Civile

Esibizione prova, bocciata l'istanza se il cliente non chiede alla Banca la documentazione degli ultimi 10 anni

Nota a sentenza, Corte di Cassazione, I Sezione Civile, 13/09/2021 n. 24641

di Antonio Ferraguto e Maria Francesca Mazzeo*

"Il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell'amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall'articolo 119, quarto comma, del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l'istanza di cui all'articolo 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca, che senza giustificazione non vi abbia ottemperato; la stessa documentazione non può essere acquisita in sede di consulenza tecnica d'ufficio contabile, ove essa abbia ad oggetto fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse."

Questi i principi di diritto sanciti dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza in commento che ha rimesso in discussione l'orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di consegna documentale ex art. 119 TUB ed ordine di esibizione ex art. 210 cpc, secondo il quale l'articolo 119, ultimo comma, del testo unico bancario consentirebbe al correntista di richiedere alla banca la documentazione concernente il rapporto in qualunque momento, senza condizioni. Dunque, secondo la tesi contrastata ora dalla Cassazione, non solo prima della proposizione del giudizio, ma anche in corso di causa e anche per mezzo di richiesta rivolta al giudice ai sensi dell'articolo 210 c.p.c.

La pronuncia in commento ha intesa dare un taglio decisamente netto al precedente orientamento giurisprudenziale di segno opposto, affermando che l'antecedente soluzione sul punto adottata (v. per tutte Cass. 11 maggio 2017, n. 11554) "non può essere condivisa sicché ad essa non può essere data ulteriore continuità".

In breve, secondo la precedente Cass. 11 maggio 2017, n. 11554, l'istanza ex art. 119, comma 4 TUB, poiché norma a presidio della trasparenza nei rapporti tra banca e cliente, poteva essere esercitata anche in corso di causa e "attraverso qualunque mezzo si mostri idoneo allo scopo", ivi compresa l'esibizione di cui all'art. 210 c.p.c.

Nello specifico, nel 2017 la Cassazione aveva ritenuto che "la norma del comma 4 dell'art. 119 TUB non contempla, o dispone, nessuna limitazione che risulti in un qualche modo attinente alla fase di eventuale svolgimento giudiziale dei rapporti tra correntista e istituto di credito. […]. Da rimarcare, più ancora, è che la richiamata disposizione dell'art. 119 viene a porsi tra i più importanti strumenti di tutela che la normativa di trasparenza ... riconosca ai soggetti che si trovino a intrattenere rapporti con gli intermediari bancari. Come è stato rilevato, con tale norma la legge dà vita a una facoltà che non è soggetta a restrizioni" (nello stesso senso interpretativo, ma senza aggiunte argomentative, si erano poi pronunciate Cass. 8 febbraio 2019, n. 3875; Cass. 4 dicembre 2019, n. 31650; Cass. 30 ottobre 2020, n. 24181).

Ebbene, con la recentissima sentenza in commento, dopo aver ripercorso i passaggi salienti della normativa di cui all'art. 119 TUB, la Suprema Corte ha ritenuto di non poter condividere la predetta conclusione, affermando che "il cliente, o chi per lui, ha certo diritto di ottenere gli estratti conto direttamente dalla banca, ma non per il tramite del giudice, ai sensi dell'articolo 210 c.p.c., salvo che, in ossequio alla consolidata giurisprudenza di questa Corte formatasi con riguardo a tale disposizione, una volta effettuata la richiesta alla banca, questa non si sia resa inadempiente al proprio obbligo."

La Corte è giunta a tale condivisibile conclusione seguendo un iter argomentativo logico ed ineccepibile.

Attraverso un'interpretazione sistematica e letterale, innanzitutto esclude che l'art. 119, comma 4 TUB, nel silenzio della legge, dia "vita a una facoltà che non è soggetta a restrizioni", atteso che laddove il legislatore detti una disciplina sostanziale – quale quella ex art. 119, comma 4 TUB- essa non va a derogare la disciplina processuale generale dettata dal codice di rito, salvo che non sia lo stesso legislatore a disporre in tal senso.

In sede argomentativa, sotto questo profilo, ha richiamato, quali esempi, le discipline sostanziali e processuali di cui agli artt. 440 e 1453 c.c. In queste ipotesi – si legge – è "lo stesso legislatore a far «saltare», con apposita disposizione, il congegno processuale altrimenti applicabile. Il che non è ravvisabile nel quarto comma dell'articolo 119".

