Penale

La pena accessoria non esclude la depenalizzazione

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di Patrizia Maciocchi

La previsione di una pena accessoria non preclude la depenalizzazione del reato. La Corte di cassazione, con la sentenza 47818, ha accolto il ricorso di un farmacista contro la decisione del giudice di primo grado di escludere l’applicazione della cosiddetta depenalizzazione cieca (articolo del Dlgs 8 del 2016) al reato di vendita di farmaci senza autorizzazione (articolo 147, comma 3 del Dlgs 219/2006). La commercializzazione senza il bollo Aifa, era costata al farmacista 600 euro di ammenda e la sospensione dall’esercizio della professione per 10 giorni. Ed è proprio su questa pena “aggiuntiva” che si era concentrata l’attenzione del giudice di prima istanza, che aveva ritenuto non applicabile la depenalizzazione. Per il Tribunale, infatti, nel caso in esame, la contravvenzione era punita oltre che con l’ammenda anche con la sospensione dall’esercizio della professione. Secondo la Cassazione però la conclusione raggiunta è sbagliata. L’ambito applicativo della depenalizzazione attuata dal Dlgs 8\2016 - precisa la Suprema corte - é individuato dalla legge delega (67/2014) in base a due diversi di criteri di selezione: il primo formale di carattere sanzionatorio, il secondo, sostanziale, che passa per l’individuazione dei comportamenti che possono essere sanzionati per via amministrativa. Quello che interessa nello specifico è il primo criterio (lettera a) comma 2, articolo 2 delle legge delega) che - facendo riferimento a «tutti i reati per i quali è prevista la sola pena della multa o dell’ammenda» - costituisce la clausola generale della depenalizzazione “cieca”, utilizzata in già in passato dal legislatore per individuare i reati meno gravi perché non sanzionati con l’arresto o con la reclusione. Per la Cassazione è evidente l’intenzione del legislatore di riferirsi alla pena principale «che esprime il nucleo essenziale del disvalore del fatto e non anche alle eventuali pene accessorie, le quali potrebbero essere previste anche per le fattispecie punite con la sola pena pecuniaria». Lo scopo della riforma è infatti - sottolineano i giudici - quello di deflazionare il più possibile il sistema penale, sostanziale e processuale. Nello specifico la depenalizzazione, rispetto al reato contestato, scatta sul semplice presupposto della pena pecuniaria. Il legislatore ha poi ritenuto di «non comminare sanzioni accessorie per gli illeciti risultanti dalla clausola generale di depenalizzazione “cieca”, solo per la difficoltà di formulare, sia sul piano redazionale che di compatibilità con i limiti derivanti dalla delega, una disposizione altrettanto generale di conversione delle (eventuali) originarie pene accessorie». E non perché considerava le pene accessorie escluse dalla depenalizzazione.

Sanzioni “aggiuntive” sono espressamente prese in considerazione (articolo 4 comma 1 del decreto) solo per alcune fattispecie oggetto di depenalizzazione normativa. Ma anche in tal caso non sono di ostacolo al “colpo di spugna” sul reato.

Corte di cassazione - Sezione III - Sentenza 17 ottobre 2017 n.47818

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