L'invio a più caselle Pec di un messaggio diffamatorio non fa scattare l'aggravante della diffusione su internet
Non è l'uso della rete in sé a far presumere la pubblicità, ossia la diffusività verso un numero indeterminato di persone
L'invio di un messaggio di posta elettronica certificata - anche a più destinatari - non costituisce di per sè l'aggravante del terzo comma dell'articolo 595 del Codice penale che punisce la diffamazione in forma più severa. Inizialmente la norma prevedeva l'aggravante per la condotta commessa a mezzo stampa. Oggi la circostanza che aggrava il reato è quella della potenziale pubblicità che un messaggio diffamatorio può raggiungere se veicolato con i nuovi mezzi di comunicazione on line.
La rete
L'immissione in internet di un messaggio è già stata considerata dalla giurisprudenza come presunzione di un alto rischio di diffusione dei contenuti condivisi. Ma non è l'uso della rete in sé a far scattare l'aggravante, bensì lo specifico strumento utilizzato per comunicare l'opinione diffamatoria. Siti web e commenti postati sui social sono considerati i più pericolosi per tale diffusività, ma lo stesso non può dirsi per la posta elettronica; anche se si tratta di mezzi telematici che utilizzano ugualmente la rete.
La decisione
Alla luce della più moderna giurisprudenza che ha individuato tra i mezzi atti a dare ampia pubblicità a un contenuto diffamatorio la posta elettronica o il web la sentenza n. 31179/2023 della quinta sezione penale della Cassazione opera un netto distinguo tra i due strumenti telematici.
Infatti, la Suprema corte afferma che la pubblicazione di un medesimo messaggio tramite Pec (o e-mail) o su siti web (compresi quelli a pagameento) ha una diversa offensività potenziale, a meno di prova contraria. In particolare, dicono i giudici, nel caso di pubblicazione su siti web o sui social il messaggio offensivo si presume diffuso a un indeterminato numero di destinatari per cui la diffamazione risulta in sé aggravata.
Stessa presunzione, invece, non può scattare in caso di un invio tramite posta elettronica anche se indirizzata a diversi destinatari. L'accesso riservato e tramite credenziali fa presumere appunto una comunicazionediretta a una persona individuata e senza finalità intrinseche, date dal mezzo utilizzato, a perseguire un'ulteriore diffusione da aprte dei destinatari dei messaggi ricevuti.
La sentenza prende atto però della giurisprudenza creatasi sul tema. Ad esempio, l'invio di una mail diffamatoria su una casella di posta elettronica potenzialmente accessibile da più soggetti (come quelle istituzionali consultabili non solo dal destinatario, ma anche dagli addetti alla corrispondenza) integra l'aggravante stessa.
L'aggravante è costituita dalla pubblicità data al contenuto diffamatorio verso un' ampia platea di persone. Inizialmente l'aggravante era nata a fronte di una diffusione a mezzo stampa proprio a causa della diffusività dello strumento. Ma oggi hanno raggiunto lo stesso grado di offensività nuovi strumenti tecnologici tra i quali internet, che risulta essere il più "pericoloso". Quindi è la stessa giurisprudenza che ha ampliato le ipotesi in cui l'aggravante possa scattare avendovi ricomprendeso le nuove tecnologie informatiche e soprattutto telematiche.