La parentela mafiosa non basta per negare il controllo giudiziale
Secondo la Cassazione va verifica la reale influenza sull’attività economica
I legami familiari di soci e amministratori con soggetti collusi con la criminalità organizzata non rendono di per se soli l’impresa “irredimibile” e il Tribunale sezione misure di prevenzione non può respingere una richiesta di sottoposizione al controllo giudiziario volontario avanzata da una società colpita da interdittiva, affermando che i rapporti di parentela prefigurano non un rischio di infiltrazione ma una più grave condizione di intraneità alle dinamiche mafiose.
Queste emerge dalla sentenza della Cassazione 15156 dell’11 aprile scorso.
L’imprenditore colpito da un’interdittiva antimafia emessa dal Prefetto può chiedere al Tribunale sezione misure di prevenzione - dopo avere impugnato il provvedimento prefettizio dinanzi al Tar - di proseguire la sua attività sottoponendosi a controllo giudiziario ai sensi dell’articolo 34bis del decreto legislativo n. 152 del 2011 (Codice antimafia). L’istituto, introdotto con la legge di riforma del 17 ottobre 2017 n. 161 e oramai oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali, comporta, come ha affermato Cassazione 9122/2021, una moderna “messa alla prova aziendale” per una tutela recuperatoria contro le infiltrazioni mafiose.
Il controllo giudiziario delle aziende può essere disposto dal Tribunale, anche d’ufficio, per un tempo non inferiore ad un anno e non superiore a tre, quando l’agevolazione ai soggetti pericolosi sia occasionale e sussistano circostanze di fatto da cui desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose idonee a condizionarne l’attività.
Il sesto comma del citato articolo 34bis prevede anche il controllo giudiziario volontario, applicabile su richiesta di chi ne sarà destinatario. Vi può fare ricorso l’imprenditore che non abbia subito e non possa subire l’applicazione di una misura di prevenzione più grave ma che patisca gli effetti di un’interdittiva antimafia (o anche del diniego di iscrizione alle white list, come ha di recente affermato Cassazione 2156/2023) e per questo gli siano preclusi provvedimenti autorizzativi, benefici e rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione.
A fronte di questa richiesta, come hanno spiegato le sezioni unite della Cassazione (sentenza 46898/2019), il giudice deve valutare se vi siano condizioni di mera occasionalità dell’agevolazione dei soggetti pericolosi.
Ma tale accertamento (lo ha ribadito Cassazione 17818/2021) «non può essere soltanto funzionale a fotografare lo stato attuale di pericolosità oggettiva in cui versi la realtà aziendale, quanto piuttosto a comprendere e a prevedere le potenzialità che quella realtà ha di affrancarsi seguendo l’iter che la misura alternativa comporta».
Ora la sentenza 15156 dell’11 aprile scorso riafferma il principio in base al quale il giudice della prevenzione deve effettuare una valutazione dei presupposti per il controllo giudiziario volontario, autonoma rispetto a quello contenuto nell’interdittiva; e precisa tra l’altro che è lo stesso legislatore a prevedere che il Tribunale in presenza di condizioni di contaminazione e di compromissione ben più gravi del mero rischio di infiltrazione deve provvedere ad applicare - se necessarie - misure più invasive, ivi compreso il sequestro.
Tuttavia, censurando una decisione del giudice di merito che aveva considerato mafiosa un’impresa in cui i soggetti che rivestivano ruoli gestori erano imparentati con persone che avevano intrattenuto rapporti qualificati con una cosca, ha affermato invece che «l’equazione tra rapporto familiare e comunanza degli interessi economici, in assenza di indicatori di conferma, ammette deroghe e finisce con il risultare meramente congetturale».
È necessaria, quindi, «una verifica in concreto della ’influenza’ del soggetto pericoloso sulla attività economica, nell’ambito di una procedura basata su fonti cognitive necessariamente specifiche». E sulla base dell’intensità, eventuale, maggiore o minore, di questa influenza stabilire se l’impresa sia “bonificabile” o imponga più gravosi interventi preventivi.