Civile

La clausola interessi con scoperto è nulla se fondata sugli usi

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di Giovanbattista Tona

La clausola di pattuizione degli interessi di un contratto di conto corrente bancario con convenzione di scoperto è nulla per indeterminabilità dell’oggetto, se fa rinvio generico agli usi di piazza o al tasso interbancario. E se questo contratto è stato stipulato prima dell’entrata in vigore della legge 154/1992 sulla trasparenza bancaria (poi confluita nel Dlgs 385/1993, il Testo unico bancario), si applicano di diritto gli interessi legali in base all’articolo 1284 del Codice civile, in mancanza di un successivo accordo scritto tra le parti.

Lo stabilisce una recente decisione della Corte d’appello di Napoli del 13 dicembre 2018 (Presidente Sensale, relatore Marinaro), che ribadisce un proprio costante orientamento e che si pone in consapevole contrasto con una recente diversa statuizione della Corte di cassazione.

Il Tribunale di Avellino aveva dichiarato la nullità di una clausola di un contratto di conto corrente risalente al 1985 nella quale, sugli interessi, si faceva rinvio alle condizioni praticate dalle “casse” sulla piazza. Aveva anche ritenuto che tutte le successive comunicazioni della banca al cliente sui tassi praticati e sulle loro variazioni, sempre tacitamente approvati, non potevano sostituire quella clausola nulla, quantomeno perché non potevano considerarsi espressivi di una pattuizione avvenuta con forma scritta come era obbligatorio dopo la legge 154/1992 anche con riguardo ai contratti stipulati prima. Il Tribunale di Avellino aveva allora proceduto al ricalcolo degli interessi seguendo il criterio previsto dall’articolo 117 comma 7 lettera a) del Dlgs 385/1993 (nel quale è confluito l’articolo 5 della legge 154/1992), cioè usando come tasso debitore il valore massimo del tasso dei Bot annuali emessi nei 12 mesi precedenti. Riteneva tale norma applicabile al rapporto di conto corrente perché, trattandosi di contratto di durata, produceva effetti nel vigore delle nuove disposizioni contenute nel Testo unico bancario e sulla base di esse, per il periodo successivo al 1993, poteva fissarsi l’interesse sostituivo.

La Corte d’appello di Napoli invece ha riformato la decisione del Tribunale di Avellino, affermando che i contratti conclusi prima della legge 155/1992 non possono essere assoggettati alla relativa disciplina neanche in relazione al periodo svoltosi sotto la vigenza della stessa, dato il carattere non retroattivo della normativa. La irretroattività espressamente stabilita dalla legge del 1992 e recepita dal Tub del 1993 deve considerarsi estesa anche alla previsione della sostituzione automatica delle clausole e quindi, data la nullità delle pattuizioni sugli interessi, in assenza di successivo valido accordo scritto sul punto, si applica il saggio legale ex articolo 1284 del Codice civile.

La Corte napoletana richiama sul punto precedenti conformi propri, ma anche della Cassazione (11466/2008 e 28302/2005) e della Corte costituzionale (ordinanza 338/2009). Segnala anche che di recente la Cassazione ha espresso un orientamento diverso (ordinanza 23317/2018), affermando l’applicabilità del tasso indicato dal Tub, ma sottolinea che non ritiene di condividerlo.

Corte d’appello di Napoli sentenza 6020

ordinanza 23317/2018

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