La filiazione omogenitoriale tra il rispetto dell'ordine pubblico e il miglior interesse del minore
Due avvenimenti, accaduti negli ultimi giorni, ci danno lo spunto per riflettere giuridicamente sulla cosiddetta filiazione omogenitoriale
Due avvenimenti, accaduti negli ultimi giorni, ci danno lo spunto per riflettere giuridicamente sulla cosiddetta filiazione omogenitoriale.
Il primo pretesto è stato fornito dalla bocciatura, da parte della Commissione delle Politiche Europee del Senato, della " proposta di regolamento del consiglio relativo alla competenza, alla legge applicabile e al riconoscimento delle decisioni e all'accettazione degli atti pubblici in materia di filiazione e alla creazione di un certificato europeo di filiazione "; la seconda occasione è stata originata dal provvedimento del Prefetto di Milano che ha vietato al Comune di Milano di trascrivere gli atti di nascita di provenienza straniera in cui figurano come genitori i membri di una coppia omosessuale.
I detti avvenimenti pur avendo natura diversa, hanno un qualche nesso di collegamento tra loro, proveremo, pertanto, a fare un breve approfondimento giuridico sulla omogenitorialità alla luce dei detti avvenimenti.
La bocciatura della proposta di regolamento europeo per il riconoscimento dei diritti dei figli delle coppie omogenitoriali e certificato europeo di filiazione
La proposta di Regolamento europeo, che il Senato nei giorni scorsi ha bocciato, prevedeva il riconoscimento automatico, da parte di ogni Stato membro della UE, delle decisioni giudiziarie e degli atti pubblici che accertassero o fornissero prove dell'accertamento della filiazione.
Cosicché la filiazione accertata in uno Stato membro – secondo la proposta di regolamento – avrebbe avuto un riconoscimento in tutti gli altri Stati membri, senza alcuna procedura particolare, anche nel caso in cui il certificato di nascita prodotto da uno Stato membro avesse previsto che i genitori fossero una coppia omosessuale.
Il Regolamento europeo difficilmente avrà efficacia nell'Unione europea
Tale proposta di regolamento – come detto, bocciata dal Senato – per avere efficacia nell'Unione Europea, dovrà essere, tuttavia, approvata dal Consiglio dell'Unione Europea, dopo una consultazione con il Parlamento Europeo.
Ma non solo. Il Consiglio dell'Unione Europea dovrà esprimersi all'unanimità e probabilmente, dopo la bocciatura della proposta da parte dell'Italia, ma anche per via delle posizioni sfavorevoli su tali tematiche da parte della Polonia e dell'Ungheria, tale regolamento difficilmente vedrà la luce.
Il Certificato europeo di filiazione
C'è da rilevare che il regolamento, sottoposto al Senato, prevedeva, anche, la creazione di un certificato europeo di filiazione, che i figli (o i loro rappresentanti legali) avrebbero potuto richiedere allo Stato membro che aveva accertato la filiazione e, così, utilizzarlo come prova della filiazione in tutti gli altri Stati membri.
Il certificato avrebbe avuto contenuti ed effetti identici indipendentemente dallo Stato membro di rilascio e sarebbe stato rilasciato in una forma uniforme esistente in tutte le lingue ufficiali dell'UE.
Il certificato europeo, una volta conseguito, sarebbe stato possibile utilizzarlo per far valere lo stato di filiazione in uno Stato membro diverso da quello che lo aveva emesso, anche a prescindere dall'iscrizione nei registri dello stato civile di quello Stato e dunque a prescindere dal suo riconoscimento come atto straniero, in quanto si sarebbe trattato di un certificato europeo e non di un atto straniero.