Nello specifico, la Suprema Corte ha rilevato che, in ossequio al principio di cui all'art. 12 delle preleggi, non è rinvenibile dal tenore letterale dell'art. 119, comma 4 TUB alcun segno positivo dal quale desumere che il cliente possa ottenere a lite pendente la consegna degli estratti conto "attraverso qualunque mezzo si mostri idoneo allo scopo", ivi compreso l'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.; ordine che, viceversa, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, non può avere ad oggetto nient'altro che documenti che la parte non possa procurarsi da sé.

Difatti, dire che è la banca, su istanza del cliente a dover produrre su ordine del giudice gli estratti conto che il cliente/attore non abbia né prodotto, né preventivamente richiesto con esito negativo, sta a significare che è la banca a dover offrire, in giudizio, il supporto probatorio della domanda attrice, il che scardina le regole del riparto degli oneri probatori siccome definite dalla fondamentale disposizione dettata dall'articolo 2697 c.c., applicato alla materia dei contratti di conto corrente bancario.

Come noto, infatti, ove sia il correntista ad agire per l'accertamento giudiziale del saldo e per ottenere la ripetizione delle somme che si assumono indebitamente riscosse dall'istituto di credito, è questi, attore in giudizio, a doversi far carico della produzione dell'intera serie degli estratti conto.

Ma, ha proseguito la Suprema Corte, l'articolo 119, quarto comma, non è norma sull'onere della prova, bensì è norma dettata per lo scopo della trasparenza bancaria: la sua formulazione e ratio non consente di desumere che il legislatore abbia inteso consentire al cliente di richiedere, senza limite alcuno, la consegna degli estratti conto a lite pendente, grazie all'intervento del giudice.

Quanto precede non sta a significare che il cliente, una volta introdotta la causa in veste di attore, non possa più avvalersi dell'articolo 119, ultimo comma; non può farlo invocando indiscriminatamente l'intervento del giudice, il che stravolgerebbe le regole processuali generali non derogate dall'art. 119, a meno che la banca non si sia resa inadempiente dell'obbligo che su di essa incombe dal momento della richiesta di rilascio dei documenti da parte del correntista.

Proseguendo in sede motivazionale, la Suprema Corte ha rilevato, poi, che la norma di cui all'art. 119, comma 4 TUB designa una specifica obbligazione a carico della banca (quella della consegna della documentazione richiesta) che "rimane quiescente fintanto che il cliente non trasmetta alla banca la relativa richiesta"; si tratta, dunque, di un diritto potestativo, che, fin quando non esercitato, non impone all'intermediario di fare alcunché.

Dunque, se il cliente, o chi per lui, ha esercitato il diritto di cui al quarto comma dell'articolo 119, e la banca non vi ha ottemperato, in presenza dei presupposti ora indicati, l'ordine di esibizione sarebbe impartito in conformità alla previsione normativa. Se il cliente non ha invece effettuato la preventiva richiesta, inadempiuta, non vi sono margini per l'ordine di esibizione di cui all'articolo 210 c.p.c.

La Suprema Corte ha quindi sottolineato che l'istanza rivolta in giudizio alla banca a consegnare gli estratti conto, ai sensi del quarto comma dell'articolo 119, si risolve in un'azione di adempimento. Ed un'azione di adempimento introdotta quando l'obbligazione non è ancora attuale, non ha evidentemente alcun senso.

La Corte ha, altresì, specificato che grava su chi invochi l'intervento officioso del giudice l'onere di allegare e provare l'esistenza di una situazione eccezionale che legittimi l'utilizzo di tali poteri, ovvero l'impossibilità o particolare difficoltà di assolvere altrimenti all'onere probatorio (Cass. 30 dicembre 2009, n. 28047).

Ad ogni modo, e pronunce precedenti lo confermano, l'ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. non può essere disposto allorquando l'interessato può da sé acquisirne una copia e produrla in giudizio. (Cass. 6 ottobre 2006, n. 19475) atteso che "l'esibizione a norma dell'articolo 210 c.p.c. non può in alcun caso supplire al mancato assolvimento dell'onere della prova a carico della parte istante" (Cass. 8 agosto 2006, n. 17948; Cass. 25 maggio 2004, n. 10043).

Sulla base di tali assunti, la Corte ha respinto il ricorso e ritenuto corretta la pronuncia impugnata nella parte in cui ha statuito che l'attore non avesse soddisfatto il proprio onere probatorio, non avendo prodotto gli estratti conto né chiesto l'esibizione, ex articolo 210 c.p.c., senza averne effettuato richiesta alla banca, rimasta inadempiuta, ai sensi del quarto comma dell'articolo 119 citato.

*a cura degli avv.ti Antonio Ferraguto e Maria Francesca Mazzeo, La Scala Società tra Avvocati per Azioni


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