L’assenza dall’udienza non fa scattare sempre la remissione di querela
Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 11743 depositata oggi, rigettando il ricorso dell’imputato
La previsione, introdotta dalla riforma Cartabia, per cui si ha remissione di querela nel caso in cui il querelante non si presenti all’udienza in cui è stato citato come testimone, non si applica al (diverso) caso in cui il tribunale ha acquisito le dichiarazioni rese della persona offesa nel corso delle indagini preliminari. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 11743 depositata oggi, respingendo il ricorso di un uomo condannato (ex art. 612-ter Cp) per revenge porn e affermando che diversamente si amplierebbe eccessivamente il concetto di remissione tacita, oltre dunque la necessità di una effettiva partecipazione dell’offeso.
La V Sezione penale ricorda che l’art. 152, terzo comma, n. 1, cod. pen. (introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. h), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in vigore dal 30 dicembre 2022) stabilisce che vi è remissione tacita della querela anche nell’ipotesi in cui il querelante, senza giustificato motivo, non compare all’udienza alla quale è stato citato in qualità di testimone. E che l’art. 41, comma 1, lett. t), n. 1), dello stesso Dlgs, ha previsto che l’atto di citazione contiene l’avvertimento che la mancata comparizione integra remissione tacita di querela. La riforma Cartabia, osserva la Corte, ha così codificato un orientamento già affermato dalla giurisprudenza (SU n. 31668/2016).
Tale regola però, spiega la Corte, nel caso specifico, “non può trovare applicazione poiché la persona offesa non è mai stata citata come teste, in quanto il Tribunale, sul consenso delle parti, ha acquisito le dichiarazioni rese dalla stessa (come dagli altri soggetti assunti a sommarie informazioni) nella fase delle indagini preliminari”.
“Non può infatti ritenersi - prosegue la Cassazione -, come sembra assumere la difesa del ricorrente, evocando la remissione tacita della querela, che la norma espressa dall’art. 152, terzo comma, n. 1, cod. pen. trovi applicazione anche se la persona offesa non si presenti all’udienza nella quale è acquisito il consenso all’acquisizione al dibattimento delle sue dichiarazioni rese nella precedente fase delle indagini preliminari”.
La Cassazione spiega che una impostazione diversa condurrebbe “ad ampliare il concetto di remissione tacita della querela al di là della volontà del legislatore senza che ricorrano le medesime esigenze che hanno giustificato l’introduzione della nuova ipotesi”. E ciò poiché, quando le dichiarazioni rese a sommarie informazioni dalla persona offesa sono state acquisite in dibattimento rendendone irrilevante l’esame in tale sede, l’esigenza di una partecipazione attiva della persona offesa al dibattimento medesimo, quale espressione della persistente volontà punitiva, già estrinsecatasi con la presentazione della querela, nei confronti dell’imputato, non puo’ considerarsi sussistente”.
La Suprema corte ha dunque affermato il principio di diritto in forza del quale alla remissione tacita della querela, che si realizza «quando il querelante, senza giustificato motivo, non compare all’udienza alla quale è stato citato in qualità di testimone», non può essere equiparata la condotta della persona offesa che non partecipa al dibattimento quando le parti abbiano dato il consenso all’acquisizione delle sue dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari e, dunque, non sia stata citata in qualità di testimone nel dibattimento.
Inoltre, in materia di revenge porn la Corte chiarisce che il delitto di cui all’art. 612-ter cod. pen., C.p. è integrato anche nell’ipotesi in cui la persona offesa non sia riconoscibile dalle parti intime oggetto di illecita diffusione né da ulteriori elementi. La norma incriminatrice tutela, infatti, le vittime dalla diffusione di immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, che avvenga senza il consenso delle persone rappresentate, e non richiede anche che esse siano riconoscibili.