Il Senato ha espresso un parere motivato contrario al certificato europeo di filiazione perché esso non rispetta i principi di sussidiarietà e proporzionalità
La Commissione delle Politiche Europee del Senato alla luce anche di quanto sopra evidenziato, ha deciso di esprimere un parere motivato ai sensi dell'articolo 6 del protocollo n. 2 allegato ai Trattati europei, adducendo che alcune disposizioni contenute nella proposta, e in particolare l'obbligo di riconoscimento (e di conseguente trascrizione) di una decisione giudiziaria o di un atto pubblico, emessi da un altro Stato membro, che attestano la filiazione, e l'obbligo di riconoscimento del certificato europeo di filiazione, non rispettano i principi di sussidiarietà e di proporzionalità.
La sentenza della Cassazione a Sezioni unite n. 38162/2022 ha confermato la contrarietà all'ordine pubblico della genitorialità avente origine dalla pratica della maternità surrogata
La Commissione del Senato ha tenuto, infatti, ad evidenziare che la Corte di Cassazione nella pronuncia a sezioni unite n. 38162 del 30 dicembre 2022 , ha confermato la contrarietà all'ordine pubblico della pratica della maternità surrogata, negando la trascrivibilità automatica del provvedimento straniero di attestazione della genitorialità da questa avente origine e riconoscendo il carattere di norma di ordine pubblico internazionale all'articolo 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, che considera fattispecie di reato ogni forma di maternità surrogata, con sanzione rivolta a tutti i soggetti coinvolti, compresi i genitori intenzionali.
Il certificato europeo, al contrario, rischierebbe di atteggiarsi come una certificazione pubblica con funzione di accertamento dello stato, e dunque, come un vero e proprio titolo dello stato, o quanto meno come un atto avente efficacia probatoria dello stato. Tanto più che, «nessuna autorità o persona davanti alla quale sia stato presentato un certificato europeo di filiazione rilasciato in un altro Stato membro avrebbe potuto chiedere la presentazione di una decisione giudiziaria o un atto pubblico al posto del certificato».
Talché, si prescinderebbe da qualsiasi verifica giudiziale della concreta conformità al superiore interesse del minore della formalizzazione di un simile rapporto genitoriale, come richiede invece la Suprema Corte con l'orientamento già accennato e ormai consolidato (cfr. Cass. S.U., n. 38126/2022), che afferma, invece, che deve escludersi la trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero e dell'originario atto di nascita, che indichi quale genitore il padre d'intenzione del bambino nato da gestazione per altri.
Il preminente interesse del minore non si coniuga con l'automatismo dell'instaurazione della genitorialità
L'instaurazione della genitorialità e il giudizio sulla realizzazione del miglior interesse del minore non si coniugano, infatti – come ha affermato la Suprema Corte - con l'automatismo e con la presunzione, ma richiedono una valutazione di concretezza: quella valutazione di concretezza che postula il riscontro del preminente interesse del bambino.
Vi è poi da rilevare che se anche la proposta di regolamento consente invero l'invocazione della clausola dell'ordine pubblico per rifiutare il riconoscimento di un documento di un altro Stato membro che accerta il rapporto di filiazione, come chiaramente espresso agli articoli 31 e 39 della proposta, tuttavia, ciò è previsto in via del tutto eccezionale e come eventualità da valutare caso per caso.
Il regolamento europeo prevedeva che soltanto eccezionalmente uno Stato potesse invocare la clausola di ordine pubblico
La proposta di regolamento europeo evidenziando che soltanto eccezionalmente uno Stato può invocare la clausola dell'ordine pubblico, al n. 14 ha espresso chiaramente, che ad esempio essa non può essere invocata per giustificare il rifiuto di riconoscere un rapporto di filiazione tra un figlio e i genitori dello stesso sesso ai fini dell'esercizio dei diritti conferiti al figlio dal diritto dell'Unione.
Le autorità degli Stati membri, pertanto, non potrebbero negare, per motivi di ordine pubblico, il riconoscimento di una decisione giudiziaria, o di un atto pubblico che accertino la filiazione mediante adozione da parte di un uomo solo, o che accertino la filiazione nei confronti dei due genitori in una coppia dello stesso sesso per il solo motivo che i genitori sono dello stesso sesso.
