La reversibilità tra ex e coniuge superstite dipende dalla durata dei matrimoni e delle convivenze prematrimoniali
La relazione more uxorio va provata con conseguente valenza autonoma e non solo correttiva ai fini della ripartizione
La Cassazione affronta il tema della determinazione, che il giudice è chiamato stabilire, delle quote di pensione di reversibilità spettanti all'ex coniuge del defunto e del coniuge superstite dello stesso. Centrale in un caso simile è in primis la durata dei rispettivi matrimoni e secondariamente, ma con diretta incidenza sull'attribuzione tra le parti aventi diritto delle quote di reversibilità, l'entità dell'assegno spettante al coniuge divorziato e la durata delle eventuali convivenze prematrimoniali.
Così la Corte di cassazione con la sentenza n. 41960/2021 ha affermato che il diritto alla pensione di reversibilità dipende non solo dalla durata del matrimonio, ma anche dai periodi di convivenza more uxorio che hanno un distinto valore giuridico e non solo una valenza correttiva.
Il giudice adotta con giudizio di merito il peso da attribuire al matrimonio e alla convivenza entrambi incidenti sul diritto pensionistico derivato dalla relazione con il de cuius. Così come terrà conto anche del parametro offerto dall'entità dell'assegno divorzile riconosciuto all'ex coniuge.
Nel caso risolto dalla Cassazione l'ex moglie pretendeva il riconoscimento come periodo matrimoniale quello trascorso tra lo sposalizio e la pronuncia della sentenza di divorzio che poneva fine agli effetti civili del matrimonio tra i coniugi separati.
Al contrario, la Cassazione conferma che tale tempo non ha una valenza tecnica automatica nel senso di privare di rilevanza (ormai accordata dall'ordinamento giuridico) l'eventuale intrapresa nuova convivenza more uxorio con il futuro coniuge, che ben può precedere, anche di molti anni, il sigillo della sentenza di divorzio.
Per cui, sommando i periodi di convivenza con quelli di matrimonio, l'attuale coniuge del defunto raggiungeva ventiquattro anni di relazione stabile, a fronte di poco più di nove anni di durata del precedente matrimonio. In base a tale ricostruzione delle relazioni stabili del defunto, il giudice di appello aveva modificato la quota del 40% inizialmente attribuita in primo grado all'ex coniuge, portandola al solo 25% con il restante 75% attribuito alla moglie superstite del dante causa. Nel calcolo, spiega la sentenza, il giudice ha tenuto conto anche della riduzione dell'assegno divorzile intervenuta medio tempore a causa delle mutate condizioni economiche dell'ex marito. Ma anche tale elemento, come quello del peso dato alle eventuali convivenze prematrimoniali vissute dalle "mogli" contrapposte del pensionato, rientra nella sfera del giudizio di merito intoccabile in quello di legittimità.