La liquidazione della quota del socio recedente di società fallita non soggiace all’art. 2467 c.c.
Nota a Corte di Cassazione, Sez. I Civile, ordinanza 6 novembre 2023, n. 30725
In breve
“L’esistenza e persistenza del rapporto sociale rappresenta il presupposto principale per l’ insorgenza del credito da finanziamento, ai sensi dell’art. 2467, mentre, al contrario, il diverso credito da liquidazione della quota, nascente dal recesso del socio dal contratto sociale, poggia sul fatto diverso (ed opposto) dello scioglimento del vincolo sociale, non potendosi applicare al secondo il disposto normativo di cui all’art. 2467 cod. civ. in termini analogici”. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza 30725 del 6 novembre 2023.
Nel 2006 il Tribunale di Milano dichiarava esecutivo lo stato passivo del Fallimento B S.r.l. ammettendo, per quanto qui interessa, il credito da liquidazione della partecipazione sociale del Sig. A in chirografo. Questi era stato socio della B S.r.l. fino al 30 ottobre 2009 e nella sua qualità aveva anche eseguito dei finanziamenti di cui aveva chiesto la restituzione solo dopo il recesso.
La società non aveva provveduto e, peraltro, era sorto un contenzioso culminato in un lodo arbitrale che aveva accertato la legittimità del recesso e la spettanza alla liquidazione della quota. Il lodo era stato poi impugnato e il relativo giudizio sospeso perché era stata sollevata una questione di legittimità costituzionale. Il 20 marzo 2014 l’assemblea della B. S.r.l. deliberava la messa in liquidazione della società, poi dichiarata fallita.
Il Sig. A proponeva opposizione avverso il suddetto decreto che dichiarava esecutivo lo stato passivo. Il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento dell’opposizione, ammetteva il credito da finanziamento soci con riserva e quello da recesso in postergazione applicando l’art. 2467 c.c. Il Sig. A ricorreva per cassazione avverso il decreto del Tribunale di Milano.
L’art. 2467 c.c. stabilisce che “1. Il rimborso dei finanziamenti dei soci a favore della società è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori. 2. Ai fini del precedente comma s’intendono finanziamenti dei soci a favore della società quelli, in qualsiasi forma effettuati, che sono stati concessi in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.
Innanzitutto, la Suprema Corte afferma che il credito da finanziamento non ha alcun legame con quello da recesso “ciò anche solo per il fatto che, nel primo caso, il credito conseguirebbe allo scioglimento del rapporto sociale e in quell’evento troverebbe fondamento, mentre, nel secondo caso, la costanza del rapporto sociale costituirebbe il presupposto per l’ insorgenza del credito”.
In secondo luogo, la decisione del Tribunale introduce un principio di postergazione del credito da recesso non previsto dall’art. 2473 c.c.
In terzo luogo, l’art. 2467 c.c. si riferisce letteralmente ai soli finanziamenti soci. La decisione del Tribunale di Milano, dunque, prevede un’incomprensibile applicazione analogica di tale norma verosimilmente basata su un’interpretazione erronea della locuzione “in qualsiasi forma effettuati”. Per quanto ampia sia tale espressione, non sembrerebbe possa ricomprendere anche il recesso e il relativo credito da liquidazione della partecipazione, che non è assimilabile a quello da finanziamento soci.
Né è condivisibile la tesi per cui il credito da recesso deriverebbe da una divisione del patrimonio sociale e dovrebbe essere destinato a garantire i creditori sociali. Ciò giustificherebbe la postergazione, ma si potrebbe arrivare a tutelare soggetti che sono diventati creditori anche dopo il recesso. Per di più, dopo il recesso il socio perde lo status socii e le vicende societarie non gli sono più opponibili.
Nel presente caso, per di più, la Cassazione rileva che non era nemmeno stato provato il dissesto finanziario legittimante l’applicazione dell’art. 2467 c.c.
In conclusione, la Corte di Cassazione afferma che il credito derivante da recesso non presenta alcuna somiglianza funzionale con il credito da finanziamento soci poiché “nel primo caso, il credito conseguirebbe allo scioglimento del rapporto sociale e in quell’evento troverebbe fondamento, mentre, nel secondo caso, la costanza del rapporto sociale costituirebbe il presupposto per l’ insorgenza del credito”.
Di conseguenza, non si può applicare l’art. 2467 c.c. al credito da recesso. Nondimeno, nel caso di finanziamento soci la condizione patrimoniale della società legittimante la postergazione va accertata al momento dell’erogazione del finanziamento, per la liquidazione della quota, invece, tale situazione di dissesto va accertata con riferimento al momento del recesso. Ne consegue un’ingiustificata e illogica differenza nell’accertamento temporale dei requisiti necessari per la postergazione che sconsiglia un’applicazione analogica dell’art. 2467 alla liquidazione della quota sociale.