La proposta – secondo la Commissione delle Politiche Europee del Senato - non prevede la possibilità per gli Stati membri di assicurare il pieno rispetto dei diritti dei figli mediante strumenti diversi da quello del riconoscimento delle decisioni giudiziarie, di atti pubblici o di certificati europei di filiazione, quale per esempio l'istituto dell'adozione in casi particolari, previsto dall'articolo 44, comma 1, lettera d), della legge 4 maggio 1983, n.184.
La Commissione del Senato ha, pertanto, rilanciato affermando che appare quindi condizione essenziale che la proposta, per poter essere accettata, preveda esplicitamente la possibilità di invocare la clausola dell'ordine pubblico in via generale su tutti i casi di filiazione per maternità surrogata, a condizione di assicurare una tutela alternativa ed equivalente, quale quella del citato istituto dell'adozione in casi particolari, e che ciò valga esplicitamente anche con riguardo al certificato europeo di filiazione.
Con riguardo ai limiti evocati, cioè alla possibilità di negare un riconoscimento a motivo della manifesta contrarietà all'ordine pubblico, tra cui quello di procedere solo caso per caso, è intervenuta la Corte di cassazione, che ha evidenziato «che solo un divieto così ampio è in grado, in via precauzionale, di evitare forme di abuso e sfruttamento di condizioni di fragilità », insite in ogni forma di surrogazione di maternità, che è da ritenersi sempre lesiva della dignità della gestante, ma anche potenzialmente dello stesso bambino.
È, comunque, da evidenziare che già la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con pronuncia Cass. Civ. n. 12193/2019 , riferendosi alla nozione di ordine pubblico di cui alla sentenza Cass. Civ. n. 16601/2017, ma, comunque, già fatto proprio dalla sentenza Cass. Civ. n. 19599/2016, ne aveva affermato la contrarietà in relazione a quei provvedimenti o atti stranieri che attribuiscano la genitorialità al genitore intenzionale del nato da maternità surrogata.
Il divieto del Prefetto di Milano al Comune di trascrivere gli atti di nascita di provenienza straniera in cui figurano come genitori i membri di una coppia omosessuale
Collegata per certi versi alla prima vicenda fin qui esaminata, è quella che ha visto il Prefetto di Milano, su indicazione del Viminale, vietare al Comune meneghino la trascrizione degli atti di nascita di provenienza straniera in cui figurano come genitori i membri di una coppia omosessuale.
La Prefettura di Milano, invero, avendo effettuato un approfondimento – quanto a casi rilevati e a orientamenti amministrativi e giurisprudenziali – relativo alle iscrizioni e alle trascrizioni degli atti di nascita, riportanti dati di genitori dello stesso sesso, ha stabilito che: "alla luce del divieto per le coppie composte da soggetti dello stesso sesso di accedere a tecniche di procreazione medicalmente assistita, il solo genitore che abbia un legame biologico con il nato può essere menzionato nell'atto di nascita che viene formato in Italia. Parimenti esclusa è la trascrizione di atti di nascita formati all'estero riconducibili alla fattispecie della maternità surrogata".
La Prefettura ha inoltre esteso il divieto di trascrizione dell'atto di nascita di bambini nati all'estero per mezzo di fecondazione assistita e riportante due donne come genitori; ciò è stato deciso «in ragione dell'assenza di indicazioni normative» ma la Prefettura ha chiesto in merito un parere all'Avvocatura dello Stato.
Il limite posto alla trascrivibilità di atti di nascita formati all'estero riconducibili alla fattispecie della maternità surrogata deriva, anche in tal caso, dal dettato della Cassazione a Sezioni Unite n. 38126/2022, che ha stabilito che "deve escludersi la trascrivibilità del provvedimento giudiziario straniero, e dell'originario atto di nascita, che indichi quale genitore il padre d'intenzione del bambino nato da gestazione per altri. Ciò in quanto la pratica della maternità surrogata, quali che siano le modalità della condotta e gli scopi perseguiti, offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, non è automaticamente trascrivibile il provvedimento giudiziario straniero, e a fortiori l'originario atto di nascita, che indichi quale genitore del bambino il genitore d'intenzione, che insieme al padre biologico ne ha voluto la nascita ricorrendo alla surrogazione nel Paese estero, sia pure in conformità della lex loci".
