La Corte di Cassazione: «Mondo di Mezzo non è una mafia»
Mondo di Mezzo non è una mafia. Così ha deciso la Corte di Cassazione, che ha escluso definitivamente il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso per l’organizzazione criminale definita «semplice», capeggiata da Massimo Carminati e dal suo «braccio imprenditoriale» Salvatore Buzzi. Adesso il processo tornerà alla Corte d’Appello, che dovrà rideterminare le pene alla luce delle disposizioni della VI sezione penale della Cassazione, presieduta da Giorgio Fidelbo. Intanto però si dovrà attendere il deposito delle motivazioni, per comprendere quali siano state le valutazioni della Corte, nel ritenere insussistente l’ipotesi del 416 bis.
Il processo - fiore all’occhiello dell’ex procuratore capo Giuseppe Pignatone (oggi presidente del Tribunale vaticano) - si basava sull’ipotesi che a Roma era sorta una mafia «originaria» che teneva sotto scacco il settore degli appalti del Comune di Roma Capitale. Una ricostruzione già smontata dal primo grado, con una sentenza criticata in ambienti giudiziari. È stata la Corte d’Appello di Roma a rimettere le carte in tavola, con una sentenza che aveva invece riconosciuto l’esistenza dell’associazione per delinquere di tipo mafioso.
«La Corte di Cassazione ha sigillato in maniera definitiva la nostra versione, perché c’è l’annullamento senza rinvio sulla questione principale della mafia a Roma», ha commentato l’avvocato Alessandro Diddi, difensore di Buzzi. Inoltre il legale ha aggiunto che «Buzzi su mia indicazione aveva ammesso alcune delle contestazioni. A Roma c’era un sistema marcio e corrotto e la sentenza di primo grado l’ha riconosciuto. La Procura ha provato a sostenere la mafia. La Cassazione ha detto quello che avevamo sostenuto fin dall’inizio». Per uno dei difensori di Carminati, l’avvocato Cesare Placanica, «per annullare (il capo di imputazione dell’associazione mafiosa, ndr) senza rinvio significa che la Cassazione ha ritenuto la sentenza (di appello, ndr) giuridicamente insostenibile».