Famiglia

Infedeltà sanzionabile con il risarcimento del danno, ma la sofferenza deve essere stata insopportabile

Per la Cassazione (ordinanza 26383) l'afflizione deve tradursi nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto

di Simona Gatti

La depressione per il tradimento del coniuge non può essere risarcita senza una prova concreta. Se l'accertata infedeltà è sanzionata come addebito in sede di separazione, per il danno morale va dimostrato che la sofferenza è stata insopportabile con risvolti gravi sullo stato di salute o sull'onore o sulla dignità personale. Lo dice la Cassazione con l'ordinanza n. 26383 deposita il 19 novembre.

Il nesso causale tra la condotta illecita del partner e lo stato depressivo non può quindi unicamente basarsi sull'infedeltà, ma è oggetto di accertamenti e valutazioni concrete.

La Suprema corte , nel rigettare la richiesta di indennizzo del marito depresso e tradito, conferma l'apprezzamento operato dai giudici di merito, il cui esito applica un principio di diritto acquisito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale la natura giuridica del dovere di fedeltà coniugale derivante dal matrimonio implica che il suo venir meno attraverso il tradimento può essere sanzionato non solo con l'addebito della separazione, ma anche con il risarcimento del danno non patrimoniale ( articolo 2059 del codice civile), senza che la mancanza di pronuncia di addebito sia a ciò preclusiva. Tuttavia perché questo accada, la condizione di afflizione indotta nel coniuge deve superare la soglia di tollerabilità e tradursi, per le sue modalità o per la gravità dello sconvolgimento che provoca, nella violazione di un diritto costituzionalmente protetto come la salute, l'onore o la dignità personale.

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