La Cassazione, nella stessa sentenza, tiene a ribadire che:
"C'è una parte debole del rapporto che potrebbe risultare fortemente danneggiata pur senza alcuna responsabilità.
Una discriminazione del bambino, fatta derivare dallo stigma verso la decisione dell'adulto di aver fatto ricorso a una tecnica procreativa vietata nel nostro ordinamento, si risolverebbe in una violazione del principio di eguaglianza e di pari dignità sociale, ponendo a carico del nato conseguenze riconducibili unicamente alle scelte di chi ha concepito la sua nascita".
Anche, tuttavia, la Corte costituzionale Sent. n. 230/2020 aveva ribadito che:
"L'art. 30 Cost. non pone una nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli; la libertà e volontarietà dell'atto che consente di diventare genitori non implica che possa esplicarsi senza limiti, poiché deve essere bilanciata con altri interessi costituzionalmente protetti, particolarmente quando si discuta della scelta di ricorrere a tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), le quali, alterando le dinamiche naturalistiche del processo di generazione degli individui, aprono scenari affatto innovativi rispetto ai paradigmi della genitorialità e della famiglia storicamente radicati nella cultura sociale, attorno ai quali è evidentemente costruita la disciplina degli artt. 29, 30 e 31 Cost., suscitando inevitabilmente, con ciò, delicati interrogativi di ordine etico".
Le diverse condizioni giuridiche dei bambini aventi come genitori coppie dello stesso sesso
Di seguito esaminiamo, infine, quali sono le diverse condizioni giuridiche dei bambini aventi come genitori coppie dello stesso sesso.
• Figli di due padri nati con la maternità surrogata all'estero. In tal caso solitamente i bambini sono titolari di un atto di nascita formato all'estero, cioè in quei Paesi ove è ammessa la maternità surrogata per coppie gay e che, dunque, riconosce entrambi come padri (al momento solo Canada e Stati Uniti d'America).
Prima del 2017, in Italia era riconosciuto solo uno dei due uomini come padre (il padre biologico, che aveva fornito il seme per la fecondazione assistita).
Sulla scia, tuttavia, dell'orientamento inaugurato dalla Cassazione ( Cass. n 19599/2016 ), una parte della giurisprudenza, però, aveva iniziato a promuovere in rapida successione una serie di provvedimenti favorevoli all'ingresso in Italia di sentenze o atti stranieri attributivi della genitorialità in capo a genitori omosessuali: vari giudici avevano ordinato, infatti, la trascrizione degli atti di nascita recanti dapprima la maternità della madre biologica e della partner, genitore "intenzionale", che aveva formato il proprio consenso al trattamento fecondativo secondo la legge straniera, con l'intento di realizzare il medesimo progetto genitoriale, (cfr. App. Trento 23 febbraio al 2017; App. Perugia 7 agosto 2018; Trib. Pisa 23 luglio 2018; App. Venezia 28 giugno 2018; Trib. Roma 11 maggio 2018; Trib. Livorno 12 dicembre 2017); successivamente alcuni giudici avevano permesso la delibazione delle sentenze di adozione che recavano la genitorialità in capo a due padri (cfr. Trib. min. Milano 10 ottobre 2018); oltre che la rettifica degli atti di nascita in conformità alle richieste dei padri che avevano ottenuto il riconoscimento della co-genitorialità in un ordinamento straniero (cfr. Trib. Milano 24 ottobre 2018, n. 2934; Trib. Milano 24 ottobre 2018, n. 2935).
Un Tribunale (cfr. Trib. Livorno 14 novembre 2017) si era, persino, spinto ad ordinare la rettifica dell'atto di nascita recante la sola genitorialità del padre biologico, provvedendo a riconoscere la paternità del partner, nonostante non vi fosse alcun provvedimento straniero.
