Civile

La Cassazione apre al rimborso IVA sui beni non ammortizzabili

Per la Suprema Corte sussiste il principio di “totale equiparazione di detrazione e rimborso”

La recente sentenza della Cassazione a SSUU 13162 del 26 marzo 2024 affronta e risolve il tema della limitazione del diritto al rimborso IVA in presenza di un credito che, formalmente, non era ascrivibile ai casi contemplati dall’art. 30 DPR 633/1972.

Il punto interessante è che nel motivare la soluzione del caso ha ritenuto sussistente il principio di “ totale equiparazione di detrazione e rimborso ”. Il che apre la strada alla abrogazione per via giurisprudenziale delle limitazioni quali/quantitative fissate dal già menzionato art. 30.

Il caso

Il caso esaminato era di un soggetto passivo che ha eseguito migliorie su beni locati ed ha chiesto il rimborso con la causale “ imposta relativo all’acquisto di beni ammortizzabili ”.

Al diniego dell’Agenzia che riteneva non equiparabile un bene strumentale locato ad uno ammortizzabile, conformemente al dato letterale dell’art. 30 c. 2 lett. c) DPR 633/72 è seguito il contenzioso approdato alle Sezioni Unite.

Per risolvere il caso la corte ha chiarito che laddove la direttiva IVA (art. 183) assegna agli Stati membri la possibilità di accordare ai soggetti passivi la scelta tra riportare l’eccedenza al periodo successivo o procedere al rimborsosecondo modalità da essi stabilite”, non si è inteso che nell’esecuzione dei rimborsi potessero essere aggiunte limitazioni diverse da quelle generali e già definite sul diritto alla detrazione.

Secondo la Corte, una volta accertato il diritto alla detrazione, è conseguenza del “generalissimo, tendenzialmente assoluto, principio di neutralità” che il rimborso debba essere eseguito. Agli Stati Membri è consentito stabilire le modalità del rimborso, non anche l’introduzione di ulteriori limitazioni, che effettivamente lederebbero il principio di neutralità, anche finanziaria, del soggetto passivo, essendo ben chiaro che l’unico soggetto che deve restare inciso dal prelievo è il consumatore finale.

Con questa lettura asseritamente “unionalmente orientata” la Corte interpreta il termine letteraleacquisto come disponibilità del bene, ed il termine “ ammortizzabile ” come durevolezza/utilità pluriennale del bene. Precisando altresì che l’utilizzo di accezioni definitorie proprie di altri contesti del termine “ bene strumentale ammortizzabile ” rinvenibili nel contesto delle imposte dirette o dei principi contabili non possono essere calate sic et simpliciter nell’ambito IVA, la quale deriva da un contesto Unionale.

Questa lettura apre la strada alla soluzione dell’annoso problema del rimborso IVA per l’acquisto di un terreno. Rimborso che viene sistematicamente negato perché il terreno, anche quando strumentale, non è ammortizzabile né per il TUIR né per i principi contabili. Ma evidentemente nel contesto IVA l’ammortizzabilità del bene nulla rileva né sul piano della detrazione e per conseguenza sul piano della rimborsabilità.

Ma la Corte è andata oltre, affermando che la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE è orientata nel senso della totale equiparazione di detrazione e rimborso, quali strumenti diretti a garantire il principio generale di neutralità. Del resto, nei casi C-338/98, C/152/02 e C-691/17 la Corte ha precisato che l’an del diritto alla detrazione è disciplinato negli art., 167-172 della Direttiva , mentre i successivi artt. 178-183 disciplinano esclusivamente le modalità di esercizio di tale diritto e di quello alternativo di rimborso.

Conseguentemente, dice la Corte, il quomodo dell’esercizio del diritto al rimborso IVA non deve mai ledere il principio di neutralità, dovendo altresì rispettare i principi di proporzionalità ed effettività. Non v’è dunque alternativa – dice la Corte – ad una interpretazione estensiva della disposizione legislativa interna sui rimborsi.

Ciò chiarito, ci chiediamo quanto possano sopravvivere i requisiti specifici indicati nell’art. 30 DPR 633/72 attualmente richiesti per ottenere i rimborsi. In effetti quelle limitazioni ammetterebbero la sussistenza del caso di credito IVA esistente ma non rimborsabile. Situazione che non è ovviamente compatibile con il “generalissimo, tendenzialmente assoluto”, principio di neutralità.

Un conto è sottoporre a controllo le richieste pervenute, classificandole in ragione delle motivazioni che ne hanno determinato l’emersione. Altro è delimitare il rimborso soltanto a casi predeterminati, lasciando a carico del soggetto passivo “sfortunatamente” a credito per ragioni diverse a sopportare l’onere finanziario conseguente.

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*A cura di Giampiero Guarnerio, Partner, Dottore Commercialista e Revisore legale, Rödl & Partner e Skevi Licollari, Partner, Dottore Commercialista e Revisore legale, Rödl & Partner

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