L'avvocato può riservarsi di aumentare la parcella se il cliente non paga spontaneamente
Tuttavia, per il Cnf, commette illecito deontologico se chiede un compenso maggiore di quello già indicato se non ne fa espressa riserva
L'avvocato può riservarsi di aumentare la parcella se il cliente non paga spontaneamente e tempestivamente la somma richiesta, ma se lo fa senza una specifica ed espressa previsione, commette illecito deontologico.
È quanto afferma il Consiglio Nazionale Forense (nella sentenza n. 90/2021), rigettando il ricorso di un professionista avverso la sanzione dell'avvertimento inflittagli dal Consiglio di Disciplina.
La vicenda
La vicenda ha inizio con l'esposto da parte di una signora, assistita dal legale nel periodo intercorrente tra la morte del marito e le conseguenti pratiche di successione. La donna contestava, tra l'altro, l'invio di una parcella di importo raddoppiato rispetto a quello, già ritenuto eccessivo e contestato, chiesto dall'avvocato inizialmente.
Veniva aperto il procedimento disciplinare e innanzi al CDD l'avvocato presentava le proprie deduzioni, affermando che il preavviso di parcella inviato dal suo studio era relativo al caso in cui la cliente avesse pagato subito e spontaneamente. Tuttavia, nel caso di specie c'era stata una radicale contestazione della parcella, e il professionista aveva redatto i conteggi definitivi con conseguente lievitazione dell'importo (anche in virtù dell'entrata in vigore del decreto coi nuovi parametri).
All'esito della trattazione del procedimento disciplinare, il consiglio di disciplina proscioglieva l'avvocato dalle altre contestazioni ma lo riteneva responsabile della violazione dell'art. 29, comma 5, del vigente codice deontologico forense, in ordine ai compensi richiesti.
Il caso approdava dunque al Consiglio Nazionale Forense, il quale però ritiene che il CDD abbia correttamente inquadrato ed esaustivamente valutato i fatti, pervenendo ad una giusta decisione.
La decisione
Ad avviso del collegio, infatti, l'avvocato ha violato senza dubbio il precetto deontologico che impone di non richiedere compensi manifestamente sproporzionati rispetto all'attività svolta nonché di non richiedere, in caso di mancato pagamento, un compenso maggiore di quello già indicato, salvo che non abbia fatto espressa riserva da formularsi contestualmente alla indicazione del compenso richiesto, dal momento che i destinatari della richiesta devono essere messi in grado di conoscere immediatamente ed inequivocabilmente le conseguenze alle quali vanno incontro in caso di mancato, spontaneo pagamento del compenso richiesto dal professionista nell'ammontare specificamente indicato.
La riserva di maggiorare il compenso deve essere espressa
Come affermato infatti dalla oramai consolidata giurisprudenza domestica, sia nella vigenza del vecchio che del nuovo codice deontologico, "in caso di mancato spontaneo pagamento da parte del cliente, l'avvocato può richiedere un compenso maggiore di quello previamente indicatogli solo ove ne abbia fatto espressa riserva, la quale, per poter valere come tale, deve contenere la specifica previsione di una maggiorazione dell'importo in mancanza di tempestivo integrale pagamento della somma richiesta" (cfr. tra le altre CNF, sentenza n. 226/2018).
Per cui, "viola l'art. 29 ncdf (già art. 43 cdf), l'avvocato che, a causa del mancato spontaneo pagamento delle competenze professionali e senza averne fatto espressa riserva, richieda con una successiva comunicazione un compenso maggiore di quello già indicato in precedenza" (cfr. CNF, sent. n. 145/2018).
Nella specie, il ricorrente, come esattamente rilevato dal CDD procedente, ha dapprima inviato un conteggio a saldo per l'attività svolta e in un momento successivo ha trasmesso una parcella indicante una somma diversa e maggiore rispetto alla precedente (pari peraltro ad oltre 220mila euro), senza però avere espressamente manifestato, nella prima notula inviata, la riserva di richiedere, in caso di mancato pagamento della stessa, una somma di maggiore entità.
Per cui, conclude il collegio, non possono esservi dubbi sull'inosservanza del precetto deontologico in parola e il ricorso non può trovare accoglimento.