Tali procedure sono state fermate dalla detta sentenza della Corte di Cassazione a Sezione Unite del 30 dicembre 2022, n. 38162, in cui i supremi giudici hanno stabilito che il provvedimento giudiziario straniero che indica due padri come genitori di un minore non è trascrivibile per un triplice ordine di considerazioni.
In primo luogo, perché nella non trascrivibilità si esprime la legittima finalità di disincentivare il ricorso alla pratica della maternità surrogata, che offende in modo intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, assecondando un'inaccettabile mercificazione del corpo, spesso a scapito delle donne maggiormente vulnerabili sul piano economico e sociale.
In secondo luogo, perché va escluso che il desiderio di genitorialità, attraverso il ricorso alla procreazione medicalmente assistita lasciata alla autodeterminazione degli interessati, possa legittimare un presunto diritto alla genitorialità comprensivo non solo dell'an e del quando, ma anche del quomodo (Corte Cost., sentenza n. 79 del 2022).
In terzo luogo, perché il riconoscimento della genitorialità non può essere affidato ad uno strumento di carattere automatico. L'instaurazione della genitorialità e il giudizio sulla realizzazione del miglior interesse del minore non si coniugano con l'automatismo e con la presunzione, ma richiedono una valutazione di concretezza: quella valutazione di concretezza che postula il riscontro del preminente interesse del bambino a continuare, con la veste giuridica dello status, un rapporto di cura e di affettività che, già nei fatti, si atteggia a rapporto genitoriale.
La Suprema Corte, infine, ritiene che attraverso l'adozione in casi particolari, l'ordinamento italiano assicura tutela all'interesse del minore al riconoscimento giuridico, ex post e in esito a una verifica in concreto da parte del giudice, del suo rapporto con il genitore d'intenzione.
• Figli di due madri nati in Italia per mezzo della fecondazione eterologa fatta all'estero
Tali bambini sono stati i primi a essere stati riconosciuti, inizialmente (a partire dal 2014) con l'adozione in casi particolari, successivamente direttamente con la registrazione alla nascita. La Cassazione, tuttavia, con la sentenza n. 8029/2020, ha affermato che il riconoscimento di un minore concepito mediante il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo da parte di una donna legata in unione civile con quella che lo ha partorito, ma non avente alcun legame biologico con il minore, si pone in contrasto con l'art. 4 comma 3 della l. 40/2004, ove si esclude il ricorso alle predette tecniche da parte delle coppie omosessuali, non essendo consentita, al di fuori dei casi previsti dalla legge, la realizzazione di forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico, con i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto.
In un'altra sentenza la Suprema Corte ( Cass. n. 7668/2020 ), muove dal presupposto che la disciplina interna vigente (ordinamento dello stato civile e di quello anagrafico della popolazione residente) postula che nell'atto di nascita solo una persona abbia diritto di essere menzionata come madre, in forza di "un legame biologico e/o genetico" con il nato; ciò coerentemente con il disposto dell'art. 269 c.c., per cui madre è colei che partorisce. Tale sentenza ha richiamato la decisione della Corte costituzionale n. 23 ottobre 2019, n. 221 , che ha respinto la questione di incostituzionalità degli artt. 5 e 12 della l. 40/2004, ove si esclude la possibilità di accesso alle tecniche di procreazione assistita da parte delle coppie omosessuali femminili.
In particolare, la Corte Costituzionale, in tale sentenza ha rilevato che "stabilendo che alle tecniche di PMA possano accedere solo coppie formate da persone "di sesso diverso" (art. 5) e prevedendo sanzioni amministrative a carico di chi le applica a coppie composte da soggetti dello stesso sesso (art. 12, c. 2), la legge numero 40 del 2004 nega in modo puntuale e inequivocabile alle coppie omosessuali la fruizione delle tecniche considerate".
