Penale

L’aiuto dei genitori entra nel calcolo del tenore di vita

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di Giorgio Vaccaro

In una separazione giudiziale , il costante aiuto economico del padre può essere considerato “risorsa” del coniuge. Quindi è un elemento che caratterizza il tenore di vita della famiglia, sul quale calcolare la misura dell’ assegno di mantenimento del coniuge senza reddito. Lo afferma la Prima sezione civile del Tribunale di Roma, in una sentenza del 14 marzo (giudice relatore Damiana Colla), divenuta nota solo di recente.

La pronuncia riguarda una separazione giudiziale e non un divorzio, nel quale il Tribunale di Roma applica il nuovo principio di diritto del superamento del tenore di vita. D’altra parte, l’assegno divorzile ha natura diversa rispetto a quello di separazione.

Il caso degli aiuti dei genitori è molto frequente e si ha per i figli di imprenditori, a loro volta imprenditori, che, anche a fini fiscali, risultano titolari solo di una busta paga, quali meri dipendenti dell’impresa della famiglia paterna. Ma i «costanti versamenti mensili» dalla famiglia di origine (che nel caso deciso dalla Prima sezione ha la maggioranza delle quote societarie) consentono al figlio “dipendente” e titolare di una quota minima un tenore di vita familiare che diversamente risulterebbe impossibile.

L’intervento della polizia tributaria e l’acquisizione dei documentazione sulle movimentazioni bancarie hanno consentito alla giudice di stabilire come «lo stabile apporto dei familiari-genitori di uno dei coniugi può essere considerato quale risorsa del coniuge stesso, qualora esso sia stato spontaneo e costante durante la vita matrimoniale, ed abbia costituito per i coniugi un imprescindibile contributo per garantire l’andamento del menage familiare, rendendo configurabile un ampliamento delle disponibilità economiche del marito, il quale ha da sempre potuto contare sull’apporto economico paterno, con la conseguente incidenza del detto apporto sul tenore di vita dell’intero nucleo familiare».

Le indagini della Gdf hanno consentito di ricostruire «nella movimentazione bancaria riferibile al ricorrente, consistenti entrate in assegni o contanti ... e notevole utilizzo di carte di credito, sebbene non risultasse la tipologia di spese tramite esse effettuate ma unicamente il saldo mensile». Tale apporto, proseguito dopo la separazione, fa dare per accertato che la famiglia aveva un tenore di vita più elevato di quello che il marito avrebbe potuto garantire con lo stipendio di 1.600 euro mensili.

Il Tribunale ha poi correttamente osservato il principio della valutazione economica del godimento della casa familiare. La moglie fruiva dell’immobile senza dover pagare nemmeno le spese condominiali. Così i giudici hanno ritenuto che questo dovesse essere l’intero sforzo dell’ex marito in suo favore, anche perché la donna è laureata e quindi «appare pienamente in grado di integrare il suo reddito con una attività lavorativa».

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