L’associazione «passa» a fondazione
Un decisivo contributo alla fattibilità della
L’operazione di trasformazione di una associazione in una fondazione era stata infatti messo in forte dubbio, quanto alla sua percorribilità, da una pluralità di pronunce della magistratura amministrativa:
• il Tar Toscana, con la sentenza n. 1811 del 24 novembre 2011, aveva sancito che è legittimo il diniego della competente autorità amministrativa di iscrizione nel registro regionale delle persone giuridiche di una fondazione derivante “in via diretta”, mediante trasformazione, da un’associazione riconosciuta, «dal momento che la predetta trasformazione non consente di verificare, in mancanza della fase di liquidazione, l’idoneità del patrimonio dell’associazione alla realizzazione dello scopo statutario e di tutelare i suoi creditori»;
• il Tar Piemonte, con la sentenza n. 781 del 29 giugno 2012, aveva sancito che è legittimo il diniego prefettizio di iscrizione nel registro delle persone giuridiche di una fondazione derivante “in via diretta”, mediante trasformazione, da un’associazione non riconosciuta, dal momento che tale trasformazione, non essendo preceduta da un meccanismo preventivo di confronto con i creditori dell’associazione (come invece previsto in ambito societario dall’articolo 2500-novies del codice civile), espone il patrimonio della neo costituita fondazione, in forza del principio di continuità dei rapporti giuridici, a possibili azioni dei creditori dell’associazione, così imponendo al Prefetto, all’atto di autorizzare l’iscrizione della fondazione nel registro delle persone giuridiche, di verificare preventivamente l’adeguatezza del patrimonio dell’ente alla realizzazione dello scopo statutario;
• il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 296 del 30 gennaio 2015, aveva giudicato inammissibile la trasformazione “diretta” da associazione a fondazione, poiché il procedimento normativamente previsto per la costituzione della fondazione è incompatibile con la preesistenza di una struttura associativa, né a diversa conclusione può pervenirsi considerando la possibilità di integrare il procedimento con le regole desunte dalle disposizioni in tema di società.
A questo panorama di rigida chiusura, si è peraltro contrapposto il Tar Lombardia, che, con la sentenza n. 445 del 14 febbraio 2013, ha sancito che la regola della generale trasformabilità fra enti diversi appare, a seguito delle novità introdotte dalla riforma del diritto societario (articoli 2500-septies e 2500-octies del codice civile), un principio generale del nostro ordinamento, risultando pertanto ragionevole consentire la trasformazione “diretta” da associazione a fondazione, senza il passaggio intermedio attraverso le società di capitali, «per ovvie ragioni di economia dei mezzi giuridici».
Sempre in Lombardia, vi è poi da registrare che la Regione ha pubblicato un documento, datato 9 maggio 2013, intitolato «Linee guida per la trasformazione eterogenea degli enti non profit nell’ottica della tutela dei creditori e del controllo di congruità del patrimonio dell’ente trasformato», evidentemente presupponendo la liceità dell’operazione di trasformazione da associazione a fondazione.
Se, dunque, a seguito dell’atteggiamento di chiusura della prevalente giurisprudenza, la fattibilità dell’operazione di trasformazione da associazione a fondazione si era parecchio raffreddata, ora, invece, come detto, la massima K.A.40 del Triveneto dà una decisiva “spallata” nel senso della possibilità di progettare l’evoluzione di un ente associativo in una struttura fondazione, senza timore che essa sia impedita da dubbi circa la sua liceità.
L’argomento centrale sul quale l’opinione del Triveneto si incentra è il rilievo che, con la riforma del diritto societario del 2003, il legislatore ha previsto espressamente la trasformabilità da associazione riconosciuta in società di capitali e, parallelamente, la possibilità di trasformare le società di capitali in fondazione; pertanto, «appare ulteriormente possibile, per il principio di economia dei mezzi giuridici, procedere alla trasformazione diretta da associazione riconosciuta in fondazione». Sarebbe infatti del tutto illogico dover procedere a effettuare una pluralità di negozi, consistenti nella trasformazione dell’associazione riconosciuta in una società di capitali (ad esempio in una società a responsabilità limitata), per poi addivenire a una ulteriore trasformazione, traghettando la società a responsabilità limitata in una fondazione.
Consiglio di Stato - Parere 30 gennaio 2015