diffusione dei messaggi si torna nuovamente al mezzo pubblicitario nel comma 825 che nasconde le più serie insidie interpretative prevedendo che "per la diffusione di messaggi pubblicitari di cui al comma 819, lettera b), il canone è determinato in base alla superficie complessiva del mezzo pubblicitario, calcolata in metri quadrati, indipendentemente dal tipo e dal numero dei messaggi".

Ed in questa disposizione invero sembra riassumersi la dicotomia mezzo/messaggio pubblicitario con la prevalenza del primo sul secondo. Sicché è il mezzo a permettere l'applicazione del prelievo ed esclusivamente ad esso si fa riferimento nel calcolo del dovuto "indipendentemente dal tipo e dal numero dei messaggi".

Ma dell'impostazione seguita nel comma 825 nei successivi commi 826, 827 e 832 si perde traccia ritornando sul sentiero insidioso -per le motivazioni innanzi dette in ordine alla effettività o potenzialità dell'esposizione- della "diffusione di messaggi pubblicitari".

La strada diventa poi tortuosa nel comma 833. Infatti qui il legislatore nel disciplinare le esenzioni previste uniformemente su tutto il territorio nazionale, e quindi sottratte alla discrezionalità degli enti, alla lettera b) utilizza l'espressione "mezzi", senza alcuna accezione, alla lettera g), h), o), p) utilizza l'espressione "messaggi pubblicitari", ed alla lettera q) utilizza l'espressione "mezzi pubblicitari". Orbene si comprende come sia cosa ben diversa esentare il messaggio ovvero il mezzo atteso che all'interno dello stesso mezzo potrebbero trovarsi "messaggi" esentati e messaggio assoggettati al pagamento mentre se ad essere esentato è il mezzo tutti i messaggi nello stesso contenuti saranno esentati.
Sotto altro profilo poi è opportuno richiamare come il comma 835 nel prevedere la concreta attuazione del prelievo per il tramite del versamento dispone che lo stesso "è effettuato, direttamente agli enti, contestualmente al rilascio della concessione o dell'autorizzazione all'occupazione o alla diffusione dei messaggi pubblicitari". Sicché si tratterebbe sul versante amministrativo di una autorizzazione alla diffusione del messaggio e non tanto alla installazione del mezzo? Anche su questo fronte le strade poi concretamente solcate dai comuni possono essere divergenti in assenza di un univoco quadro normativo di riferimento.

In buona sostanza i termini "mezzi", "mezzi pubblicitari", "diffusione di messaggi pubblicitari" ed "esposizioni pubblicitarie" vengono indistintamente, e forse anche disinvoltamente, utilizzati quasi come se si trattasse di sinonimi. Eppure, lo abbiamo visto, per la Cassazione non potevano risultare tali incidendo in maniera diversa nella sfera giuridica. Al contrario si ponevano in termini antitetici con conseguenze ben diverse sul piano delle pronunce e dell'esito del contenzioso.

a cura dell' avv. Tommaso Ventre, Ph.D Professore aggregato di Governance dei tributi locali e Fiscalità degli enti locali presso l'Università della Campania Luigi Vanvitelli.
Dottore Commercialista Revisore Legale

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