L’archiviazione dei maltrattamenti non esclude la riapertura delle indagini per fatti successivi
Il Pm non può procedere a nuove indagini se non autorizzate sui medesimi fatti, ma non è precluso l’esame del decreto di archiviazione al fine di esaminare la connessione che rende la violenza sessuale perseguibile ex officio
Nel caso vi sia stata archiviazione il Pm può esercitare nuovamente l’azione penale sul medesimo fatto-reato solo chiedendo al giudice l’autorizzazione alla riapertura delle indagini preliminari. Altrimenti gli eventuali atti investigativi compiuti sono nulli per assenza della condizione di procedibilità. Nel caso di reati abituali, quali i maltrattamenti, non è preclusa la possibilità di procedere, dopo una prima archiviazione, a nuovi atti d’indagine su fatti successivi o che, pur ricadendo nel medesimo arco temporale di quelli archiviati, siano nuovi.
La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 5014/2025 - ha chiarito i profili di legittimità che consentono un nuovo esercizio dell’azione penale per il reato di maltrattamenti su fatti ricadenti nel medesimo arco temporale di quelli già oggetto di archiviazione. E, in particolare, sull’interessante aspetto della “valutabilità” del contenuto del decreto di archiviazione, soprattutto per soppesare l’eventuale tenuta della connessione tra il reato di maltrattamenti archiviato o contestato in base a indagini nulle e quello di violenza sessuale che è normalmente perseguibile a querela, ma diviene procedibile d’ufficio se connesso al primo.
Il punto di partenza è la differenza sostanziale tra il decreto di archiviazione e una vera e propria decisione di merito assolutoria. Infatti, l’archiviazione può essere disposta per motivi diversi da quello dell’insussistenza degli elementi di colpevolezza come la raggiunta prescrizione o la mancanza di un presupposto per procedere.
Nel caso concreto l’imputato di maltrattamenti, violenza sessuale e lesioni si era visto prosciolto dal primo reato proprio perché l’azione penale “non poteva proseguire” a causa dell’improcedibilità determinata dalla precedente domanda di archiviazione accolta e non superata dall’ottenimento di un’autorizzazione alla riapertura delle indagini. Ma veniva invece condannato per la violenza sessuale proprio in quanto ritenuta perseguibile d’ufficio perché connessa ai maltrattamenti e alla loro perseguibilità ex officio. Tale connessione è stata negata dall’imputato che puntava a escluderla in quanto l’iniziale azione penale contro i maltrattamneti era stata oggetto di archiviazione.
La Corte, in primis, accoglie la lamentela difensiva sulla formula adotttata per il proscioglimeento che invece di indicare la non proseguibilità dell’azione penalee avrebbe dovuto asserire che questa non potesse proprio essere iniziata.
Inoltre, viene accolto il motivo contro la ritenuta perseguibilità d’ufficio degli episodi di violenza sessuale che si ritenevano connessi al reato la cui notizia era stata invece archiviata. L’accoglimento discende dalla mancata dimostrazione che il giudice avesse valutato il contenuto del decreto di archiviazione ossia i fatti a cui era riferito e la sussistenza della novità di quelli contestati successivamente al fine di ritenere sussistente o meno la connessione di questi con il reato di violenza sessuale di norma perseguibile in base a querela.
Il Supremo consesso indica i profili di valutabilità del decreto di archiviazione al fine di stabilire che i fatti per cui è venuta meno l’azione penale siano comunque connessi ad altro reato. Connessione che ovviamente va esclusa in radice se l’archiviazione è stata fondata sull’insussitenza del fatto-reato.
Vanno comunque valutati i legami tra i fatti archiviati, quelli successivi anche se manca per questi il preuspposto di procedibilità e il reato che, per connessione con essi, diviene perseguibile d’ufficio.
In sintesi, va ricordato che il decreto di archiviazione non viene emesso solo per l’acclarata infondatezza dell’accusa ed è sempre rivedibile in caso di riapertura autorizzata delle indagini. Per cui anche ai soli fini della connessione è provvedimento che rientra legittimamente nella valutazione da parte del giudice di merito.