Amministrativo

La cittadinanza va concessa (solo) allo straniero che esprime i pieni valori del "buon cittadino"

Il provvedimento secondo il Tar Lazio rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento

di Pietro Alessio Palumbo

L'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della cittadinanza impone che si valutino anche sotto il profilo "indiziario" le prospettive di ottimale inserimento dello straniero nel contesto sociale del nostro Paese. Il provvedimento in questione – ha chiarito il Tar del Lazio con la recente sentenza 3227/2021 - lungi dal costituire per il richiedente una sorta di "diritto" che il Paese ospitante deve necessariamente e automaticamente riconoscergli, ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti o l'assenza di fattori ostativi, rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare: per un verso la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un "nuovo" componente; per altro – si badi - l'attitudine dello stesso ad assumere "doveri ed oneri".

Attività di "intelligence" e valutazioni prognostiche
Gli accertamenti sulla sicurezza pubblica sono riservati e quando non sono posti a base di misure limitative della libertà o di altri diritti costituzionalmente garantiti danno luogo alla formulazione di una valutazione riferibile al potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini. Accertamenti i cui esiti ben possono essere esternati con "formule sintetiche" che hanno l'obiettivo di evitare la rivelazione di notizie potenzialmente compromettenti attività di "intelligence" in corso e l'incolumità di coloro che hanno effettuato le indagini. Sotto diversa ottica, la particolarità delle esigenze di tutela della sicurezza della Repubblica, giustifica una valutazione di tipo "prognostico" purché questa sia concretamente ancorata agli esiti delle investigazioni effettuate dagli organismi competenti.

Il concetto di "motivazione attenuata"
Per altro verso va evidenziato che il parametro della cosideetta "motivazione sufficiente" non ha carattere rigido né assoluto, bensì si presta ad essere adeguatamente calibrato in funzione della delicatezza degli interessi, pubblici e privati coinvolti, potenzialmente lesi per effetto di un indiscriminato ed incontrollato palesamento dei fatti accertati dall'amministrazione e degli strumenti istruttori utilizzati. Ciò legittima un assolvimento "attenuato" dell'obbligo esplicativo delle ragioni del provvedimento da parte dell'amministrazione, poiché una più ampia esposizione delle informazioni può costituire un "attentato" alla segretezza, connaturata allo svolgimento di investigazioni penetranti in ambiti rischiosi. E si badi, non si tratta di un giudizio di pericolosità sociale, passibile di misure di prevenzione, ma solo di una valutazione di preferenza dell'interesse pubblico a non inserire stabilmente nella Comunità chi, allo stato degli atti, si ritenga esprima la propria vicinanza a idee o persino movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica.

"Naturalizzazione" e sicurezza della Comunità
Il conferimento della cittadinanza italiana per "naturalizzazione" presuppone l'accertamento di un interesse pubblico da valutarsi in relazione ai fini propri della società nazionale e non del semplice interesse privato di chi si attiva per chiedere la cittadinanza. La sicurezza della Repubblica è infatti interesse di rango superiore rispetto all'interesse di uno straniero ad ottenere la cittadinanza italiana. Ed il riconoscimento della cittadinanza, per sua natura irrevocabile, presuppone che nessun dubbio, "nessuna ombra" di inaffidabilità del richiedente sussista, anche con valutazione prospettica sul futuro e con speciale riguardo alla piena adesione ai valori costituzionali su cui si fonda la Repubblica.

La valutazione "ampiamente discrezionale" dell'Amministrazione
A ben vedere, l'Amministrazione dopo aver accertato la sussistenza dei presupposti per proporre la domanda di cittadinanza, effettua una valutazione "ampiamente discrezionale" che non può che tradursi in un apprezzamento di opportunità: sullo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale; sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana; sulle possibilità dello straniero di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla Comunità nazionale. Nella valutazione per concedere o meno la cittadinanza assumono dunque rilievo tutti gli aspetti da cui è possibile desumere l'integrazione del richiedente nella Comunità nazionale, sotto il profilo della conoscenza e osservanza delle regole giuridiche, ma anche – si badi - "culturali" che la connotano.

Il (potenziale) "buon cittadino"
Per i motivi esposti viene in rilievo ogni aspetto che possa fare dello straniero un "buon cittadino". Ed in particolare: la perfetta integrazione nel tessuto sociale italiano; l'assenza di precedenti penali; evidenze di carattere economico e patrimoniale per cui si possa presumere che egli sia in grado di adempiere ai doveri di solidarietà economica e sociale richiesti a tutti i cittadini; condizioni familiari e di irreprensibilità della condotta. Il concetto di sicurezza della Repubblica non quindi è legato ad elementi ostativi quali condanne o precedenti penali a carico del richiedente, potendo riguardare anche (mere) "frequentazioni" dello straniero o il suo possibile coinvolgimento in attività che possano (comunque) incidere negativamente sul doveroso rispetto dei valori della nostra Repubblica.

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