La Corte Costituzionale sempre in tale sentenza ha, peraltro, rilevato che: "l'infertilità "fisiologica" della coppia omosessuale (femminile) non è affatto omologabile all'infertilità (di tipo assoluto e irreversibile) della coppia eterosessuale affetta da patologie riproduttive: così come non lo è l'infertilità "fisiologica" della donna sola e della coppia eterosessuale in età avanzata. Si tratta di fenomeni chiaramente e ontologicamente distinti. L'esclusione dalla PMA delle coppie formate da due donne non è, dunque, fonte di alcuna distonia e neppure di una discriminazione basata sull'orientamento sessuale."
È da rilevare, comunque, che la costante giurisprudenza di legittimità afferma senza equivoci, che qualora il minore sia nato in Italia e concepito mediante l'impiego di tecniche di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo praticate all'estero, non è accoglibile la domanda di rettificazione dell'atto italiano di nascita tesa ad ottenere l'indicazione, in qualità di madre del bambino, non solo di quella che lo ha partorito, ma anche della donna a colei legata da stabile relazione affettiva, poiché in contrasto con l'art. 4 c. 3 della L. n. 40 del 2004 che esclude il ricorso alle tecniche di PMA da parte di coppie dello stesso sesso, non essendo consentite, al di fuori dei casi previsti dalla legge, forme di genitorialità svincolate da un rapporto biologico mediante i medesimi strumenti giuridici previsti per il minore nato nel matrimonio o riconosciuto ( cfr. Cass. n. 7668/2020 , Cass. n. 8029/2020 , Cass. n. 7413/2022; Cass. 10844/2022; Cass. 6383/2022).
La Suprema Corte, inoltre, ribadendo l'orientamento costante ha, tuttavia, chiarito che l'indicazione della doppia genitorialità non è da ritenersi necessaria a garantire al minore la migliore tutela possibile, atteso che, in tali casi, l'adozione in casi particolari si presta a realizzare appieno il preminente interesse del minore alla creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, senza che siano esclusi quelli con la famiglia del genitore biologico, alla luce di quanto stabilito dalla sentenza della Corte cost. n. 79 del 2022 (cfr. Cass. 22179/2022 )
È significativo, infine, citare il recente decreto del Tribunale di Arezzo del 10 novembre 2022 ( qui commentato ) che oltre a ribadire che sull'atto di nascita non possono essere indicate due mamme, ma, soltanto colei che ha partorito il figlio, ha chiarito, alla luce delle numerose sentenze di legittimità, che l'esigenza di tutela dell'interesse dei minori, allo stato della legislazione vigente, non può, in ogni caso, legittimare il tribunale a sostituire le proprie valutazioni con quelle spettanti esclusivamente al legislatore, dovendo rammentarsi che il tribunale non può assumere una funzione normativa estranea alle sue attribuzioni.
• Figli di due madri nati all'estero con atto di nascita straniero. Tale fattispecie concerne la circolazione dei provvedimenti e degli atti giuridici formati all'estero; al riguardo, il diniego di riconoscibilità del rapporto di genitorialità omosessuale deve essere vagliato alla luce non solo delle norme dettate dall'ordinamento dello stato civile, le quali non consentono di indicare altra figura genitoriale, oltre alla madre, che non sia il padre (cfr. art. 250 c.c.), ma anche di quelle di diritto internazionale privato: il D.Lgs. 19 gennaio 2017, n. 7, esercitando la delega del comma 28, lett. b), L. n. 76/2016, invero, non ha espressamente previsto alcuna modifica in merito e nemmeno per quanto concerne la L. n. 218/1995, cosicché parrebbe in via di prima approssimazione inibito alla Pubblica Amministrazione di provvedere alla richiesta di riconoscimento di atti di nascita o di provvedimenti formati all'estero e vieterebbe altresì qualsiasi comportamento discrezionale dell'ufficiale di stato civile.
È da precisare, tuttavia, come sopra detto, che anche tali trascrizioni sono state sospese dalla Prefettura di Milano, in attesa di ricevere il parere sul punto dall'Avvocatura dello Stato.
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*A cura del Prof. Avv. Giancarlo Cerrelli, Partner 24 ORE Avvocati
Femminicidio e Patriarcato nell’ambito della violenza di genere
di Vincenzo Lusa e Matteo Borrini*