Know-how e segreti commerciali: come sta evolvendo la tutela per tenere il passo con l'accelerazione tecnologica
L'evoluzione tecnologica, accelerata dal Covid-19, sta trasformando significativamente le prassi aziendali, inducendo le società a ridefinire i propri modelli per assicurare una tutela più snella, rapida ed efficace.
L'evoluzione tecnologica, accelerata dal Covid-19, sta trasformando significativamente le prassi aziendali, inducendo le società a ridefinire i propri modelli per assicurare una tutela più snella, rapida ed efficace. Ma cosa devono tutelare? Innanzitutto, quelle soluzioni innovative che sono fulcro del loro successo industriale e commerciale, asset primari per il consolidamento del fatturato e per la valorizzazione della propria immagine sul mercato.
Le attività immateriali costituiscono oggi una moneta di scambio dell'economica moderna e tanto le multinazionali quanto le piccole e medie imprese hanno la priorità di tutelarle e valorizzarle, sia attraverso i tradizionali diritti IP che tramite il know-how.
Dal punto di vista normativo, la legge italiana prevede già all'interno del Codice della Proprietà industriale due misure su questo orientamento: uno specifico riferimento al know-how, come oggetto di tutela, e un divieto da parte di terzi di utilizzare le informazioni illecitamente raccolte, rivolgendosi non solo alla condotta dei dipendenti, ma anche a quella di società terze che assumano questi ultimi con il fine di ottenere tali informazioni.
I segreti commerciali e il know-how sono stati recentemente al centro di un rafforzamento e di un'armonizzazione a livello europeo attraverso la Direttiva (UE) 2016/943.
L'ordinamento giuridico italiano ha dato attuazione a tale normativa, confermando una tutela alle informazioni aziendali e alle esperienze tecnico industriali, comprese le informazioni commerciali, che siano segrete, a cui per questo venga riconosciuto un certo valore economico e che siano sottoposte a misure di protezione ragionevolmente adeguate a mantenerle tali (Art. 98 c.p.i., come emendato dal D.Lgs. 63/2018). Inoltre, il decreto di attuazione ha ampliato il divieto di acquisire, rivelare o utilizzare in modo abusivo le informazioni, introducendo espressamente alcune condotte colpose oltre a quelle dolose e rafforzando la tutela anche dal punto di vista penalistico, tramite l'introduzione di misure sanzionatorie proporzionate e dissuasive in caso di condotte illecite.
La rilevanza del know-how a livello paneuropeo è dimostrata da più parti, confermata anche dal ruolo che la materia ha recentemente assunto all'interno dell'IP Action Plan, pubblicato dalla Commissione europea lo scorso novembre, in cui si si è evidenziata la gravità di nuove forme di violazioni IP, come i furti informatici di segreti commerciali che hanno comportato una perdita di miliardi di euro nel territorio europeo. È stata rimarcata la necessità di sviluppare strumenti di sensibilizzazione di cyber security e di gestione competente del know-how, per ridurre in modo significativo tali violazioni e per garantire alle aziende una protezione sempre più larga e condivisa.
Anche a fronte della solidità e dell'armonizzazione europea della normativa, le imprese stanno facendo sempre più affidamento a questo modello di tutela, alternativo ai sistemi IP tradizionali, per difendere nuove tecnologie ed evitare il rischio di appropriazione indebita da parte di ex dipendenti e concorrenti di quel know-how riservato che costituisce un bene di altissimo valore.
Le ragioni alla base di questo cambiamento di paradigma sono attribuite alla rapidità della tutela, all'assenza di un iter formale, ai minori costi e alla possibilità di proteggere le informazioni a livello internazionale, senza dover registrare singoli titoli validi in uno specifico ambito territoriale.
Basti pensare alle start-up nel settore TMT, ad una fase iniziale del business e prive delle risorse necessarie per tutelare le proprie soluzioni innovative. Queste spesso realizzano tecnologie che rischiano di diventare rapidamente obsolete, o che non soddisfano il requisito di novità "assoluta", e che per tali ragioni non possono completare l'iter brevettuale.
L'attualità del tema sulla tutela del know-how riguarda certamente e in particolare anche quelle aziende italiane nel settore Food, che da piccole imprese a conduzione famigliare si trasformano in grandi realtà rinomate e operanti a livello internazionale. È cruciale che tali realtà investano nella tutela di tutte quelle informazioni che costituiscono un effettivo vantaggio competitivo, come i segreti relativi alle ricette, ai processi produttivi, alle modalità di presentazione, insieme a quelle informazioni segrete e rilevanti relative alle liste dei clienti e dei fornitori (da cui si evincono i prodotti utilizzati), che rappresentano asset difficilmente tutelabili attraverso la tutela brevettuale o il diritto d'autore.
Di fondamentale importanza per tutte le aziende che intendono sfruttare la disciplina a protezione del know-how è diventata quindi l'implementazione di un vero e proprio modello di tutela da inserire all'interno dell'organizzazione aziendale, che garantisca l'individuazione, la marcatura e il riconoscimento da parte dei terzi delle informazioni, nonché di misure di sicurezza adeguate, tra cui tecnologie avanzate o sistemi crittografati come la blockchain, che assicurino un'effettiva protezione riducendo il rischio di furti e appropriazioni.
Le aziende oggi possono – e dovrebbero – interrogarsi sulle modalità e sugli strumenti che mettono in campo per tutelare il proprio know-how. La normativa ha fatto grandi passi in avanti per garantire forme di protezioni più flessibili e per questo più comprensive ed efficaci, offrendo soprattutto ai comparti più innovativi un'occasione da non perdere per difendere la propria crescita sostenibile da tentativi di concorrenza sleale. In questo senso, il processo, se recepito tempestivamente, può rappresentare uno stimolo all'accelerazione tecnologica del Paese da valorizzare e promuovere.
* a cura di Pietro Pouchè e Giulia Maienza, Herbert Smith Freehills
Revocatoria ordinaria dell’atto di scissione, competente il tribunale delle imprese
di Carola Pagliuca e Davide di Marcantonio (*)